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Il grande tradimento del software libero nell'era del tecno-feudalesimo

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Perché parlarne oggi

Per anni abbiamo creduto che aprire il codice avrebbe significato anche più libertà e più potere: più controllo per chi usa il software, più trasparenza, più collaborazione. Quell’idea era ed è giusta e ha prodotto strumenti fondamentali e una cultura di condivisione. Il software libero è stato alla base delle mie attività di programmatore, e continua ad esserlo. Oggi, però, il terreno è cambiato.

Il valore non si concentra più nel programma installato sul nostro computer, ma in dati, modelli statistici e reti di distribuzione controllate da pochi attori. In questo nuovo contesto, gli ideali originari del software libero vengono spesso traditi, pur senza essere negati frontalmente.


Che cos’è il software libero, in parole semplici

Nel 1986, Richard Stallman ha definito il software libero non come “software gratis”, ma come software che rispetta la libertà dell’utente e della comunità. L’idea si riassume in quattro libertà:

  1. Libertà di eseguire il programma come si desidera, per qualsiasi scopo (libertà 0).
  2. Libertà di studiare come funziona il programma e di modificarlo in modo da adattarlo alle proprie necessità (libertà 1). L'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito.
  3. Libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare gli altri (libertà 2).
  4. Libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti da noi apportati (e le nostre versioni modificate in genere), in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio (libertà 3). L'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito. 

In pratica possiamo guardare “dentro” il programma, capirlo, modificarlo e diffonderlo senza chiedere permessi speciali. Le licenze copyleft o permissive sono gli strumenti legali che rendono tutto questo possibile.

L’idea chiave era (ed è) che se controlliamo il codice, controlliamo il comportamento del software. Oggi, però, il comportamento dipende sempre più da fattori fuori dal codice.


L’ideale più importante: la comunità

Il software libero non è solo una questione di licenza, ma una pratica collettiva. Ci si aiuta a vicenda, si impara guardando il lavoro altrui, si costruiscono strumenti pubblici che chiunque possa usare. La comunità:

  • Distribuisce conoscenza: tutorial, issue, commit, documentazione.
  • Distribuisce potere: se un progetto non piace, si può forkare (creare una variante) e provare una strada diversa.
  • Riduce barriere: chiunque può entrare e contribuire, anche partendo da piccole cose (traduzioni, test, bugfix).

Senza comunità, il software libero sarebbe solo codice pubblicato; con la comunità, diventa bene comune.


Cosa oggi tradisce gli ideali del software libero

Gli ideali della Free Software Foundation — controllo da parte dell'utente, ispezionabilità, modificabilità, interoperabilità, comunità — non vengono attaccati direttamente. Semplicemente, la partita si gioca in un campo diverso.

1) Il codice non basta: asimmetria informativa tra utenti e grandi piattaforme

Oggi il valore è soprattutto nei dati e nei modelli, non nel codice.

  • Se non abbiamo accesso agli stessi dataset e alla stessa pipeline (le tappe con cui i dati vengono raccolti, puliti e trasformati), anche disponendo del codice non possiamo riprodurre risultati reali. In realtà non disponiamo né del codice né dei dati, anzi, spesso siamo noi stessi i dati.
  • Nei servizi cloud e SaaS (software come servizio online), ciò che sperimentiamo dipende da codice remoto invisibile, metriche di ranking (indicatori e regole che decidono l’ordine di post, risultati, prodotti), telemetria (segnali su come usiamo il servizio), feature flag (interruttori che attivano funzioni a gruppi di utenti), parametri di personalizzazione che costruiscono una "filter bubble" (bolla di filtraggio) diversa per ciascun utente.
  • La configurazione operativa e le politiche dei servizi online possono cambiare in ogni momento, senza che l’utente sappia come e perché.

In termini pratici, la libertà formale (uso di software libero “da qualche parte nello stack”) non diventa potere e libertà realeIn altre parole, nella “catena” tecnologica di un servizio (cioè nello stack) ci sono pezzi open-source (kernel, web server, database, librerie, container, ecc.) ma i livelli che determinano davvero l’esperienza e il potere dell’utente restano chiusi, anzi, sono costruiti proprio per evitare che l'utente abbia potere. Il fornitore sa tutto di tutti gli utenti, ma ciascun utente non sa nulla né del fornitore, né dei condizionamenti e ruberia di dati che costantemente subisce. In pratica il fornitore può dire “usiamo open source”, mentre l’utente non può studiare, modificare o sostituire ciò che conta, né sapere quali dati vengono elaborati.


