Quando si è dotati della moralità, la mente diviene calma spontaneamente

La Terza Guerra Mondiale è praticamente già iniziata, seppur in modo così subdolo e menzognero che è difficile stabilire con certezza quale sia stato il punto di inizio. Negli ultimi mesi, sono state falciate dalla violenza dell'Io egoico-bellico centinaia di migliaia di vite, che presto potrebbero diventare milioni. Molti di noi, giustamente, cercano la pace.

Qui propongo una possibile "creazione di pace" ispirandomi ad alcuni versi del maestro buddista Nagarjuna (circa 150-250 EC, India), tratti dalla sua opera "Lettera ad un amico" (versi che nel resto dell'articolo indico in grassetto):

«Devi praticare una moralità intatta, corretta e non degenerata,
Essa deve anche essere pura, incontaminata ed incorrotta;
La moralità è stata dichiarata il fondamento di ogni virtù,
Proprio come la terra lo è per ogni cosa animata ed inanimata.»

In questi versi, Nagarjuna indica che la pratica morale di ciascuno di noi dovrebbe essere dotata di alcune qualità (intatta, corretta, non degenerata, pura, incontaminata, incorrotta) allo scopo di non rimanere corrotti dalla condotta immorale, vale a dire dalle afflizioni mentali, che sono:

  • togliere la vita → uccidere;
  • prendere ciò che non è dato → rubare;
  • scorretta condotta sessuale → qui Nagarjuna fa riferimento a norme precise, ad es., nel caso di un uomo, al fatto di non desiderare la moglie di un altro (dà persino alcune indicazioni pratiche per spegnere tale desiderio nel caso in cui sorga, paragonandolo a un groviglio di serpenti); Nagarjuna dà anche alcuni consigli per scegliere una donna adatta per il matrimonio;
  • dire menzogne → dire intenzionalmente il contrario di una cosa vista, udita, percepita o conosciuta;
  • diffamazione → lo scopo è quello di provocare discordia tra due o più persone;
  • parole aspre → sono parole generate da sentimenti ostili;
  • parole vane → discutere stupidamente di argomenti privi di scopo;
  • bramosia → il proposito di impossessarsi della ricchezza o proprietà altrui;
  • malevolenza → intenzione di percuotere o in altro modo infliggere danno ad altri;
  • visione errata → qui Nagarjuna fa riferimento a concetti propri del buddismo; comunque, per semplificare, si tratta dell'adesione a credenze che non reggono il contatto con la realtà.

Ci si potrebbe chiedere quale valore abbia il liberarsi da tutte queste afflizioni mentali. La risposta è che quando si è dotati della moralità, la mente diviene calma, pacifica e luminosa spontaneamente.

«Considera come nemici: l’avidità, l’astuzia, l’inganno e la disonestà;
Come pure, l’attaccamento, l’ozio, l’arroganza, la lussuria e l’odio,
Altresì l’orgoglio che deriva dall’appartenenza ad una ricca famiglia
Nonché dall’aspetto fisico, dalla cultura, dalla salute e dall’autorità»

Forse non potremmo impedire l'apocalisse individuale e collettiva in cui l'umanità è ormai entrata, ma almeno potremo evitare che essa ci distrugga interiormente. Anche perché la morte del corpo, cioè del contenitore, non distrugge ciò che esso contiene, cioè la coscienza.

«Non esiste austerità che sia uguale alla Pazienza –
Per questo motivo, o Re, non cedere mai alla rabbia.
Il Buddha stesso riconobbe che dal superamento dell’ira,
 Si consegue lo Stadio di Colui che Non Ritorna!»

Eliminando la rabbia con la pratica della pazienza, si ottiene lo stato di non ritorno nel reame del desiderio. In questo caso, "pazienza" significa non adirarsi se si viene danneggiati e, seppure l’ira dovesse sorgere, non continuare a nutrirne né avere risentimento. La pazienza è di grande beneficio:

«Se pensiamo che una tale persona ci insultò e un’altra ci colpì,
Oppure una ci oppresse e un’altra trafugò le nostre ricchezze,
Un simile risentimento nella nostra mente genera conflitto;
Colui che lascia andare il risentimento, riposa tranquillo!»

