I dieci mondi appartengono anche ai gruppi e alle organizzazioni
Anni fa, nella Religione dell’Ultima Lotta, scrissi queste parole:
«[...] le religioni e le filosofie di oggi sono al servizio dei peggiori demoni quando si discostano dal loro obiettivo principale e dal loro unico vero insegnamento, che è: “Uccidi la voglia di uccidere, non creare sofferenza non necessaria, sentiti parte della Grande Vita che tutto unisce e gioiscine, con gratitudine e rispetto”. Qualunque religione o filosofia che manchi di dire questo e che non lo metta al primo posto è una grave offesa e bestemmia. [...]»
Perché spesso le religioni e le filosofie sono al servizio dei peggiori demoni?
Stamani ho avuto un’intuizione quasi disarmante nella sua banalità, ma sufficiente per spiegare perché spesso le organizzazioni religiose aiutano le persone a stare male e a non evolversi, incatenando le anime in energie basse, piuttosto che adempiere agli ideali dichiarati.
I dieci mondi appartengono non solo agli individui, ma anche ai gruppi e alle organizzazioni. Tutto qua. E sovente è il mondo di inferno ad emergere, insieme ad avidità, collera e stupidità, piuttosto che i mondi alti di saggezza e compassione.
Per chi non fosse familiare con l’argomento dei dieci mondi (in inglese “ten realms”), che fa parte della psicologia buddista Mahayana cinese, rimando al mio precedente articolo “Pillole di Buddismo - Dieci Mondi - Aiutare gli eventi a svolgersi in una direzione positiva”. In sintesi, i dieci mondi sono stati d’animo interiori che coesistono sempre dentro di noi. Per usare una metafora junghiana, se c’è luce c’è anche ombra, quindi se dentro di noi ci sono aspetti illuminati, saggi e compassionevoli, ci sono “contemporaneamente” anche stati di sofferenza, disperazione, stupidità ed egoismo, che però rimangono nell’ombra. E viceversa.
Le società umane sono costruite per farci dimorare nei mondi inferiori (l’ombra), cioè quelli infernali. Le organizzazioni religiose non sono da meno, però all’interno di esse ci sono tutti e dieci i mondi, anche quelli illuminati (la luce).
Per usare un’altra metafora presa dal taoismo, dove c’è il bene c’è anche un po’ di male, e dove c’è il male c’è anche un po’ di bene.
Se ogni organizzazione religiosa fosse un fiume, allora ciascuno di noi potrebbe scegliere se immergesi e lasciarsi trasportare (verso le rapide?), oppure se essere come un cercatore d’oro che prova a scoprire le migliori pepite nascoste nel fiume (cioè i migliori insegnamenti ed esempi di vita).
Sia ben chiaro, però, che per riconoscere un valido insegnamento all’esterno dobbiamo prima averlo già interiorizzato attraverso l’esperienza, la fede e l’intelligenza. Le religioni, i santi e i saggi possono al massimo confermarci quello che già abbiamo capito: sono conferme importanti e necessarie, ma il primo passo è nostro.
Facciamo un esempio pratico. San Pio da Pietrelcina disse che: “La povertà è un bene perché libera l’anima da tanti legami terreni”. Il Vangelo dice la stessa cosa: "E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio" (Mt 19, 23-30). Questo non possiamo capirlo se ci concentriamo sul soddisfare la nostra legittima fame o se osserviamo l’oro di cui sono piene le chiese. Piuttosto, il senso di queste parole l’ha già compreso spontaneamente chi considera le difficoltà e le sofferenze della vita, tra cui l’indigenza e il digiuno che ne consegue, come un dono. Ciò sfugge alla logica del mondo e può essere compreso solo tra coloro che condividono un certo tipo di esperienza interiore. Come è scritto nella Bhagavad Gita:
"Ciò che è notte per tutte le creature,
in quella veglia il saggio che sa auto-controllarsi;
ciò in cui le creature sono sveglie,
è notte per il saggio che vede."
(Bg. 2.69).
Questo mondo è pieno di anime perse, e probabilmente anche noi lo siamo, quindi stiamo attenti.
E’ bello iniziare e concludere ogni giornata con preghiera e fede, discernendo con attenzione ciò che va della direzione dell’accrescimento spirituale e ciò che invece è dannoso.
