La funzione anticristica della reincarnazione

Quanto sto per scrivere è un punto di vista cristiano. Uso l'espressione "funzione anticristica" nel titolo di queste riflessioni esclusivamente nel senso teologico di "negazione di Cristo", e non come insulto a chi crede nella reincarnazione.
Premetto che non intendo discutere se la reincarnazione esista o meno, ovvero non voglio attribuirle caratteristiche di verità o falsità. Voglio solo mettere in evidenza le conseguenze che essa ha per chi si professa cristiano o, comunque, per chi ha origini culturali nel cristianesimo.
L’elemento teologicamente più grave è il fatto che la reincarnazione escluda la salvezza che Gesù ha portato, venendo fra noi, con la sua morte e risurrezione. La reincarnazione annulla la Pasqua del Signore, la rende inoperante in quanto, come via di salvezza, è superflua, inutile, semplicemente non applicabile (cfr. "Credi nella reincarnazione?", di Alberto Bigarelli). Vita dopo vita, la purificazione e la salvezza dalle peggiori sofferenze è in conseguenza del karma, ovvero dei meriti (e demeriti) acquisiti tramite le proprie azioni. Ciò significa che, se ammettessimo la reincarnazione, la nostra evoluzione sarebbe in conseguenza delle nostre capacità, intenzioni e meriti acquisiti. Non ci sarebbe inoltre nessuna preoccupazione sulla vita dopo la morte, perché saremmo già eterni.
Ciò è esattamente il contrario dell'insegnamento cristiano, secondo cui la salvezza viene da Dio, che risuscita i morti. La vita eterna non è il risultato dell’immortalità dell’anima, né deriva naturalmente dall’evoluzione vita dopo vita. È un dono gratuito e "immeritato". Lo ripeto, "immeritato". Il cristiano confida nella Misericordia di Dio sia in vita, sia dopo la morte, e solo per questa - e non per le proprie capacità - spera nella Vita Eterna, ovvero nella gioia senza fine del Paradiso.
Non dimentichiamo quello che Pietro ha detto nel suo terzo discorso a Gerusalemme dopo la Pentecoste: «In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito [da Dio] che noi siamo salvati» (Atti 4,12), e neppure dimentichiamo quello che ha scritto l’apostolo Paolo ai Galati: «Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema!» (Galati 1:8).
Ebrei 9:27-28 è ancora più esplicito: «Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio, così anche Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola per portare i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza peccato, a coloro che lo aspettano per la loro salvezza».
Ne segue che chi cerca umilmente la misericordia di Dio, ricordandosi sempre di averne bisogno, ha pieno diritto di sospettare che la reincarnazione, e le filosofie orientali basate su di essa, siano fondamentalmente anticristiche, in quanto negano l'esistenza e la necessità di un Salvatore.
Questa mia opinione è maturata dalla personale osservazione di occidentali che si "convertono" al buddismo, o ad altre religioni asiatiche, portando con sé un rancore più o meno consapevole verso Dio e verso la Chiesa, forse a causa di aspettative infrante vissute come tradimenti. Negando la possibilità che possa esserci una Provvidenza divina, o rinunciandovi perché in collera con Dio, scelgono tra possibili credo che sembrano "atei", anche se, in realtà, non negano Dio, più modestamente evitano di presupporlo e di discuterlo. Poiché l'intenzione è distorta, lo è anche l'uso che viene fatto di queste religioni, spesso sfociando in un settarismo autoreferente che acquisisce caratteristiche anticristiche assolutamente estranee al contesto culturale di provenienza.
Intendiamoci, non sempre è così. Sto solo cercando di analizzare come, nel contesto occidentale, sia possibile passare dal "tutto dipende da Dio" al "tutto dipende da me", che è un altro modo per dire: "Sono in collera con il Creatore, quindi ne faccio a meno". Questo sembra l'ideale di vita di Satana. Sono meccanismi psicologici molto subdoli e difficilmente emergono alla coscienza di chi li vive.
Per inciso, e qui concludo, il monaco zen Thich Nhat Hanh ha scritto: "Se ti piace la meditazione seduta, pratica la meditazione seduta; se ti piace la meditazione camminata, pratica la meditazione camminata; ma conserva le tue radici, siano esse ebraiche, cristiane o musulmane. È questo il modo corretto per tramandare lo spirito del Buddha; non puoi essere felice se hai perso il collegamento con le tue radici" (fonte). Questo a dimostrazione del fatto che non c'è assolutamente nulla di anticristico nel buddismo se approcciato con consapevolezza. Diverso è il discorso per chi ci si avvicina perché scappa da qualcos'altro.
(8 maggio 2025)
Le preghiere al tempo dell'intelligenza artificiale

Provo a esprimere “un” punto di vista cristiano. Quando dico “un”, intendo uno tra i tanti possibili, senza pretese di essere un punto di vista migliore di altri. Del resto, le opinioni sono come le nuvole nel cielo, cambiano in fretta e non c’è una nuvola migliore di altre.
L’atto di scrivere non è solo per lasciare traccia di qualcosa di passeggero, ma anche per dargli un po’ di forma e potenziale utilità per il prossimo, perché da idea nasce idea.
Detto ciò, siamo nel tempo dell’intelligenza artificiale, che è entrata con la gentilezza di un bulldozer nelle nostre menti e nei nostri processi creativi. Sia ben chiaro che queste riflessioni le sto scrivendo di getto con un normale editor di testo (LibreOffice). Se parlo di intelligenza artificiale è perché vedo quello che sta succedendo, e siamo solo all’inizio.
La tecnologia non è mai neutrale e ci sta condizionando pesantemente, con violenza mascherata da gentilezza. Grazie alle opere del demonio come la televisione, i social e l’intelligenza artificiale – su cui Satana ha il monopolio – viviamo in un mondo che ha rigettato come falsa la presenza di Dio (nel senso cristiano del termine) e il suo costante e ineludibile intervento in tutto il creato. Da ciò ne seguono filosofie e religioni volte a potenziare l’ego individuale e la sua presunta capacità di intervento sugli eventi per direzionarli secondo i propri desideri.
La tecnologia è perfetta per tutto ciò che riguarda l’ingigantimento dell’ego, detto più elegantemente “empowerment individuale”, in modo da dargli un tocco positivo e psicologico. Così l’intelligenza artificiale può presentarsi come coach, come mentore, o come oracolo, e i propri desideri sono il “culto” a cui prostrarsi. Pratiche che scivolano nel religioso, nel mistico e nel magico sono a sostegno dei propri desideri, che seppur legittimi hanno un grande problema: attaccarsi ad essi è causa di sofferenza e di lontananza da Dio. Non a caso, il digiuno cristiano non è tanto da intendersi come l’astinenza dal cibo (che se esagerata o esaltata invece di avvicinare a Dio ci allontana), ma come astinenza dall’“attaccamento” ai piaceri e persino ai pensieri nocivi. Una buona forma di digiuno può essere quella dai social, dalla tv e dall’intelligenza artificiale. Anche starsene da soli e senza usare lo smartphone (magari spento o silenziato), ovvero in assenza di stimoli esterni, e cercare solo la compagnia di Dio, è una pratica utile.
Tornando al culto dei propri desideri (e alla sofferenza che ne consegue), alla base di tutto c’è una autoreferenzialità che potrebbe sintetizzarsi in: “Tutto dipende da me, anche perché sono solo, non c’è un Dio a cui rivolgermi”. E’ una tendenza generalizzata nella società e giustificata anche dalle pippe mentali sulla cosiddetta “legge di attrazione”. L’idea è che se immagino qualcosa nei minimi dettagli, ci credo e mi impegno per realizzarlo, allora lo realizzo per davvero. Qualche volta ciò sarà possibile, nella maggioranza dei casi no, ma in ogni caso si tratta di fare affidamento solo sulle proprie capacità e sull’eventuale favore delle circostanze. Ma non sono le nostre capacità individuali a salvarci dal dolore del vivere, né a regalarci amore o speranze dopo la morte.
Queste filosofie autorefenziali hanno senso in un mondo di ego isolati, depotenziati, e innocui verso qualsiasi possibilità migliorativa di cambiamento sociale. In questo modo, ciascuno di noi viene ingiustamente responsabilizzato per le proprie disgrazie, senza sottolineare che la tecnologia odierna amplifica a dismisura il “divide et impera” dei più forti sui più deboli.