Nella nostra epoca, le certezze apparenti del mondo ordinario sono destinate a sgretolarsi l'una dopo l'altra, senza che nessun'altra certezza le sostituisca. Si può vivere senza certezze? Penso di sì, anche se non è facile, a patto che ne rimanga una, rappresentata dal senso etico interiore che non dovrebbe mai venir meno, come una sorta di luce o faro interiore:

«Non compiere mai il male, nemmeno per amore di un Brahmano,
O per un Bhiksu, una divinità od un ospite, o per il padre e la madre,
Né per un figlio, per il Re o la Regina, o una persona del suo seguito.
Essi non ne condivideranno nemmeno in parte il risultato infernale.»

Questo è proprio il messaggio di Nagarjuna, che pur dimostrando con il suo disorientante tetralemma il carattere erroneo di tutti i concetti che gli esseri umani considerano come veri, demolendo ogni certezza, ha anche scritto questi versi in cui dà grande importanza alla moralità e al non compiere il male.

«Anche se il pagamento del cattivo karma compiuto
Non ti ferirà all’istante, alla maniera di una spada,
Il risultato delle azioni malvagie diventerà manifesto
Allorchè giungerà sicuro il momento della tua morte.»

Detto ciò, e tornando alla guerra, trovo suggestivo che proprio nella parte europea della Russia (a Elista, non lontano dalle zone del conflitto), ci sia la "Dimora d'oro di Buddha Shakyamuni", che è il più grande tempio buddista d'Europa. In questo tempio, che raffiguro nel quadretto seguente con l'auspicio di buona pace per tutti, c'è una statua del maestro Nagarjuna:

Nagarjuna (Francesco Galgani's art, October 19, 2022)
(October 19, 2022, go to my art gallery)

Conosci te stesso? (di Giulio Ripa)

L'ombra di una pecora è un lupo

Nella Grecia antica “Conosci te stesso” è un motto iscritto nel tempio di Apollo a Delfi.
E' una esortazione a conoscere i propri limiti per conseguire il pieno sviluppo della personalità. “Conosci te stesso” è la presa di coscienza del soggetto di se stesso come persona.

Conoscere se stesso dovrebbe essere una cosa facile, invece risulta difficile da farsi. Guardarsi dentro è più complicato di quello che sembra. Normalmente le persone preferiscono riflettere su altro, non su se stessi, non hanno coscienza della propria coscienza. Non hanno autocoscienza.

La debolezza umana con tutte le sue miserie è il risultato di un’assurda condizione esistenziale che l’uomo fa fatica ad accettare per vivere in modo consapevole e cosciente. Le inevitabili fragilità della vita stessa provocano illusioni o autoinganno che inconsciamente servono ad ognuno di noi per reagire alla difficoltà di vivere. Difficilmente siamo disposti a fare autocritica, a dire la verità su noi stessi. L’uomo è incapace di percepire, ascoltare, assorbire e vivere il mistero dell’esistenza e l'incertezza della vita. La complessità del mondo tradisce le aspettative di qualsiasi logica.
Così nell'affrontare la difficoltà di vivere l'individuo inconsciamente esprime comportamenti irrazionali (come fobie, paranoie, fissazioni, manie, dipendenze patologiche) che sono parti costituenti dei tratti di una persona.
Abituati ad identificare la nostra mente con il nostro pensiero, "io sono i miei pensieri", il nostro Io (egoico-bellico) è separato dal resto del mondo. La persona manifesta così una forma di egoismo profondo di cui non è di solito consapevole, una evidente concentrazione su se stesso negli scambi interpersonali ed una incapacità di vedere il mondo dal punto di vista degli altri.
Le informazioni, che potrebbero generare deduzioni contrarie, vengono ignorate dall’Io egoico, con la funzione di preservare l'autostima, limitando così l’accesso alla consapevolezza degli aspetti personali negativi conservati nella memoria. In questo senso le persone tendono ad attribuirsi il merito dei successi e a declinare le responsabilità dei fallimenti.
L'agire umano dipende da una irrazionalità insita nell'uomo che affiora ogni volta che la ragione cede il passo a tutta una serie di comportamenti che non sono il frutto di una logica ma di emozioni, istinti, sentimenti giustificati a posteriori con argomenti che si sforzano di essere razionali nel tentativo di dare a noi stessi un ordine che non esiste.
C'è ipocrisia nelle persone che vogliono credere di fare un ragionamento razionale, mentre invece il ragionamento è solo un modo per giustificare o mascherare il proprio comportamento irrazionale. Gli individui pensano in un modo, parlano in un altro modo, agiscono in un altro modo ancora.