Dovrebbe esser chiaro, visto che fin qui ho citato buddismo, cristianesimo e induismo, che non mi sto riferendo ad una specifica religione. L’origine di tutto che è saggezza e amore non ha religione, ma si manifesta tramite religioni, filosofie e sacri insegnamenti. Nelle organizzazioni umane, però, troviamo di tutto.
Concludo con una frase del Corano (Surat An-Nisâ’, 111), che si trova identica anche nella Bibbia (Siracide, 4): “Chi commette un peccato, danneggia sé stesso”. Detto diversamente, è il male che ci fa male, e oggi questo male è ovunque. Si chiama ansietà, ambizione, odio, violenza, possessività, egoismo. Ma se c’è tutto questo (l’ombra), allora c’è anche la luce.
Pace e bene.
(24 aprile 2025)
L'IA desacralizza la creatività
Cari lettori,
vi propongo un logo: "100% Human Created Content - NO AI".
Cosa c’è di bello, di saggio o di sacro nel rinnegare l’uso dell’IA generativa, che ormai è diventato un obbligo sociale?
Se fossimo figli del nulla o del caso, probabilmente nulla. Ma il sole e le altre stelle non si muovono per caso.
Come un demone, anzi, come il capo dei demoni, l'IA si propone di semplificarci la vita e di aiutarci, ma a quale prezzo? Come è di prassi in questi casi, in cambio si prende “soltanto” la nostra anima.
Siamo fatti “di” Dio e “da” Dio: la nostra creatività è un dono divino. Abbiamo tanti buoni motivi per non cedere alle tentazioni dell’IA...
E’ un fenomeno comune tra grandi e piccoli artisti, nei momenti di maggiore estro, quello di sentirsi “canale” di qualcosa di più grande. Dai grandi capolavori riconosciuti dall’umanità, fino alle più umili piccole creazioni personali, riusciamo a immaginare e a fare cose incredibili in cui mettiamo l'anima, e non sappiamo nemmeno come. Sentiamo che la creatività “fluisce” attraverso di noi. Il processo creativo, seppur sorretto da studio, impegno ed esercizio, è comunque in gran parte misterioso e sacro. La creatività, che è un sinonimo di divinità, si manifesta tramite noi.
Questo valeva anni fa.
Ora che l’IA generativa è entrata nel processo creativo, o che essa stessa “è” il processo creativo, tutto è cambiato. Non c’è più nulla di sacro o di misterioso. Essa ci toglie ciò che ci rende vivi e umani, sostituendosi a Dio, quindi è una bestemmia. L’IA generativa lavora contro di noi, non solo togliendoci il sostentamento del lavoro, ma erodendo fede, autostima, creatività e senso del sacro. Toglie senso alla vita.
Per queste ragioni, sto valutando se d’ora in poi vorrò usare questo logo nei miei prossimi articoli, in modo da mettere in evidenza non tanto i contenuti in sé, ma la via percorsa.
Va da sé che come ero capace di scrivere poesie, fiabe, racconti, saggi e libri prima di ChatGPT, cioè prima del 2022, lo sono anche adesso. E che come ero capace di scrivere di getto testi molto impegnativi e lunghi, anche nelle circostanze più ostili e negli orari più improbabili, ne sono ancora capace. Ho anche creato un'app per Android e iOS scrivendo a mano e da solo 100.000 righe di codice. Ma mentre prima non c’era alcun bisogno di evidenziare l’umanità del processo, adesso diventa un motivo di lotta spirituale e politica.
E tu cosa vuoi fare? Prova a pensarci prima che l'IA ti porti via tutto. L'IA non è nostra amica e non lo sarà mai.
(22 aprile 2025, scritto senza IA)
Semplice dimostrazione che DeepSeek è un clone di ChatGPT?
A gennaio 2025, DeepSeek, una startup cinese specializzata in intelligenza artificiale, è stata al centro di una controversia internazionale. OpenAI e Microsoft hanno avviato indagini per verificare se DeepSeek abbia utilizzato in modo improprio i dati di ChatGPT attraverso l'API di OpenAI, violando i termini di servizio. Si sospetta che DeepSeek abbia impiegato una tecnica chiamata "distillazione", con la quale un modello più piccolo apprende da uno più grande già addestrato. Sebbene DeepSeek affermi di aver utilizzato modelli open-source di Meta e Alibaba, non ha fornito dettagli completi sui dati di addestramento impiegati.
