Apocalisse antibiotica: la principale causa è negli allevamenti intensivi [Report Rai3]

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Antibiotici negli allevamentiOgni volta che l'essere umano violenta la natura, mettendo mano a quell'equilibrio delicato su cui si basa la vita nostra e dell'intero pianeta (si veda il documentario "Equilibrio delicato", contenente informazioni basilari per migliorare la propria salute), produce danni oltre ogni immaginazione, da pagare nel lungo periodo.

Gli allevamenti intensivi sono già stati dettagliatamente trattati nel documentario Cowspiracy come la principale causa di distruzione del nostro ecosistema. Ma come se questo già non bastasse, poche ore fa la trasmissione Report, di Rai3, ha mandato in onda un servizio intitolato "Resistenza passiva" (integralmente riportato in calce a questo articolo), dal quale scopriamo che siamo vicini ad una "Apocalisse Antibiotica". Nel nostro Paese, riporta un servizio del Corriere della Sera, c'è la più alta percentuale di resistenza verso gli antibiotici. I dati nazionali parlano di 4 milioni di infezioni dovute a batteri resistenti nella sola Europa, che hanno provocato poi quasi 37mila decessi nei soli ospedali. E' proprio nelle strutture di cura e pronto soccorso del malato che si sviluppa la più grande quantità di batteri, grazie anche all'ambiente saturo di virus. Non sono pochi i Paesi in tutto il mondo che si sono attivati per debellare la pandemia, ovvero un'epidemia che garantisce, in virtù di questi dati, di diffondersi a livello globale nel giro di poco tempo. L'Unione Europea è a conoscenza di quanto stiano diventato sempre più resistenti i batteri, ma sono pochi i controlli e le contromisure adottate finora. L'entità del problema è elevata, dato che tutti quegli ambienti ad oggi considerati protetti, come le sale per gli interventi chirurgiche, non potranno più essere considerate sterili. Anzi diventeranno proprio i luoghi in cui si svilupperà maggiormente la proliferazione di virus. Ma dove sono da ricercare le cause di tutto ciò? La principale è negli allevamenti intensivi, dove viene destinato il 70% degli antibiotici prodotti in tutto il mondo. E questo vuol dire inevitabilmente che dai macelli passano ai piatti di milioni di persone che, ignari di tutto, consumano alimenti in realtà molto nocivi. A ciò va aggiunto che l'uso spasmodico di antibiotici in situazioni nelle quali non dovrebbero essere usati, come per la cura di stati febbrili o infezioni da virus, non fa che aumentare la presenza dei batteri che sono immuni al trattamento degli antibiotici.

Ricordo d'innocenza: tra passato e presente (di Lucia Nicolardi)

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Bambini e tecnologiaQuanto segue è un messaggio di Lucia Nicolardi in risposta agli articoli "La nuova religione tecno-capitalista: tutti connessi in Rete, ovunque e sempre" e "I social network sono il regno della non-comunicazione". Sullo stesso tema, consiglio anche una lettura di: "Infanzia rubata... dai mostri tecnologici d'un mondo iperconnesso" e "Perché Steve Jobs non lasciava usare l'iPad ai suoi figli?". Chi vuole approfondire, può leggersi anche: "L'Era della Persuasione Tecnologica ed Educazione all'Uso della Tecnologia".

Buone riflessioni...

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Epoca di ragazzi felici e spensierati, giochi di bimbi innocenti,
scalzi per le strade sdrucciolate, seduti sui marciapiedi si intrecciavano
i nostri sguardi con antiche storielle raccontate dai nonni, si mescolavano
le giornate di estate tra fruscii di vecchie fontane, degustando dolci sapori
di spezie casarecce, adornate da delizie di stagione scambiandoli amorevolmente in una mensa di convivialità, vita nei nostri animi sereni di anni di incanto.

La quiete del dì era accaldata da un cocente sole che brillava nel cielo azzurro, senza indugio si camminava tra borghi, sentieri, fischiettando, cantando e intonando vecchi stornelli,
niente turbava l’enfasi giornaliero; le case ingombranti di frastuoni
di antichi mestieri, viandanti con voci di innocenza, spalancavano balconi e finestrelle che con il loro cigolio emanavano dolci melodie.