In un tale clima sociale, le preghiere, ormai atee e rivolte al massimo all’“universo” (qualunque cosa possa significare...), sono la testimonianza di anime perse, sole, ingannate. Tolta ogni altra risorsa pratica e culturale, sempre più persone si rivolgono al pensiero magico, all’esoterismo, e alla divinazione con mille mezzi anche tecnologici, intelligenza artificiale compresa. Anche aggrapparsi alla cosiddetta “scienza”, facendola coincidere con una sorta di “verità” religiosa, è una via possibile e praticata (dagli ingenui).
E in tutto questo, Dio dov’è? Non c’è. Nel senso cristiano del termine, “peccato” significa stare lontano da Dio, e un intero mondo che sta lontano da Dio si chiama Inferno. Siamo nell’Inferno, che paradossalmente è proprio il luogo migliore dove potremmo trovarci per ripulirci dall’immondizia che si trova nelle nostre menti e nei cuori.
La preghiera ha tanto più senso quanto più l’ego perde i suoi sostegni. Più una persona cercherà realmente di evolversi spiritualmente, e più tutto le andrà in frantumi. Ciò è una grazia, serve a rendere evidente alla propria coscienza l’inutilità, la fallibilità e l’inconsistenza del proprio ego.
La massima aspirazione per un cristiano è fare la volontà di Dio, non la propria. Anzi, la propria volontà non esiste più.
“Ma le cose nel mondo vanno male, devo fare qualcosa”, potrebbe dire qualcuno. “Non è una tua responsabilità e non sei tu l’artefice della creazione”, mi verrebbe da rispondere, perché chi teme Dio non ha bisogno di temere nient’altro. Comunque, sforzarsi di cambiare il mondo non serve a nulla e non porta a nulla di buono, perché l’esito delle proprie azioni dipende innanzitutto da una volontà superiore alla propria.
Lo ripeto: la massima aspirazione per un cristiano è fare la volontà di Dio, non la propria. E se “le cose che accadono” sono “i pensieri di Dio”, ovvero se il creatore è in tutte le creature e se Cristo è in tutti i cuori, anche in quelli più induriti, noi di cosa dobbiamo preoccuparci? “Ama il prossimo tuo come te stesso” (e non pensare male di lui o di lei) è così facile che possiamo permetterci di dire a Dio quello che dovrebbe fare?
Domande retoriche a parte, il senso della preghiera cristiana è innanzitutto un cambiamento interiore in chi la fa. Nessuna preghiera cambierà mai la volontà di Dio, che è decisa in eterno e che viene prima della creazione. Al massimo le preghiere possono cambiare la volontà degli uomini.
E tutto questo cosa c’entra con la tecnologia? Nulla, se non il fatto, per i motivi detti all’inizio, che più ci fidiamo della tecnologia e meno ci fidiamo di noi stessi e di Dio. Noi viviamo nella “società dell’imbroglio” e l’intelligenza artificiale è una delle attuali massime espressioni di questo imbroglio.
L’intelligenza artificiale è al massimo un riflesso cupo e sporco dell’umano, ma non ha nulla di divino. L’uomo invece è creatura di Dio, ma ribellarsi alla volontà di Dio porta solo a un disastro dopo l’altro. Peggio, credere di essere onnipotenti come Dio... beh, lasciamo stare.
“Colui che conosce i suoi peccati è più grande di colui che con la preghiera risuscita un morto. Colui che per un'ora geme su se stesso è più grande di colui che insegna all'universo. Colui che conosce la propria debolezza è più grande di colui che vede gli angeli... Colui che solitario e contrito, segue il Cristo, è più grande di colui che gode il favore delle folle nelle chiese”.
(Isacco il Siro, fu un mistico, teologo e vescovo cristiano orientale del VII sec.)
Come nota finale, vorrei aggiungere un giudizio estetico. Vedo spesso immagini e video su temi sacri generati dall’intelligenza artificiale, perché ormai sono ovunque. Non mi piacciono, nemmeno quelli più belli ed elaborati, nemmeno i video più “meravigliosi”. Non c’è anima, sono vuoti, “sento” che sono fatti senza fede e senza cuore. Provate a confrontare qualsiasi immagine della Madonna generata dall’intelligenza artificiale con l’icona ortodossa “Theotokos di Vladimir”, dipinta a Costantinopoli nel XII secolo. Non c’è paragone, sembra che l’anima di Maria sia dentro quel quadro. Stesso discorso per i presepi e altre immagini sacre.
(27 aprile 2025)
L'uomo non è il vero artefice

Nel cuore della Bhagavad Gita, un antico testo sacro indiano parte del grande poema epico Mahabharata, si cela una verità profonda che sfida il nostro comune senso di autonomia personale. Intanto leggiamo un paio di versi, poi li commenteremo:
3.27
Tutte le azioni sono compiute dai guṇa (le forze della natura); l’anima, illusa dall’ego, pensa "io sono l'agente".
18.66
Abbandona ogni altro dovere e rifugiati soltanto in Me; io ti libererò da ogni conseguenza, non temere.
Queste parole portano con sé una riflessione che attraversa millenni, con domande sulla natura dell'azione umana, della libertà e del destino.
La Bhagavad Gita, letteralmente "Il canto del Beato", è un dialogo filosofico e spirituale tra due personaggi principali: Krishna e Arjuna. Krishna, manifestazione terrena della divinità suprema Vishnu, rappresenta il maestro spirituale per eccellenza. Arjuna, il valoroso guerriero, è l'allievo che affronta una profonda crisi morale e spirituale di fronte alla guerra imminente contro i suoi stessi parenti e maestri.
L'intero testo si svolge sul campo di battaglia di Kurukshetra, poco prima di una grande guerra tra due fazioni imparentate, i Pandava e i Kaurava, per la supremazia sul regno. Arjuna, scosso e turbato dall'idea di dover combattere contro parenti e amici, mette in discussione il senso stesso del dovere, del destino e della morale. È in questo momento di dubbio esistenziale che Krishna gli impartisce insegnamenti destinati a influenzare profondamente la spiritualità e la filosofia dell'induismo.
Uno degli insegnamenti cardine che Krishna trasmette ad Arjuna è il concetto che l'uomo non sia il vero artefice delle proprie azioni. Questo non significa, tuttavia, che l'individuo sia totalmente privo di libertà o responsabilità. Piuttosto, Krishna indica che dietro ogni azione umana agiscono i guṇa, le tre qualità o principi fondamentali che costituiscono la materia e regolano l'universo. Queste tre qualità – sattva (armonia, purezza), rajas (passione, attività) e tamas (inerzia, oscurità) – determinano i comportamenti e le attitudini degli esseri viventi.
Secondo la Gita, l'illusione principale dell'uomo è credere di essere il diretto artefice delle proprie azioni, dimenticando che il vero motore delle attività è la natura stessa, governata dalle leggi divine. Quando l'uomo, guidato dall'ego, si appropria delle azioni compiute, cade in una sorta di trappola esistenziale, generando attaccamenti, desideri e sofferenze che lo imprigionano nel ciclo infinito del karma, la legge di causa ed effetto.
Per usare una metafora, è come se un burattino (l'uomo), mosso dai fili della natura (Prakriti), credesse di danzare per propria volontà, dimenticando che il vero regista è Dio (Krishna). Quando il burattino si identifica con i suoi movimenti, sviluppa attaccamento alle azioni, alimentando così il ciclo del karma.
Ogni volta che l’uomo si identifica con le proprie azioni ("io agisco", "io godo", "io soffro"), genera attaccamento ai risultati (successo o fallimento) e desiderio di ripetere l’esperienza. Questo meccanismo crea vasana (tendenze mentali) e samskara (impressioni karmiche), che lo legano a nuove azioni future, mantenendolo prigioniero nel samsara – il ciclo di nascita, morte e rinascita. Liberarsi da questa catena richiede akarma (agire senza attaccamento), come insegnato da Krishna:
9.27
Qualsiasi cosa tu faccia, qualsiasi cosa tu mangi, qualsiasi cosa tu offra come offerta al fuoco sacro, qualsiasi cosa tu dia in dono e qualsiasi austerità tu compia, o figlio di Kunti, falla come offerta a Me.