A suo tempo, non ho scritto nulla in questo blog, perché ho trovato questa discussione alquanto sterile. OpenAI ha copiato "il mondo intero" senza riconoscere nulla a nessuno, non ha reso pubblici i dati di addestramento, ha violato impunemente qualsiasi legge sul copyright e sulla privacy, e per di più richiede abbonamenti che vanno da 25 euro mensili per un uso comunque molto limitato, fino a circa 250 euro mensili per un uso completo.
Se DeepSeek ha fatto una memorabile e sonora pernacchia a OpenAI, così come Totò la fece a un tenente tedesco nel film "I due marescialli", ben venga!
Comunque, DeepSeek ha copiato o no ChatGPT? Direi proprio di sì... guardate qui, è uno screenshot fatto con il mio computer. La risposta alla mia domanda tradisce la reale provenienza di DeepSeek, che afferma di essere un prodotto di OpenAI:
(18 aprile 2025)
L'uomo non è il vero artefice
Nel cuore della Bhagavad Gita, un antico testo sacro indiano parte del grande poema epico Mahabharata, si cela una verità profonda che sfida il nostro comune senso di autonomia personale. Intanto leggiamo un paio di versi, poi li commenteremo:
3.27
Tutte le azioni sono compiute dai guṇa (le forze della natura); l’anima, illusa dall’ego, pensa "io sono l'agente".
18.66
Abbandona ogni altro dovere e rifugiati soltanto in Me; io ti libererò da ogni conseguenza, non temere.
Queste parole portano con sé una riflessione che attraversa millenni, con domande sulla natura dell'azione umana, della libertà e del destino.
La Bhagavad Gita, letteralmente "Il canto del Beato", è un dialogo filosofico e spirituale tra due personaggi principali: Krishna e Arjuna. Krishna, manifestazione terrena della divinità suprema Vishnu, rappresenta il maestro spirituale per eccellenza. Arjuna, il valoroso guerriero, è l'allievo che affronta una profonda crisi morale e spirituale di fronte alla guerra imminente contro i suoi stessi parenti e maestri.
L'intero testo si svolge sul campo di battaglia di Kurukshetra, poco prima di una grande guerra tra due fazioni imparentate, i Pandava e i Kaurava, per la supremazia sul regno. Arjuna, scosso e turbato dall'idea di dover combattere contro parenti e amici, mette in discussione il senso stesso del dovere, del destino e della morale. È in questo momento di dubbio esistenziale che Krishna gli impartisce insegnamenti destinati a influenzare profondamente la spiritualità e la filosofia dell'induismo.
Uno degli insegnamenti cardine che Krishna trasmette ad Arjuna è il concetto che l'uomo non sia il vero artefice delle proprie azioni. Questo non significa, tuttavia, che l'individuo sia totalmente privo di libertà o responsabilità. Piuttosto, Krishna indica che dietro ogni azione umana agiscono i guṇa, le tre qualità o principi fondamentali che costituiscono la materia e regolano l'universo. Queste tre qualità – sattva (armonia, purezza), rajas (passione, attività) e tamas (inerzia, oscurità) – determinano i comportamenti e le attitudini degli esseri viventi.
Secondo la Gita, l'illusione principale dell'uomo è credere di essere il diretto artefice delle proprie azioni, dimenticando che il vero motore delle attività è la natura stessa, governata dalle leggi divine. Quando l'uomo, guidato dall'ego, si appropria delle azioni compiute, cade in una sorta di trappola esistenziale, generando attaccamenti, desideri e sofferenze che lo imprigionano nel ciclo infinito del karma, la legge di causa ed effetto.
Per usare una metafora, è come se un burattino (l'uomo), mosso dai fili della natura (Prakriti), credesse di danzare per propria volontà, dimenticando che il vero regista è Dio (Krishna). Quando il burattino si identifica con i suoi movimenti, sviluppa attaccamento alle azioni, alimentando così il ciclo del karma.