L'uomo sceglie sempre la strada più facile (illusione ed autoinganno) per risollevarsi dalla sua condizione esistenziale, per questo è fondamentale riconoscerne i suoi limiti naturali.
La nostra coscienza molto legata a una immagine positiva di noi stessi, fa fatica a registrare cambiamenti problematici. Nella profondità della vita delle persone coperta dal velo delle illusioni, nell'ombra, c'è una parte di noi oscura, somma di quelle caratteristiche personali riprovevoli che l’individuo desidera rimuovere o nascondere agli altri e a se stesso.

Per un altro naturale meccanismo di difesa, le persone inconsciamente, poiché mancanti di auto-consapevolezza, tendono a proiettare fuori le proprie caratteristiche personali più profonde attribuendo ad altre persone i propri impulsi, desideri o pensieri, invece di esercitare una efficace introspezione di sé stessi per riconoscere gli elementi più negativi della propria personalità.
Sono le cose in cui crediamo che creano la nostra realtà. Per cui non è la ragione ma la vita vissuta a modificare nel tempo lo stato d’animo delle persone.
Solo mettendo a nudo i limiti della natura umana è possibile conoscere meglio se stessi.
Accettare la sostanziale incertezza del nostro sapere vuol dire indagare la meraviglia del mondo reale e rilevarne i suoi aspetti misteriosi, imparando a convivere con i nostri limiti.

Gandhi sostiene, per evitare l'autoinganno, che “Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo”. Per trasformare il pensiero in azione, bisogna uscire dall'idea dell'individuo che sperimenta sé stesso, i suoi pensieri e i suoi sentimenti scissi dal resto del mondo, accettando il concetto di interdipendenza tra le parti, dove tutte le cose sono mutevoli e collegate tra di loro, un tutto in uno. Mettere in discussione il proprio Io egoico-bellico, libera l'uomo da una individualità separata da tutto il resto, riscoprendo la propria natura universale.
L'individuo si illumina quando riesce a vedere quella parte di se stesso che ignorava, cioè nascosta nel buio, nell'ombra della sua coscienza. Diceva Pasolini che “L’unico colore dell'uomo è nella gioia di affrontare la propria oscurità".

L'autocoscienza è lo spirito critico, libero da condizionamenti psichici, che eliminando gli automatismi del pensiero, modifica lo stato di coscienza necessario per vedere la realtà così come è nel momento presente. L'autocoscienza provoca un cambiamento nella psiche, mettendo in crisi i luoghi dell’interiorità, come quella falsa immagine di sé, ossessionata dalla identità e dalla sua frammentazione. Il soggetto con un esame di coscienza, riflettendo su se stesso, non si identifica più nella percezione che la sua mente ha di sé, evita di avere pregiudizi, concetti a priori, bias di conferma, idee preordinate, schemi ed automatismi mentali, pensieri precostituiti.
Con la pratica meditativa, una volta svanita l’identificazione tra la mente e quel centro di appropriazione del pensiero che è l'Io egoico, il soggetto distaccatosi da questo stato di coscienza trasforma il proprio Io in un Io relazionale che si sente  come tutt’uno con il mondo.

Ognuno pensa se stesso come una goccia d'acqua. Si rifiuta di unirsi come acqua nell'oceano dell'immensità. Perdersi in questo oceano provoca dispiacere se si resta goccia. Ma la possibilità di prendere coscienza del sé, può evitare quella tensione superficiale (desiderio individuale) di restare goccia, scoprendosi acqua della goccia in mezzo all'acqua dell'oceano.

(Giulio Ripa, 18 ottobre 2022)

sullo stesso argomento: "Conosci te stesso?", di Francesco Galgani

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