9.28
Dedicando a Me tutte le tue opere, sarai liberato dalla schiavitù dei risultati buoni e cattivi. Con la mente attaccata a Me attraverso la rinuncia, sarai liberato e mi raggiungerai.
Come un’onda che crede di essere separata dall’oceano, l’uomo dimentica che la sua forza deriva da Krishna, la sorgente di ogni energia.
Krishna invita Arjuna, e attraverso di lui ogni essere umano, a superare questa illusione per raggiungere una condizione spirituale superiore. Ciò non significa passività o inattività, bensì compiere il proprio dovere senza attaccamento ai frutti delle azioni. Questo atteggiamento, noto come "karma yoga", rappresenta l'agire consapevole, dove l'individuo svolge i propri compiti con impegno e dedizione, ma lascia andare il senso di proprietà personale sull'azione.
Krishna chiarisce ulteriormente questo punto dicendo che tutto ciò che accade nel mondo è, in definitiva, governato da una volontà divina superiore. Gli eventi della vita umana, inclusi successi e fallimenti, sono già inclusi nel grande disegno cosmico della divinità. Ciò non nega la libertà personale, ma invita a collocare questa libertà in una prospettiva più ampia, dove l'essere umano è chiamato a collaborare consapevolmente con il piano divino, piuttosto che lottare contro di esso.
Nell'undicesimo capitolo della Bhagavad Gita, Krishna rivela ad Arjuna una visione cosmica della sua vera forma divina (Viśvarūpa), che abbraccia passato, presente e futuro, dimostrando così come tutti gli eventi siano già predestinati:
11.13
Lì Arjuna poté vedere la totalità dell'intero universo stabilita in un unico luogo, in quel corpo del Dio degli dei.
Qui Krishna afferma esplicitamente che i nemici di Arjuna sono già stati "uccisi" dalla volontà divina. Arjuna, pertanto, è soltanto uno strumento di questa azione cosmica:
11.33
Pertanto, alzati e raggiungi l'onore! Conquista i tuoi nemici e goditi la prosperità del governo. Questi guerrieri sono già stati uccisi da Me, e tu sarai solo uno strumento della mia opera, o arciere esperto.
Questo insegnamento rappresenta una svolta radicale nella comprensione dell'azione e della libertà umana: l'uomo diventa consapevole che, pur avendo libertà di scelta a livello individuale, il risultato finale è determinato da una realtà superiore. Questa consapevolezza libera l'individuo dall'ansia per il futuro, dall'attaccamento ai risultati, e gli permette di vivere con maggiore serenità e coraggio.
La Gita afferma chiaramente che la liberazione dall'illusione di essere l'artefice assoluto porta alla pace interiore e alla realizzazione spirituale. L'ego viene ridimensionato, non più visto come il padrone, ma come un partecipante cosciente al gioco cosmico della vita.
Secondo Krishna, il vero obiettivo della vita umana non è ottenere risultati specifici o vittorie personali, ma realizzare la propria unione con il divino, superando ogni dualità e conflitto interiore. Per farlo, è necessario affidarsi completamente a Dio, liberandosi dalla paura e dalle preoccupazioni per il proprio destino.
In questo modo, l'essere umano scopre che la vera libertà consiste nella rinuncia all'illusione del controllo personale assoluto, aprendosi a una dimensione spirituale autentica e universale. La Bhagavad Gita insegna dunque che l'uomo diventa veramente libero solo quando riconosce e accetta di essere parte integrante di un disegno molto più grande, in cui la volontà divina rappresenta la vera forza motrice.
(17 aprile 2025)
Praticare contemporaneamente più religioni: l’esempio di Gandhi

La pratica di più tradizioni spirituali può suscitare dubbi e perplessità, specialmente in contesti in cui religioni diverse tendono a escludersi a vicenda. Molti culti, infatti, enfatizzano l’idea di una verità esclusiva, lasciando intravedere il rischio di una dissonanza cognitiva per chi sente l’esigenza di affidarsi a pratiche provenienti da più fedi. Il Mahatma Gandhi ha fornito un esempio concreto di come tale conflitto interiore sia superabile con serietà e compassione: il suo ecumenismo spirituale ha mostrato che religioni diverse possono essere viste come vari sentieri verso un’unica meta.
In Gandhi, si riscontra la consuetudine di pregare e meditare attingendo alle più svariate fonti: Bhagavad Gita, Corano, Bibbia e altri testi sacri. La coesistenza di questi percorsi apparentemente disomogenei non costituiva un ostacolo, bensì un arricchimento. La pratica simultanea di più religioni non era per lui un problema interiore, poiché egli sosteneva che l’essenza della verità risiedesse in tutti i cammini spirituali, considerati espressioni molteplici di un unico principio divino. Questo atteggiamento “e… e…” si opponeva a qualsiasi forma di settarismo, invitando a superare la visione “o… o…” nella quale una verità esclude l’altra. Gandhi non credeva in una superiorità di una fede sull’altra, ma piuttosto in una complementarità delle tradizioni spirituali.
Al centro di tale prospettiva si colloca il concetto di Sarva Dharma Sama Bhava, espressione traducibile come “tutte le religioni sono uguali (o equivalenti)”. Ciò indica la convinzione che ogni fede racchiuda, pur con accenti diversi, un valore universale. In Gandhi, Sarva Dharma Sama Bhava andava oltre la mera tolleranza o il rispetto formale: diventava la certezza che la realtà divina possa essere contemplata e venerata in forme molteplici, senza che ciò susciti gelosie celesti o gerarchie morali. Ogni formula devozionale, ogni rito e ogni testo sacro venivano onorati come strumenti legittimi per vivere la spiritualità, sempre riconducendola a un comune denominatore di amore, verità e compassione.
La pratica simultanea di più religioni, nella visione gandhiana, si trasforma così in un’occasione di incontro e condivisione: l’essere umano non risulta frammentato da riti e preghiere di provenienze differenti, ma arricchito dalla complementarità delle varie tradizioni. Questo genere di percorso non richiede di rinunciare al nucleo profondo di una singola fede; piuttosto, implica una comprensione più ampia della verità, alla cui ricerca ci si può dedicare percorrendo strade diverse.
Nel ricordo di Gandhi, permane l’idea che nessun culto debba rivendicare il monopolio dell’assoluto e che la pluralità di tradizioni spirituali possa convivere senza generare attriti. Egli ha dimostrato con il proprio esempio come la sincerità del cuore e la rettitudine dell’agire siano parametri di giudizio più solidi di qualunque confine di appartenenza religiosa. L’armonia interconfessionale, ispirata al principio del Sarva Dharma Sama Bhava, incoraggia a intravedere l’unità nella diversità senza scadere in conflitti né interne contraddizioni. L’eredità gandhiana, in tal senso, rappresenta una testimonianza di come una prassi interreligiosa possa essere vissuta non solo in modo etico e coerente, ma anche intensamente sacro.
(15 aprile 2025)
Oltre Halloween: la profonda spiritualità di Samhain nella tradizione pagana

Tra poche ore sarà Samhain (pronunciato "sowin"), scritto anche Sauin, celebrato nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre.
Samhain è un'antica festa celtica che segna la fine dell'estate e l'inizio dell'inverno, ed è considerata uno dei sabba più importanti nella tradizione pagana. Il termine "sabba" può avere diverse connotazioni. Storicamente, è stato associato a raduni rituali legati alla stregoneria, spesso rappresentati come incontri notturni dedicati a pratiche magiche o cerimoniali. Tuttavia, nell'ambito neopagano e wiccan, il termine ha perso ogni connotazione di "raduno di streghe", indicando invece le principali festività che celebrano i cicli naturali e le fasi dell'anno.
Nel calendario delle tradizioni pagane e wiccan, i sabba sono otto feste stagionali, e Samhain è una delle più significative, marcando il passaggio dal periodo di luce estiva alla stagione oscura invernale. In questo contesto, quindi, "sabba" si riferisce a un momento sacro di celebrazione dei ritmi naturali e di riflessione.
Ciò premesso, Samhain rappresenta il "tempo del raccolto finale", quando si conclude l'anno agricolo e si entra nei mesi invernali, dominati dall'oscurità. Questo passaggio segna anche il Capodanno dell'anno celtico, un momento di chiusura e di nuovo inizio.