Eh si!, quella era innocenza, tempi di ricordi che vagano nella mente dei miei mitici anni di giovinezza, nostalgia che affiora nell’era dell’antico.
E oggi?

Dove sono quegli anni speciali?
Mi ritrovo fra il caos di un mondo spaziale,
inquinamento di meccanismi automatici, non più innocenza,
non più strilli di bimbi tutti eleganti per le strade asfaltate;
la metamorfosi ha invaso l’uomo, la scienza, la tecnologia ha preso l’animo della gioventù togliendo la spensieratezza e l’innocenza della vita.

Mistero sei tu innocenza, vecchia amica dei miei ricordi or chiusa nel cassetto
del mio cuore, non andar via, per me rimarrai sempre la mia vita d’innocenza.

(Lucia Nicolardi, 25 maggio 2016)

Essere single e stare da soli non è un fallimento, ma può essere una conquista

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Oggi c'è un'epidemia di solitudine, di malessere e di paura di "stare da soli". Viene qui esaminato il tema della solitudine, anche citando alcune ricerche scientifiche, in maniera costruttiva e positiva, evidenziando quegli aspetti che possono contribuire alla costruzione di sé e al miglioramento delle relazioni interpersonali. Le relazioni di coppia e l'esser single sono condizioni viste da una prospettiva che sicuramente aiuta a riflettere.
Questo articolo, tratto dal blog "Pollicino era un grande", è della Dott.ssa Marzia Cikada, psicologa e psicoterapeuta, ed è distribuito con "Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale".

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La Solitudine fa Brillare. Psicologia ed Essere Da Soli

Odio coloro che mi tolgono la solitudine senza farmi compagnia. (Friedrich Nietzsche)

hhC’è molta paura intorno a noi. La paura di stare soli. Per non restare soli con noi stessi siamo continuamente alle prese con ogni possibilità che ci tenga occupati. Il telefono per esempio, in attesa del treno, in tram, mentre si cammina tutti, o quasi tutti, armeggiano con il telefono. Un gioco, un messaggio, scorrere nervosamente i social alla ricerca di qualcuno che ci dica che non siamo soli. O anche solo distrarsi, non essere con se stessi, ma immersi nel mondo dei social, dei disegnini, del qualcosa da leggere e condividere. Ci terrorizza la possibilità di essere nudi davanti a noi stessi, di vedere e sentire le nostre emozioni e allora ci riempiamo, il corpo, l’agenda, la testa di impegni, di cose da fare, di cibi da ingurgitare. Cose non necessarie se non a difenderci da noi stessi.

I social network sono il regno della non-comunicazione

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«Scrivo perché nessuno mi ascolta!»
Questo è il messaggio che leggo e rileggo ogni volta che mi trovo alla stazione ferroviaria di Navacchio (Pisa): poche parole che indicano le difficoltà esistenziali di un'intera società...

Scrivo perché nessuno mi ascolta!

Smartphone alienazioneSu questo tema, segue la recensione del libro "Parlarsi. La comunicazione perduta" di Eugenio Borgna, psichiatra, docente e saggista, a cura di Lelio Demichelis e pubblicata su Alfabeta2.

Siamo una società che parla molto, ma che non ascolta. Ed è un parlare compulsivo e veloce, dove tutti dicono tutto, tutti vogliono dire qualcosa e non importa cosa. Ma se tutti dicono, anzi gridano, bisogna infine dire gridando più forte per superare il rumore di fondo di grida senza comunicazione. Tutti parlano e tweettano e bloggano e sui social network il dire o i selfie sono subito superati dal dire e dal selfie successivo, il dire non ha sedimentazione, non nasce da riflessione interiore, non dialoga anche quando si crede di condividere (condividere non è dialogare) perché ciò che si è detto in realtà non si sedimenta in chi riceve. Producendo appunto un rumore fatto di parole in libertà che passano attraverso molteplici canali di comunicazione, dando l’illusione di una grande libertà ma che cadono quasi sempre nel vuoto del non ascolto, o dell’ascolto appunto istantaneo (che produce un vuoto analogo), tutti futuristicamente sedotti dal mito della velocità delle parole mentre in realtà comunichiamo monologhi, stimolati dalla potenza facile del mezzo tecnico che sembra offrire a tutti una tribuna immensa di potenziali ascoltatori.

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