2) Lock-in degli ecosistemi mobili e social

Gran parte della nostra vita digitale passa dallo smartphone e dai social, cioè ecosistemi proprietari. In questi sistemi si crea vendor lock-in: una dipendenza dal fornitore o dalla piattaforma tale per cui cambiare diventa troppo costoso o complicato, quindi si resta anche quando si vorrebbe migrare altrove. Esistono alternative a molte piattaforme (anche open source), eppure è difficile sganciarsi. Banalmente, giusto per fare un esempio, esistono mille alternative a YouTube, migliori da molteplici punti di vista, a cominciare dalla libertà di pubblicare contenuti giornalistici senza censure, eppure chi è fuori Youtube è come se non esistesse. Inoltre:

  • App store e SDK proprietari: per distribuire un’app, ricevere pagamenti, inviare notifiche o usare funzioni di sistema (fotocamera, Bluetooth, identità) bisogna seguire policy e API della piattaforma. Anche se l’app è libera, il suo ciclo di vita dipende da scelte non negoziabili. Inoltre, sia Google che Apple impediscono sistematicamente la pubblicazione di determinate app e pretendono commissioni alte su tutti i pagamenti eseguiti dagli utenti dentro le app.
  • Reti sociali e messaggistica: il valore principale è nel grafo sociale (chi conosciamo, chi ci segue, con chi parliamo). Il codice è portabile, ma la rete di relazioni no. Si resta dove stanno gli altri.
  • Interoperabilità “a tempo”: alcune integrazioni tra piattaforme sono concesse, ma con limiti e condizioni che possono cambiare. Basta una modifica ai termini per rendere fragile qualunque integrazione esterna. Ad esempio, possiamo creare un client libero per un social network, ma se il social cambia regole o API, quel client smette di funzionare.

3) IA predittiva e IA generativa: come spostano il baricentro (ben oltre il codice)

Software libero e intelligenza artificiale sono due paradigmi opposti di umanità e disumanità. Tuttavia, quando parliamo di intelligenza artificiale, dobbiamo ricordarci che non è un blocco unico: raccoglie tecniche e finalità diverse, con implicazioni differenti per libertà, trasparenza e potere.

Due famiglie oggi determinanti — IA predittiva e IA generativa — spostano il baricentro ben oltre il codice: la prima mercifica il comportamento, la seconda esternalizza capacità cognitive verso servizi opachi, funzionando come una specie di "stampella" per la mente.

a) IA predittiva: il comportamento come prodotto

I modelli predittivi a larga scala trasformano ogni azione (clic, acquisto, tempo di visione) in segnali che aggiornano il modello. I mercati digitali non vendono solo prodotti, ma probabilità (che clicchiamo, compriamo, restiamo). La libertà sul codice incide poco se il valore sta nell’abilità di prevedere e orientare il nostro comportamento. Si creano circuiti di retroazione: ciò che l’algoritmo propone influenza cosa facciamo; le nostre azioni alimentano il modello; il modello rafforza certe proposte. Col tempo, ci adattiamo noi all’algoritmo più di quanto l’algoritmo si adatti a noi.

b) IA generativa (es. ChatGPT): l'utente diventa incapace di fare le proprie attività quotidiane senza di essa

In pratica l'IA generativa, oltre a distruggere una miriade di professioni, e a scrivere codice meglio dei programmatori umani, riesce nell'intento non dichiarato di trasformare in un handicap la normalità cognitiva. Detto in altri termini, rimanendo in tema di software, uno sviluppatore che oggi voglia scrivere software avvelendosi "solo" delle proprie capacità, esperienza e studio, il minimo che possa aspettarsi è il licenziamento (cfr. "Coinbase impone l'adozione dell’IA: licenziati programmatori che si sono opposti a Copilot e Cursor"). Chi non usa l'IA per farsi scrivere il codice, e per molte altre attività, è tagliato fuori dalla "nuova normalità" sia in ambito lavorativo che personale. E' una macchinazione infernale che non lascia vie di fuga.