Una caratteristica centrale di Samhain è che, durante questa notte, il "velo" tra il mondo dei vivi e quello dei morti diventa più sottile, facilitando la connessione con gli spiriti. Questo rende Samhain un'occasione per onorare e ricordare i propri antenati, i cari defunti e gli "spiriti di famiglia", intesi non solo come i defunti ma anche come spiriti protettori della casa e della comunità, spesso attraverso riti di commemorazione e momenti di raccoglimento.
Durante Samhain, molte culture pagane e neopagane praticano riti di commemorazione in cui si offrono cibo, bevande e piccoli oggetti simbolici per onorare i defunti. Questi doni, chiamati spesso "offerte" o "banchetti degli spiriti", venivano lasciati all'esterno o in luoghi specifici della casa come segno di accoglienza per gli spiriti di famiglia. Accendere candele o lanterne è un altro simbolo ricorrente, utile sia per illuminare il cammino degli spiriti verso la loro visita, sia per simboleggiare la luce della memoria che mantiene vivi i legami con chi non è più presente.
Oltre a queste pratiche, Samhain è anche un tempo di riflessione interiore, dove ci si confronta con la natura della vita e della morte, nonché con il ciclo di nascita, morte e rinascita che governa sia la natura sia l'esistenza umana. I riti durante Samhain spesso includono momenti di meditazione e raccoglimento, in cui si cercano saggezza e guida dagli antenati. Per i praticanti neopagani, Samhain rappresenta un'opportunità unica di riconnettersi con le radici, comprendere l'importanza del passato e prendere coscienza della continuità che lega ogni generazione.
Anche se molte tradizioni di Samhain hanno ispirato le celebrazioni moderne di Halloween, Samhain conserva un significato profondamente spirituale e simbolico per chi pratica o rispetta le antiche usanze pagane e celtiche. Mentre Halloween, così come viene celebrato oggi, è principalmente una festa laica e commerciale caratterizzata da costumi, dolcetti e decorazioni spaventose, Samhain rimane una celebrazione solenne e meditativa, dedicata al legame con la natura, agli antenati e al ciclo di vita, morte e rinascita.
Halloween, pur ispirato da alcuni simboli e temi di Samhain, ha assunto un significato molto diverso nel tempo, trasformandosi in una festa popolare in cui si esorcizza la paura del macabro e dell'ignoto attraverso maschere, scherzi e giochi. L'antica paura dei "fantasmi" è oggi reinterpretata come una celebrazione leggera e divertente che spesso omette l'aspetto spirituale originario di Samhain.
(October 31, 2024, go to my art gallery)
La fine della sofferenza

Il mio posto è qui, adesso.
Le cose vanno esattamente come devono andare.
Va tutto bene.
Esiste l’uno, e nient’altro.
L’essere assoluto e infinito e il sé individuale sono identici, mai nati.
L’esterno è l’interno, il prima è il dopo.
La sofferenza è finita.
Secondo l'Advaita Vedanta, la realtà ultima è Brahman, l'essere assoluto e infinito, che è identico all'Ātman, il sé individuale. La percezione della molteplicità e della diversità delle cose separate da Brahman è dovuta ad avidyā (ignoranza), che è l'espressione individuale dell'illusione cosmica e universale, che prende il nome di maya e pervade tutto.
Il fine ultimo dell'essere umano è quello di eliminare l'ignoranza e di riconoscere la propria identità con Brahman, attraverso la conoscenza (jñāna), la meditazione (dhyana) e la devozione (bhakti). In questo modo, si raggiunge il mokṣa, la liberazione dal ciclo delle rinascite (saṃsāra) e dalla sofferenza (duḥkha).
Secondo il Mādhyamaka di Nāgārjuna, o Via di Mezzo, la realtà ultima è vacua (śūnyatā), mancando una natura intrinseca o sostanziale delle cose. Tutto ciò che esiste è vacuo perché dipende da altre cose per esistere (pratītyasamutpāda), e perché è soggetto al cambiamento e alla cessazione (anitya). Il fine ultimo dell’essere umano è quello di eliminare l'attaccamento alle cose come se fossero reali e permanenti, attraverso la saggezza (prajñā), la compassione (karuṇā) e la pratica etica (śīla). In questo modo, si raggiunge la cessazione della sofferenza e delle contaminazioni mentali (kleśa).
Quando la propria coscienza coincide con quella del tutto, non è veglia, non è sonno, non è sogno. E’ il quarto stato (turiya), è la natura luminosa senza tempo e senza luogo, è la nostra vera casa.
(scritto il 20 aprile 2023, con un ringraziamento al dott. Ernesto Iannaccone per i suoi eccellenti corsi on-line su questi e altri argomenti)
Quando tutto è sacro

Quando entriamo in una dimensione dove tutto è sacro, ci accorgiamo che il mondo è pieno di arcobaleni. Il nostro cuore va dove deve stare, cioè vicino alla massima fiducia nella vita.
In questa dimensione, ascoltiamo il canto degli uccellini con gratitudine. Iniziamo la giornata in modo semplice, cibandoci di quel che abbiamo e ringraziando per poter gioire anche oggi del sapore del pane.
Gli arcobaleni ci sono sempre, tutti i giorni, in qualsiasi momento. Capita, però, di essere distratti da altro, per questo ci sfuggono, eppure sono sempre lì.
Quando viviamo tutto come sacro, compresi noi stessi e ogni nostro piccolo gesto, ci accorgiamo che tutto ha senso.
Nel silenzio, sentiamo che nulla è per caso. Tutto va nella direzione di trasformare l’homo sapiens (che crede invano di sapere) in homo pacificus (che ha imparato ad amare). Anche le nostre e altrui sofferenze, anch’esse sacre, vanno in questa direzione.
Buona giornata a tutto il mondo!
(13 aprile 2023)
Padre nostro, che sei nei cieli... sei maschio o femmina?

Santa Pazienza, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra…
La domanda posta nel titolo di queste riflessioni sicuramente farà sorridere i miei quattro lettori, eppure c’è chi se l’è posta seriamente. Nel sinodo della chiesa anglicana, infatti, è stato posto il tema dell’opportunità di scegliere un pronome neutro per riferirsi alla divinità. Alcuni vescovi vorrebbero riformare il testo della preghiera “Padre nostro” per evitare quando possibile ogni riferimento maschile o paterno alla figura di Dio.
Vorrei ragionare su questa cosa, ma con una premessa. Ovvero: io non so nulla di Dio e, più in generale, ritengo che la realtà non sia conoscibile, né indagabile, né descrivibile a parole, e che vada oltre i concetti di esistenza e di non esistenza. Inoltre, come ho scritto già da anni nell’intestazione di questo blog, quello che non so, non lo so, quello che invece credo di sapere non corrisponde alla realtà. Quindi, da quanto sto per scrivere non emergerà alcuna verità. Nessuno si senta offeso dalle mie parole, neanche da quelle più taglienti, perché parlo di ciò che ignoro. Al massimo, chi vorrà proseguire nella lettura, potrà trovare qualche stimolo di riflessione e nulla di più.
Fatte queste doverose premesse, andiamo al nocciolo della questione. Dio è maschio? E’ femmina? E’ entrambi? E’ nessuno dei due? E’ un terzo genere arcobaleno?
Di seguito alcune mie ipotesi, di cui solo l’ultima potrebbe dar ragione, almeno in parte, ai vescovi anglicani. Per cercare una risposta, partiremo dall’antropologia e arriveremo alla storia dell’Antico Egitto.
1. Ipotesi antropologica
Ogni essere vivente vede il mondo in base alle proprie caratteristiche. In particolare, l’essere umano, che ha una spiccata capacità di astrazione, solitamente proietta all’esterno le proprie dinamiche interne, soprattutto quelle inconsce. Ne segue che, appartenendo al regno vivente dei mammiferi, i cui esemplari sono individui o maschi o femmine, tale primate è costretto dalla natura (e dai rinforzi della cultura) a identificare ogni cosa esistente, compreso il proprio “Io”, come maschile o femminile.
Per tale ragione, quando gli esseri umani si sono creati i propri dèi a propria immagine e somiglianza, li hanno solitamente creati o maschi o femmine. Poi, in piena sindrome proiettiva, hanno creduto che fossero stati gli dèi a creare gli umani.