Ogni volta che l’uomo si identifica con le proprie azioni ("io agisco", "io godo", "io soffro"), genera attaccamento ai risultati (successo o fallimento) e desiderio di ripetere l’esperienza. Questo meccanismo crea vasana (tendenze mentali) e samskara (impressioni karmiche), che lo legano a nuove azioni future, mantenendolo prigioniero nel samsara – il ciclo di nascita, morte e rinascita. Liberarsi da questa catena richiede akarma (agire senza attaccamento), come insegnato da Krishna:
9.27
Qualsiasi cosa tu faccia, qualsiasi cosa tu mangi, qualsiasi cosa tu offra come offerta al fuoco sacro, qualsiasi cosa tu dia in dono e qualsiasi austerità tu compia, o figlio di Kunti, falla come offerta a Me.
9.28
Dedicando a Me tutte le tue opere, sarai liberato dalla schiavitù dei risultati buoni e cattivi. Con la mente attaccata a Me attraverso la rinuncia, sarai liberato e mi raggiungerai.
Come un’onda che crede di essere separata dall’oceano, l’uomo dimentica che la sua forza deriva da Krishna, la sorgente di ogni energia.
Krishna invita Arjuna, e attraverso di lui ogni essere umano, a superare questa illusione per raggiungere una condizione spirituale superiore. Ciò non significa passività o inattività, bensì compiere il proprio dovere senza attaccamento ai frutti delle azioni. Questo atteggiamento, noto come "karma yoga", rappresenta l'agire consapevole, dove l'individuo svolge i propri compiti con impegno e dedizione, ma lascia andare il senso di proprietà personale sull'azione.
Krishna chiarisce ulteriormente questo punto dicendo che tutto ciò che accade nel mondo è, in definitiva, governato da una volontà divina superiore. Gli eventi della vita umana, inclusi successi e fallimenti, sono già inclusi nel grande disegno cosmico della divinità. Ciò non nega la libertà personale, ma invita a collocare questa libertà in una prospettiva più ampia, dove l'essere umano è chiamato a collaborare consapevolmente con il piano divino, piuttosto che lottare contro di esso.
Nell'undicesimo capitolo della Bhagavad Gita, Krishna rivela ad Arjuna una visione cosmica della sua vera forma divina (Viśvarūpa), che abbraccia passato, presente e futuro, dimostrando così come tutti gli eventi siano già predestinati:
11.13
Lì Arjuna poté vedere la totalità dell'intero universo stabilita in un unico luogo, in quel corpo del Dio degli dei.
Qui Krishna afferma esplicitamente che i nemici di Arjuna sono già stati "uccisi" dalla volontà divina. Arjuna, pertanto, è soltanto uno strumento di questa azione cosmica:
11.33
Pertanto, alzati e raggiungi l'onore! Conquista i tuoi nemici e goditi la prosperità del governo. Questi guerrieri sono già stati uccisi da Me, e tu sarai solo uno strumento della mia opera, o arciere esperto.
Questo insegnamento rappresenta una svolta radicale nella comprensione dell'azione e della libertà umana: l'uomo diventa consapevole che, pur avendo libertà di scelta a livello individuale, il risultato finale è determinato da una realtà superiore. Questa consapevolezza libera l'individuo dall'ansia per il futuro, dall'attaccamento ai risultati, e gli permette di vivere con maggiore serenità e coraggio.
La Gita afferma chiaramente che la liberazione dall'illusione di essere l'artefice assoluto porta alla pace interiore e alla realizzazione spirituale. L'ego viene ridimensionato, non più visto come il padrone, ma come un partecipante cosciente al gioco cosmico della vita.
Secondo Krishna, il vero obiettivo della vita umana non è ottenere risultati specifici o vittorie personali, ma realizzare la propria unione con il divino, superando ogni dualità e conflitto interiore. Per farlo, è necessario affidarsi completamente a Dio, liberandosi dalla paura e dalle preoccupazioni per il proprio destino.
In questo modo, l'essere umano scopre che la vera libertà consiste nella rinuncia all'illusione del controllo personale assoluto, aprendosi a una dimensione spirituale autentica e universale. La Bhagavad Gita insegna dunque che l'uomo diventa veramente libero solo quando riconosce e accetta di essere parte integrante di un disegno molto più grande, in cui la volontà divina rappresenta la vera forza motrice.
(17 aprile 2025)
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