Le IA generative di reale utilità, o per meglio dire "necessità", sono tutte erogate via cloud, perché quelle che possono girare in locale hanno scarse capacità in confronto (e richiedono dispositivi particolarmente prestanti)Il valore non risiede nel codice eseguibile, ma nei pesi dei modelli (LLM), dati di addestramento e pipeline operative che restano proprietari e opachi. Di conseguenza:

  • Ispezionabilità impossibile: non possiamo verificare come è stato costruito il modello, con quali dati e filtri, né riprodurne il comportamento o ricrearlo (nel qual caso servirebbe un supercomputer). Non si tratta di compilare il codice sorgente come nel caso del software tradizionale, ma di creare e addestrare una rete neurale artificiale con macchine, dati e costi abnormi che solo poche multinazionali possono permettersi.
  • Modificabilità quasi impossibile: non possiamo cambiare il modello, riaddestrarlo con regole nostre o condividerne una versione derivata, se non nel caso di alcuni LLM open-source, il cui addestramento (ovvero modifica), però, richiede risorse fuori dalla portata di noi persone comuni (perlomeno con gli attuali computer).

Ricapitolando

  • Prima, dalla fine degli anni ’70 ai primi anni 2000: il comportamento del sistema dipendeva in modo relativamente diretto dal codice. Aprire il codice bastava (quasi sempre) per avere trasparenza e potere. Questo era particolarmente vero per l'Informatica antecedente alla diffusione dei servizi cloud, ovvero quando il software e i dati stavano interamente nel computer dell'utente. E' in questo tipo di Informatica che Richard Stallman ha avviato la sua lotta per il software libero.
  • Oggi: la catena dei condizionamenti sugli utenti dipende da codice + dati + modelli + piattaforme + reti di distribuzione + arrogante strapotere di poche multinazionali + impossibilità pratica di alternative (lock-in). Le promesse del software libero sono state tradite e ormai svuotate di senso. Fa ridere pensare che una volta la battaglia per il software libero era quella di passare da Windows a GNU/Linux: è stata e continua ad essere una scelta saggia, però allo stato attuale sono proprio le grandi aziende liberticide a usare GNU/Linux. Non è più una questione di codice libero.
  • L’asimmetria informativa e il lock-in mettono gli utenti in posizione di sudditanza tecnologica. Pochi potentati tecnologici che decidono la vita per tutti: questo è tecno-feudalesimo.
  • L’IA predittiva orienta i nostri comportamenti. L’IA generativa cede completo potere sulle nostre vite e sui nostri pensieri a pochissime corporation, con un dramma sociale che cominciamo a vedere, ma questo è solo l'inizio. Le grandi superpotenze del pianeta vogliono usare l'IA come strumento principale di dominio sull'uomo e come strumento di guerra.

Purtroppo non ci sono soluzioni? Con l'attuale andazzo, libertà e dignità saranno sempre di più parole senza senso. E le trasognate libertà del software libero, per cui un tempo aveva senso combattere, rimarranno solo nei ricordi di quelli come me che ci hanno creduto?

Se poi le amministrazioni pubbliche, le scuole, le università e gli ospedali vorranno cominciare a usare software libero, ben venga, è comunque un'ottima scelta, ma ormai troppo tardiva?

E' vero che nella "nuova normalità" il codice lo genera l'IA, ma c'è anche dell'altro, che trascende quanto detto finora: la più profonda motivazione in sostegno all'utilizzo del software libero nella scuola è per la formazione morale. Ok, siamo in una tecno-gabbia, ma almeno possiamo provare ad essere persone migliori? L'alternativa è la resa totale, asserviti a quello che "tutti usano".

Il treno della libertà è passato e l'unica opportunità storica che abbiamo avuto non tornerà?

Sono fiero di aver fatto parte della lotta per la libertà a partire dal software, ma ormai il mondo è cambiato. La battaglia è persa? L'ipnosi dell'IA distruggerà tutto e tutti?

Stallman, comunque, ci invita sempre a non arrenderci e a continuare a lottare. Cerchiamo il più possibile di pensare al software libero come a un modello di società che ci dia una direzione, mentre il "che cosa fare concretamente" lo valuteremo volta per volta.

(2 novembre 2025)

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