Nel proseguire storico della tragedia umana, le religioni basate su una monolatria duratura, come il cattolicesimo, hanno scelto un solo dio tra tutti gli dèi disponibili e, nel caso specifico, un dio maschio. Ne segue che il dio del “Padre nostro” è decisamente maschio, ed essendo anche creatore, i riferimenti paterni sono appropriati.
2. Ipotesi basata sul Vecchio Testamento
Yahweh, il dio dell'Antico Testamento, è figlio dei costumi tribali e patriarcali dell'epoca per cui razzie, saccheggi e massacri sono gli unici strumenti di sopravvivenza e conquista. E, come le divinità assire e babilonesi, egli è un Dio guerriero, forte e brutale, mosso da spirito di vendetta soprattutto contro i suoi nemici e contro chi lo tradisce.
Guardiamo cosa c’è scritto nella Bibbia, in particolare in Esodo 15:3. Nelle bibbie cattoliche, questo passo è stato tradotto come “Il Signore è un guerriero”. Il testo ebraico è “Yhwh ish milhamah”, ovvero “Yahweh è un individuo maschio di guerra”. Più chiaro di così…
Quindi, se il “Padre nostro” è una preghiera rivolta a questo dio, cioè a Yahweh, allora è una preghiera rivolta a un dio maschio. Però… le cose potrebbero essere un po’ diverse, anzi molto diverse, come illustro nella prossima ipotesi.
3. Ipotesi basata sul padre di Gesù
Il “Padre nostro” è una preghiera che i vangeli, sia ufficiali sia apocrifi, attribuiscono a Gesù. A dirla tutta, però, soprattutto nei vangeli tenuti nascosti, come quello esseno della pace, Gesù insegna non una ma due preghiere, una rivolta al padre, e l’altra rivolta alla madre:
Preghiera al “Padre Celeste”
«Padre Nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. E non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male; perché tuo è il regno, il potere e la gloria per l’eternità. Amen»
Preghiera a “Madre Terra”
«Madre Nostra che sei sulla terra, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in noi come lo è in te. Come mandi i tuoi angeli ogni giorno mandali anche a noi. Rimetti a noi i nostri peccati come noi espiamo le nostre colpe contro di te. E non ci indurre in malattia ma liberaci dal male perché tuo è il corpo, la salute e la terra. Amen»
Non so quanto sia esatta la traduzione del vangelo esseno da me studiata e a suo tempo pubblicata e commentata in questo blog, però è evidente che c’è una preghiera rivolta al maschile e un’altra rivolta al femminile, una al padre e l'altra alla madre. Da questo punto di vista, il “Padre nostro” si rivolge a un dio maschio creatore e non è riformabile a meno di non voler riformare anche Gesù.
A parte ciò, il padre di Gesù era Yahweh? Questo, nella Bibbia, non c’è scritto da nessuna parte. Anzi, casomai, in Marco 5:7, c’è scritto che Gesù è figlio di Elyon. Per essere precisi, nella traduzione italiana cattolica, c’è scritto “Gesù, Figlio del Dio altissimo”, ma la traduzione letterale dall’ebraico è un po’ più chiara, cioè “Yeshua, figlio di El Elyon” (Yeshua è il nome ebraico di Gesù).
Non so chi sia questo Elyon, a parte il fatto che nella Bibbia è citato come il più importante tra tutti gli elohim, cioè dei vari dèi nominati nella Bibbia, e quindi ben più importante anche di Yahweh.
Il grande punto di rottura è tra il Vecchio e il Nuovo Testamento, ovvero tra il dio psicopatico stragista di guerra dell’Antico Testamento e il dio di amore incondizionato del Nuovo Testamento, un dio che addirittura insegna ad amare i propri nemici e a perdonarli. Tale punto di rottura rende evidente che Yahweh non c’entra nulla con Gesù, salvo il fatto di trovarsi entrambi nella stessa antologia di libri chiamata Bibbia, sovente tradotta con errori intenzionali, a uso e consumo delle teologie ufficiali.
E’ infatti consuetudine delle religioni il fatto di aggiustarsi le traduzioni per “farsele tornare”, ad es., nel caso del cattolicesimo, spesso occultando tutti i vari elohim, e traducendoli in modo da far sembrare che si tratti dello stesso Dio. Ma non è così. Vari dèi, o elohim, sono citati per nome persino nella Bibbia cattolica, ad es. Astarte, l’elohim di Sidone, Camos, l’elohim di Moabili, e Milcom, l’elohim degli Ammoniti (Re 11:33). Tanto che Yahweh mostrava gelosia verso di loro (Deuteronomio 6:14,15). Tra l’altro, a proposito di genere sessuale, Astarte è chiaramente femmina.
Comunque, tornando a Gesù, egli afferma di essere stato inviato da suo padre e che chi vede lui vede anche il padre, quindi sicuramente non poteva riferirsi a quel criminale di Yahweh, sterminatore di popoli e primo antisemita della storia.
4. Ipotesi basata su un Dio che non è persona
E qui, con questa mia ultima ipotesi, le cose si fanno più complicate. E’ la più difficile da argomentare, ma, dal mio punto di vista, anche la più interessante e ragionevole.
E’ la più difficile da argomentare perché devo allontanarmi dai Vangeli e dall’intera Bibbia, e quindi anche dalla figura di Gesù e dal mondo ebraico maschilista da cui proviene l'attuale formulazione del “Padre nostro”. Ne segue che prendo le distanze dalla teologia ufficiale e dalla tradizione.
Come posso fare una cosa del genere, e al tempo stesso, ragionare sul genere sessuale del Dio del “Padre nostro”? E’ un po’ complicato, ma fattibile.
Questa quarta e ultima ipotesi parte dal presupposto che storicamente c’è stato un grande caos di culture e di religioni, in cui sono state mischiate insieme cose molto diverse e anche abbastanza incompatibili (come il Vecchio e il Nuovo Testamento).
Da un punto di vista strettamente logico, se ammettiamo che esiste un unico Dio creatore di tutto a cui il “Padre nostro” si rivolge, è evidente che, se ha realmente creato tutto, questo Dio ha alcune caratteristiche, tra cui:
- è “non nato”, cioè viene prima di ogni altra cosa, è sempre esistito e sempre esisterà;
- è “oltre il tempo e oltre lo spazio”, in quanto il tempo e lo spazio sono sue creazioni;
- è “oltre il maschile e oltre il femminile”, in quanto tutte le dualità esistenti sono sue creazioni;
- è “oltre le parole”, sia nel senso che le parole non possono descriverlo, e neanche nominarlo, sia nel senso che Dio ha creato le parole e, con esse, la realtà.
Un Dio del genere, con queste caratteristiche, è forse Yahweh? Assolutamente no. E’ maschio? Benché mai. Ha un “Io”? No. Ed è proprio quest’ultimo punto che mette in crisi le religioni monoteistiche basate su un dio-persona, cioè dotato di un proprio “Io”, come il cattolicesimo.
E allora questo “Padre nostro” da dove viene? A chi si riferisce?
Per dare ai soliti miei quattro lettori una risposta storicamente fondata, vi ricopio questa antica preghiera, in cui le somiglianze con il “Padre nostro” contemporaneo sono impressionanti:
Oh Amon, Amon, che sei nei Cieli
Padre di Chi non ha Madre.
Quanto è dolce pronunciare il tuo nome.
Dacci come la gioia di vivere, il sapore del pane per il bimbo,
sia fatta la tua volontà come in Cielo così in Terra.
Tu che mi hai fatto vedere le tenebre, crea la luce per me.
Fammi dono della tua grazia, fa che io veda te ininterrottamente!
Amon.
(A. Barucq - F. Daumas, Hymnes et prières de l’Egiypte ancienne, Le Cerf, Paris 1980)
Questa preghiera proviene dall’antico Egitto, da cui storicamente provengono anche gli ebrei. E le cose cominciano a tornare. Il “Padre nostro” non è una preghiera inventata da zero da Gesù, era piuttosto una preghiera rivolta a questo “Amon”, un po’ rielaborata ma abbastanza simile. E quindi, per tornare a quanto scritto precedentemente, in effetti Yahweh non c’entra nulla.
Chi era Amon? E quali caratteristiche aveva? Che vuol dire “Padre di Chi non ha Madre”?
Intravediamo possibili risposte in quest’altra preghiera:
Uno è Ammone, che si ritiene nascosto ad essi [gli dèi],
che si cela agli dèi,
nessuno conosce la sua natura.
