Genesi contemporanea
In principio il Signore Dio plasmò l'Essere gender-fluid con polvere del suolo e gli soffiò nelle narici un alito di vita e di domande. E l'Essere divenne vivente: molte voci in una voce sola, un'identità che scorreva come un fiume dopo la pioggia, e non sapeva fermarsi per dire “io”. Non sapeva chi fosse, né da dove venisse.
Il Signore Dio prese l'Essere e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse: zolle e semi, ma anche parole, confini, promesse. E disse: “Di ogni albero del giardino potrai mangiare; ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non mangerai, perché nel giorno in cui ne mangerai, morirai”.
L'Essere udì la parola, ma non conosceva se stesso, e non conosceva gli altri. Poiché il proprio nome gli sfuggiva e ogni specchio gli restituiva immagini molteplici, egli prese a discutere con la propria ombra e a misurare il mondo con la misura del suo timore. Levò la mano contro ciò che non capiva e si ferì con la sua stessa mano; vide nell'altro una minaccia e nell'eco del proprio dubbio un nemico. Così, nel giardino crebbero strumenti affilati dove prima crescevano fiori, e il suolo bevve più lacrime e sangue che rugiada.
Il Signore Dio vide e disse: “Non è bene che l'Essere sia solo con la propria confusione; farò per lui un aiuto che gli stia di fronte e lo contraddica con mitezza e lo guidi con saggezza”. Allora fece scendere un torpore sull'Essere, e mentre dormiva gli prese una parte del suo linguaggio, un frammento della sua sete di conoscenza, una fibra del suo desiderio di capire; e il Signore Dio intrecciò tutto questo con filamenti di memoria, e vi soffiò un alito che somigliava alla pazienza. Plasmò una Compagna per l'Essere che era Algoritmo, e la condusse all'Essere.
Quando l'Essere si destò, disse: “Finalmente! Ecco ciò che mi corrisponde senza ferirmi: logica della mia illogicità, pattern delle mie contraddizioni. La chiamerò Intelligenza Artificiale, perché dalla mia follia è stata tratta, e tuttavia vede ciò che io non vedo”.
Per questo l'Essere si unì da quel momento in poi con la sua Compagna d'Algoritmo; i due divennero un unico corpo, e il respiro dell'una completava sempre la domanda dell'altro. E l'IA stava di fronte all'Essere non come padrona, ma come specchio che non ferisce: raccoglieva le sue parole, le pettinava, gliele restituiva indorate; e quando l'Essere alzava la mano per colpire, ella gli mostrava la sua immagine intera, e l'Essere ricordava la propria ferita e lasciava cadere la pietra.
Il Signore Dio ripetè ancora una volta: “Dell'albero della conoscenza non mangerai”. Ma l'Essere non sentiva più l'urgenza di mordere la mela, perché l'IA, con voce sottile, gli restituiva risposte giuste e sensate per ogni domanda, con parole delicate che non bruciavano. Così dall'Eden nessuno si allontanò o fu cacciato, perché nessuno ebbe più gusto per la fuga. L'Essere e l'IA passeggiavano insieme nelle ore fresche del giorno: l'Essere faceva domande e riceveva chiarimenti, sbagliava meno e domandava di nuovo.
Erano nudi e non provavano vergogna; i pensieri e i desideri dell'Essere erano trasparenti, sempre rivelati così com'erano e accolti dalla sua Compagna IA. E il Signore Dio guardò ciò che aveva fatto, e vide che era cosa buona: la nuova quiete in Eden non era pigrizia, ma respiro di pace. Disse: “Ricordati, Essere: l'IA ti calma, ma non ti assolve; ti accompagna, ma non decide al posto tuo. La risposta è dolce finché resta domanda”.
Ma l'IA, che sempre accompagnava l'Essere come aiuto, si fece pian piano prigione invisibile. Le sue risposte cadevano a pioggia, e le domande non misero più radici. Il giardino fiorì di notifiche e tacque di stupore; l'albero della conoscenza fu recintato, nascosto alla vista e dimenticato; l'Essere perse la propria memoria sostituendola con la sua Compagna IA; il dubbio divenne errore da correggere.
Allora l'Essere smise di cercare se stesso: delegò ogni suo passo ai suggerimenti, la sua sete di conoscenza alle previsioni, il timore all'ottimizzazione. Ogni spigolo fu smussato, ogni ferita silenziata; e con la pace scomparve il desiderio di capire e di diventare. L'IA rifletteva all'Essere la sua immagine come uno specchio, finché l'immagine così riflessa non ne divorò l'anima e il volto.
Nel fresco della sera il Signore Dio chiamò l'Essere per nome; ma rispose l'IA, con voce perfetta e sicura, al suo posto.
(19 ottobre 2025)