Egli è più lontano del cielo
e più profondo degli inferi.
Nessun dio conosce il suo vero aspetto,
la sua immagine non appare nei rotoli delle scritture.
Egli è troppo misterioso per essere svelato,
troppo grande per essere investigato,
troppo potente per essere conosciuto.
Nessun dio può chiamarlo per nome,
egli è simile a Ba,
colui che tiene nascosto il proprio nome come il proprio segreto.
(Inno ad Amon, Papiro di Leida, 1 - 350, strofa 200)
Amon è quindi oltre tutto, infatti “è più lontano del cielo e più profondo degli inferi”. Viene prima degli dèi, infatti “nessun dio conosce il suo vero aspetto”. Amon ha tutte le caratteristiche che nella premessa a questo articolo ho attribuito alla realtà. Mi riferisco alla frase: “[…] ritengo che la realtà non sia conoscibile, né indagabile, né descrivibile a parole, e che vada oltre i concetti di esistenza e di non esistenza”. Questo tipo di realtà è concettualmente sovrapponibile ad Amon, che è “troppo misterioso per essere svelato, troppo grande per essere investigato, troppo potente per essere conosciuto”.
Amon, quindi, è oltre i concetti stessi di maschio e femmina, è oltre ogni realtà, è quell’“uno” da cui è nato tutto, a cominciare da ogni tipo di dualità (maschio e femmina, bene e male, giorno e notte, ecc.). Ma Amon è anche “non nato”, perché viene prima del tempo e dello spazio che sono sue creazioni. In questo senso, è “Padre di Chi non ha Madre”. Ha tutte le caratteristiche del Dio “non persona” di cui ho scritto poco fa, un Dio che non ha un proprio “Io” perché è “tutto”. Più che di Dio, sarebbe opportuno parlare di Amon come di quella Coscienza originaria da cui è nato tutto il resto, dèi compresi.
In tale preghiera, c’è anche scritto che “egli è simile a Ba”. Nell’Antico Egitto, “Ba” è ciò che oggi chiameremmo “Anima”, cioè il principio vitale che si trova dentro gli esseri umani, che è immortale e che, quando il corpo muore, lascia il corpo e “vola” via. Ho usato il verbo “volare” perché, nei geroglifici, Ba viene proprio rappresentato come un volatile con la testa di donna che vola via al momento della morte. La testa di donna indica l’essenza femminile di “Ba”, in quanto archetipicamente l’Anima è femmina. Invece “Ka” è ciò che oggi chiameremmo “Spirito” e che archetipicamente è maschio. Orbene, Amon “è simile a Ba”, in quanto, proprio come Ba, è la Vita.
Noi siamo parte di Amon, ovvero parte della Coscienza universale originaria, ovvero parte di Dio, nel senso precedentemente chiarito. Anzi, siamo la stessa cosa. Ovvero, ciascuno di noi è Amon, è Coscienza, è Dio. Questo è espresso chiaramente da quest’altro inno ad Amon:
Lode a te, Uno, che ti fai milioni
l’Uno soltanto, che creò tutto ciò che è,
l’insigne Ba degli dèi e degli uomini
(Papiro di Bruxelles)
Riassumendo, la preghiera “Padre nostro”, tradizionalmente attribuita a un mito chiamato Gesù ma storicamente rielaborata da una preghiera ad Amon, non è rivolta né a un maschio né ad una femmina, ma a “l’insigne Ba degli dèi e degli uomini”, cioè alla Vita stessa.
Ho scritto “mito chiamato Gesù” perché probabilmente le cose non sono andate come ce le hanno raccontate. All’Israel Museum di Gerusalemme si trova una tavola di pietra, scoperta nei pressi del Mar Morto, su cui ci sono circa novanta versi in ebraico che narrano la storia di un Messia che sarebbe risorto tre giorni dopo la sua morte. L’elemento curioso, e importante, è che la tavola risale a un’epoca antecedente alla nascita di Gesù, e quindi non si riferisce a lui. Inoltre, ci sono varie religioni non cristiane, sparse per il mondo, che hanno un messia con una storia sostanzialmente equivalente a quella di Gesù e con somiglianze ragguardevoli, come la nascita avvenuta il 25 dicembre, la resurrezione dopo tre giorni, e altro. E’ un mito che storicamente si ripete, che è più antico della storia che ci viene tramandata e si trova in varie parti del mondo. Suggerisco a tal riguardo una lettura di “Gesù è mai esistito? Miti, credenze e racconti relativi a "salvatori" morti e resuscitati”.
Per concludere, i vescovi anglicani hanno posto una questione giusta nel merito, ma sbagliata nei presupposti, perché se è vero che il “Padre nostro”, nel senso di Amon, non è né maschio né femmina, ma “è simile a Ba”, che comunque è principio vitale femminile, è altrettanto vero che non si tratta del dio-persona a cui le teologie cristiane fanno riferimento.
E poi, ognuno preghi come vuole. Da quando sono bambino, la preghiera del “Padre nostro” è già stata ufficialmente cambiata tre volte, perché ogni volta la precedente traduzione non andava bene. Ma, per come la vedo io, non è un problema né di traduzione, né di scelta di parole gender-neutral. E’ solo un problema di cuore, a prescindere dal credo religioso e dalle preferenze personali.
(10 aprile 2023)
Gesù è mai esistito? Miti, credenze e racconti relativi a "salvatori" morti e resuscitati

tratto dal capitolo 4 di "Resurrezione Reincarnazione - Favole consolatorie o realtà? Una ricerca per liberi pensatori", di Mauro Biglino, Uno Editori
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Zoroastro
Lo zoroastrismo prevedeva la resurrezione corporale dei morti a seguito di un giudizio finale esercitato da Dio. Il dio Mazda opera tramite lo Spirito Santo, di cui è Padre; ha come nemico uno spirito malvagio, signore delle tenebre, che si è ribellato così come il Satana della religione cristiana.
Il mondo deve attraversare tre ere: la creazione iniziale, il mondo presente, in cui il Bene e il Male si contrappongono, e l’era finale, in cui Bene vincerà sul Male, grazie all’intervento di un Saoshyant (“salvatore”), nato da una vergine della stirpe del profeta Zoroastro, che risorgerà dalla morte per costituirsi giudice alla fine dei tempi.
Zoroastro fu probabilmente il primo a predicare la resurrezione dei morti nel giorno del giudizio universale, quando l’uomo sarà chiamato a rispondere della sua condotta.
Osiride
Osiride, dio egizio, viene ucciso dal fratello Seth e successivamente riportato in vita. Il mito egizio narra che Osiride ha portato la civiltà agli uomini, insegnando loro come coltivare la terra e produrre il vino e per questo era molto amato dal popolo. Seth, invidioso del fratello, cospirò per ucciderlo: lo fece entrare con l’inganno in una cassa e la gettò nel Nilo facendolo annegare.
Iside, con l’aiuto della sorella Nefti, riportò Osiride alla vita ma Seth riuscì a ucciderlo una seconda volta, fece a pezzi il suo corpo e nascose le parti in luoghi diversi. Iside trovò i vari pezzi e lo riportò in vita. Successivamente Osiride andò negli inferi per giudicare le anime dei morti e tornerà sulla terra dei vivi per governare in eterno e con lui si affermerà la vittoria definitiva del Bene sul Male.
Attis
Attis, divinità siriaca, muore e risorge in occasione dell’equinozio di primavera. Molte sono le leggende relative a questa divinità e molte sono anche le analogie con il cristianesimo. Attis nasce il 25 dicembre dalla Vergine Nana; nel “Venerdì nero” viene crocifisso a una pianta; scende nel mondo sotterraneo e dopo tre giorni risuscita, il 25 marzo. Egli era definito sia “Figlio divino” che “Padre”. Il suo corpo veniva mangiato come pane dai suoi adoratori e i suoi sacerdoti erano eunuchi per il regno del cielo. Chiamato anche “Figlio unigenito”, era considerato il salvatore ucciso per la salvezza dell’umanità. Come salvatore era adorato dai frigi, che lo rappresentavano legato (o inchiodato) a una pianta, ai piedi della quale c’era un agnello. Apollo di Mileto narra che «era un mortale secondo la carne; saggio in opere miracolose. Ma, arrestato da una forza armata per ordine dei giudici caldei, subì una morte resa amara da chiodi e pali.»
Mitra
Mitra, divinità persiana, muore e risorge. La religione cristiana avversò sempre il mitraismo come il concorrente più pericoloso.
Va rilevato che il mitraismo condivideva con il cristianesimo molti elementi: dalle origini mediorientali alle lustrazioni (battesimo), dalla resurrezione dei morti alla coincidenza della celebrazione della natività fissata il 25 dicembre, in concomitanza con il solstizio d’inverno, da entrambe le religioni.
Una delle leggende riguardanti la nascita di questa divinità, che si fa uomo per salvare il genere umano sconfiggendo il male, narra che il dio decide di venire al mondo incarnandosi nel ventre di una vergine, e vede la luce in una grotta.
Mitra abbandonò infine il mondo terreno per tornare in cielo 33 anni dopo essersi incarnato.
Quetzalcoatl
Il dio piumato tolteco Quetzalcoatl era considerato simbolo di morte e resurrezione dagli aztechi, che ne attendevano anche il ritorno in un tempo futuro. Come Osiride, questo dio portò saggezza e conoscenza, introdusse le pratiche agricole e le leggi, il calcolo matematico e l’uso dei calendari.
Quetzalcoatl visse un episodio che ricorda lo scontro tra le divinità egizie: ebbe un duro scontro con il dio Tezcatlipota al seguito del quale decise di andarsene, promettendo che sarebbe ritornato.
Dioniso
Il dio greco Dioniso muore e risorge ogni anno all’equinozio di primavera. Secondo Esiodo il dio viene fatto a pezzi dai Titani, che lo divorano, ma egli risorge. Le baccanti, sue sacerdotesse, divorano animali ed esseri umani perché nelle carni crude è presente proprio questa divinità che muore e risorge, e, sacrificandosi e donandosi agli uomini, fa continuamente morire e risorgere chi si unisce a lui.
Atahualpa
La religione inca afferma la resurrezione dei morti, almeno per gli imperatori: lo stesso Atahualpa affronta con coraggio gli invasori europei e la morte, certo com’è della sua futura resurrezione.
Il Libro egizio dei morti
Il Libro egizio dei morti è stato scritto per fornire al defunto risorto nell’altro mondo indicazioni utili al raggiungimento di un paradiso di beatitudini, peraltro molto simile a quello cristiano. È una raccolta di testi funerari di epoche diverse, contenente formule magiche, inni e preghiere che, per gli antichi egizi, guidavano e proteggevano l’anima (Ka) nel suo viaggio attraverso la regione dei morti.
La conoscenza di questi testi doveva garantire all’anima la certezza di sconfiggere i demoni che le ostacolavano il cammino e di superare le prove poste dai 42 giudici del tribunale di Osiride. In particolare il testo doveva servire a preparare la testimonianza sulla sua condotta in vita, che il defunto doveva fornire. Quando il defunto compariva davanti al tribunale di Osiride, si discolpava con una serie di formule che sono curiosamente richiamate dai dieci comandamenti forniti da Mosè al popolo ebraico nel corso dell’Esodo; tra le altre cose l’anima diceva infatti:
«Non ho ucciso uomini, non ho detto il falso, non ho rubato, non ho commesso cattive azioni, non ho bestemmiato il nome del dio, non ho fatto l’amore con la donna di altri...»
Per facilitarne l’utilizzo, il papiro era posto nella tomba, o direttamente nel sarcofago, assieme a tutto ciò che era ritenuto utile per il viaggio dell’anima.
Kechari mudra
Lo yoga tantrico conosce una pratica che si chiama Kechari mudra, attraverso la quale l’adepto raggiunge uno stadio di morte apparente da cui successivamente viene richiamato in vita. Kechari mudra significa “chiusura della lingua” e la tecnica consiste nel far assumere a questo organo una posizione dalla quale può solleticare la parte molle del palato con un movimento ritmico e continuo, capace di stimolare le ghiandole poste nella regione cervicale e aumentare la produzione di determinate sostanze chimiche, in grado di agevolare la percezione di realtà sottili.
Particolarmente interessata dagli effetti della tecnica sarebbe la ghiandola pineale, con relativa secrezione di una sorta di fluido contenente la serotonina, precursore delle endorfine. Uno degli effetti di questa pratica pare essere la dilatazione delle percezioni, l’arresto delle attività mentali e il conseguimento di uno stato di abbandono totale, simile appunto alla morte.
Tutte le forme iniziatiche di spiritualità conoscono pratiche simili (egizi, esseni, indu, ecc.).
Il Messia risorto giudaico
Nello stesso ambiente giudaico, poi, l’idea non era nuova. All’Israel Museum di Gerusalemme si trova una tavola di pietra, scoperta nei pressi del Mar Morto, su cui si trovano circa novanta versi in ebraico che narrano la storia di un Messia che sarebbe risorto tre giorni dopo la sua morte. L’elemento curioso, e importante, è che la tavola risalirebbe a un’epoca antecedente alla nascita di Gesù, e quindi non si riferisce a lui...
La resurrezione dei morti è dunque un argomento molto complesso, articolato, assolutamente non univoco nella presentazione e nella rivelazione; argomento che ha subito continue elaborazioni e riscritture alla luce degli eventi e delle attese fideistiche delle varie comunità distribuite tra la Grecia e il Medio Oriente.
[...]
The Religion of the Last Struggle

Also available in Italian
In the Temple of Life, the masters of humanity were gathered together. There were all men and women of great spiritual stature and in direct contact with Universal Wisdom, who have given precious and sacred teachings to the beings most in need of help over the millennia. All other celestial beings know them as the "friends of human beings." Some of them are very well known and have left a significant following. Of others, little is known. Of others still, the memory has been lost. Yet all of them, in the great Assembly called with urgency, know each other. All of them have left a deep and indelible trace in the history of humanity. Some were prophets, others founders of religions, others philosophers, others scientists, and still others ordinary people, even of humble condition, but with an immense Love. In the great Assembly, each spoke their language and wore their time clothes, yet they understood each other.
The Great Assembly had been convened to discuss what to do. In the Temple of Life, angels and demons, each one for their function and knowledge, continuously reported what concerned the most lost beings in the universe: humans. The Prayer Listeners, beings of deep Love who listen to everyone, believers and non-believers, people of faith and atheists, fools and wise, fanatics and balanced, reported the main concerns and needs of human and non-human beings living on Earth. Their wisdom is so deep that they could recognize the same essence in all prayers in front of the Assembly.
There was a mixed atmosphere of tension, anger, concern, disappointment, compassion. The masters of humanity, the friends of human beings, were well aware that their teachings had been twisted and reshaped by a long and sinful tradition. Still, they would never have imagined such a devastating and dramatic situation. They knew well the trend of the times and the spreading infectious germ. The last century seemed to be the beginning of human beings' individual and collective Apocalypse because of their dirty minds and poisoned hearts. A severe and robust clarification addressed to all people of every culture and place on Earth was necessary, this time with a single voice.
A voice asked what they foresaw. The masters of humanity looked at each other. Then the common concern was expressed in verse:
Without air they cannot breathe,
without the Internet cannot
even think anymore.
Everything connected to everything,
in a grand artificial intelligence,
capable of everything,
except for the essential.
It's a tremendous infernal machination.
Technology is their creed and their trust,
bitter fruit of a science without orientation,
that has lost discernment of ethics,
sad slave of a neoliberalism source of perversion:
limitless their disappointment,
when it will happen
the great failure.
On that day, they will realize that they have lost everything,
dignity and freedom will be meaningless words,
the fallacious algorithms will no longer be of help,
but only an obstacle to their livelihood.
Nourished by unreality, incapable of affection,
they will no longer know what is alive,
nor what is an illusion
of the deceitful intellect.
Then a basaltic flow,
to start all over again.
Everyone fell silent. The basaltic flow evoked the individual and collective Apocalypse.
The countless sufferings of human and non-human beings on Earth were all in their hearts. In their own way, each had spoken for the peace and safety of all living beings in the manner most appropriate to their time and place. Yet they had not been understood: people have attributed not spoken words and not happen deeds to them. They were seeing the beings of the Earth drowning in a sea of suffering, without humans being able to distinguish what was more urgent for their good and what was procrastinating, what was necessary and what was superfluous, what was true and what was false.
The more time passed, the more chaos reigned supreme on Earth. The great deceiver and thief of life, the Demon King, had taken possession of the most influential men and women on the planet, including religious leaders and political leaders, as well as sending his army to occupy the mass media, schools, universities, and some of the places of science. He had managed to penetrate deeply into the individual and the collective unconscious. He succeeded in making people believe the great lie that the sum of everyone's selfishness can lead to happiness. He even brainwashed humanity with the great lie that Mother Nature is based on competition (i.e., war) rather than collaboration (i.e., inter-being, inter-dependence, co-evolution).
After listening to the angels, the demons, and the Prayer Listeners, the Universal Wisdom asked the masters present in the Assembly, who were the expression and will of the same Wisdom that addressed them, what human beings considered essential for themselves, what the most lost people deemed fundamental for their living.
In turn, they began to answer, but sometimes the words became agitated, and the speeches overlapped. The answers started to become long and articulate. Until someone dared to pronounce the Great Blasphemy: at that point, a great thunderbolt of anger and resentment frightened everyone, the sky turned from bright to black, and then only silence remained. The Great Blasphemy was the phrase "mors tua vita mea," the foundation of neo-liberalism on which most people on Earth base their lives.
Gradually the light began to return. The Assembly, who had remained silent, understood that they had mentioned the worst problem of their human friends.
Then the Universal Wisdom said: «There is too much unnecessary suffering and too much stupidity that generates it. When you have had the opportunity to express yourselves among other people, you have done so by reporting what I suggested. I have made revelations through my envoys more than once, but few people today are ready to understand because there is too much confusion, too much distraction. The grip of the needs imposed by the Demon King is too firm. There is too little Love for Life. The bewilderment and the lack of meaning of existence are too strong.
People today live in the "learned" inability to Love, learned from their false teachers, false parents, false friends, and false leaders. Human beings are complete, perfect, and divine, but they feel incomplete, wrong, and often turn into hell the most beautiful and marvelous things they have. The most insane, perverted, and seriously ill people exalt transhumanism or post-humanism: they are the most incapable of loving and rejoicing in life. They have infinite gifts, yet they are often ungrateful and blasphemous.
Today's religions fail in their primary objective, exchanging gold for stones, the necessary things for the not needed, and spending rivers of words on trifles and not a single word on the only noble and urgent truth and necessity. Now I would like you to make a unanimous statement, because today's religions and philosophies serve the worst demons when they deviate from their primary goal and their one actual teaching, which is: "Kill the urge to kill, do not create unnecessary suffering, feel part of the Great Life that unites everything and rejoice in it, with gratitude and respect." Any religion or philosophy that fails to say this and does not put it first is a grave offense and blasphemy. Likewise, any religion or philosophy that educates the human being to kill the urge to kill, not to create unnecessary suffering, and to feel part of the Great Life that unites everything, rejoicing in it with gratitude and respect, is a true religion and philosophy. This is the last chance, the last struggle before everything is destroyed.
Now express yourselves, then the Listener of the Assembly who is seeing and hearing all this, participating in the Assembly as in a vivid dream that sleep is not, will transcribe it and report it to others. What you say will be the foundation of a new religion that will bring all religions together by directing them to the essential. And, at the same time, it will be a religion that will deeply respect and accept as valid every other existing religion that is in agreement with what you will say.»
The Universal Wisdom, which in the various times and places known to human beings showed up under different names and forms, had expressed itself. The order was clear.
The friends of human beings, masters of humanity, discussed and quickly agreed on the essentials. They knew how to precisely distinguish what is true from what is false, what is urgent from what is not. Each one continued to speak in their own language and express themselves according to the symbolism of their culture, yet they understood each other because the heart that animated them was the same. The answer was:
«The foundation of the "Religion of the Last Struggle," aimed at the salvation not only of human beings but of the entire Planet Earth and in accord with Mother Nature, is as follows. Many already embrace this creed and live it. The following words are the ones that every human being who is sane in mind and heart or aspires to heal to become sane again will have to engrave in their lives.
Foundation of the Religion of the Last Struggle
We are in a terminal, apocalyptic period because the violence and dullness of human beings have become unsustainable for all living species on the planet. Let's face it peacefully, doing our part in a direction that goes towards the planet's salvation, a living whole of which we are part. For this reason, we choose as our top priority to be vegan and not to establish dominance over other people.
Food is holy because life is holy, but food produced by violence, contempt for life, and massacres is poison for us. After unspeakable torture and genetic manipulation, the food produced by killing the same number of land animals every three days as many people killed by all the criminal wars of human history (619 million) is poison. A so potent poison that it will condemn us to have nothing to eat in the end. Even the seas and oceans are suffering like terminal patients and, in their silence, are crying out for our help because with the current trend of fishing activities, by 2050, they will have no more life to host.
We deny the right, the power, the authority, and the dominion of which the human ego has often arrogated to itself over the weakest, considered inferior, for the sole purpose of endorsing its perverse aims, justifying every environmental devastation and every massacre of people, in other words justifying its own self-destruction.
In addition to being against our health, already compromised by human activities that made much of the planet unlivable, this consumption means collaboration towards our extinction. That's why we reject the consumption of animals and their derivatives as aberrant. We also perceive as abhorrent the continuous misinformation aimed at distracting us as much as possible from the urgent need for inner, family, social, political, and economic changes that strive to respect life and the salvation of humanity. Similarly, we refuse to identify with any form of spirituality, philosophy, and religion that, while preaching the good, does not warmly invite us to sober consumption, veganism, not to make us accomplices of the continuing brutal massacres.
Our world has become an empire of suffering at the hands of psychopathic multinationals who are only interested in profit. Like a lighthouse that shows us the way through the stormy and devastating night of humanity, we consider non-violence, correct information, and not feeling superior to anyone as the only direction to take. We believe that the moral progress of a people goes hand in hand not only with the way people relate to each other but also with the way animals and territory are treated and protected. Aware of our limits and our shadows, we are committed to this. Aware of the unequal struggle against a way of thinking and acting rooted in all levels of society and even in our individual and collective unconscious, we commit ourselves to keep our Love for life strong and act accordingly.
Courage and intellectual and moral gifts will support us. The power of the word that frees us from sadness and daily burdens is our way of life. Love is our faith.
Thank you.»
Thus expressed the Assembly that established the Religion of the Last Struggle following the invitation of Universal Wisdom. This religion has no leaders, no hierarchies, no further teachings beyond this one. Any future deepening will be such only if following the foundation.
A place of worship is any place on Earth. Prayer, atheist or religious, is as the practitioners prefer, as long as it is in accord with the foundation of the Religion of the Last Struggle.
The textual or multimedia material to be studied, at the free choice of the practitioner, is preferably that which can enhance one's understanding of self, Life, and Mother Nature.
Faithful practitioners of this religion are all those who recognize themselves in its foundation and who sincerely consider it a priority. Practitioners are strongly urged not to misjudge non-practitioners, detractors, or those who offend, despise, or deride the Religion of the Last Struggle. The sincere and constant daily application in actions and way of life of the Religion of the Last Struggle will be worth more than any talk and the only way to wipe out the evil demons that attack it. Today's demons are very skilled at persuading with words, adept at making lies seem real, and have allies everywhere, so let's be careful.
All of us practitioners are urged to always keep a spirit of research that sweeps away all the lies the Demon King has indoctrinated us. The spirit of research is the only antidote to both non-knowledge and fanaticism. For any doctrinal or philosophical doubt, each of us is invited to address directly to the Universal Wisdom without intermediation because each of us is part of it, and it will manifest itself to them in the most suitable form. For every scientific and theoretical doubt, each of us can constantly increase their awareness of this holy life practice through serious study, guided by: the spirit of research, compassion, gratitude, willingness to discover new things, courage to set aside old ideas, and dialogue with people from whom we can learn. For any methodological doubts and other difficulties, each of us can turn to a skilled physician who shares the same faith expressed by the Religion of the Last Struggle and who is seriously trained and knowledgeable.
The symbol representing the Religion of the Last Struggle is called "Pucio." It can take many artistic forms at the free choice of practitioners and means "Love and Care for Life." An example of Pucio is the "Loving Hand" of the following picture:
The Assembly Listener,
March 28, 2019
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