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Comunicazione e Linguaggio

Comunicazione Non Violenta (CNV, Mauro Scardovelli)

Mauro Scardovelli (biografia, attività e pubblicazioni), in uno dei suoi video, dichiara che ciò che lui dice può essere tranquillamente condiviso, non a caso molto di ciò che lui ha pubblicato si trova su:

Youtube: https://www.youtube.com/user/MauroScardovelli
Archive.org: https://archive.org/search.php?query=creator%3A%22Mauro+Scardovelli%22&sort=titleSorter
Google Drive: https://drive.google.com/drive/folders/0B7Ay4m4h0pvrUkVIdUx2d2gxV3M

Raccolgo in questa pagina alcuni suoi video e audio dedicati alla Comunicazione Non Violenta (CNV), pubblicati sul suo vecchio sito www.mauroscardovelli.com (purtroppo non più esistente, ma la cui copia è ancora presente su archive.org), con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 2.5 Italia (CC BY-NC 2.5 IT), con l'auspicio che possano contribuire a migliorare le nostre vite.

Grazie Mauro!


Premessa: Leader di sé è colui che sa guidare le proprie emozioni

«Nello stato di coscienza adattato, in cui comunemente viviamo, una persona è schiava delle proprie emozioni. Ciò significa che non è leader di sé, ma succube dei propri circuiti neuronali più primitivi, meno evoluti.

Con questo stato di schiavitù al proprio interno, è naturale che, anche all’esterno, la persona sia facilmente assoggettabile, governabile, sfruttabile e manipolabile dalle élites di potere.

In ultima analisi queste élites (siano esse economiche, politiche, religiose...) per mantenere il potere, hanno tutti gli interessi affinché le persone non imparino a gestire le proprie emozioni, in particolare la paura, ossia non diventino leader di sé.

Questo stato di schiavitù a cui ci sottomettiamo inconsapevolmente, è parte del campo semantico del giudizio, il quale è ormai diventato, nella cultura occidentale, una categoria a priori della nostra percezione della realtà; per questo è così difficile accorgercene e  liberarcene.Noi crediamo di essere liberi fautori del nostro destino, ma non ci accorgiamo che, in realtà, trascorriamo la nostra intera vita all’interno delle aule di un tribunale: ogni nostro singolo pensiero, azione, emozione, viene valutata da un instancabile giudice interiorizzato e onnipotente al nostro interno.

Non essendo dunque liberi, ma schiavi di un’entità interiorizzata attraverso la cultura e quindi invisibile ai nostri occhi, le elités di potere possono dormire sonni tranquilli, perché hanno trovato la chiave per mantenere gli esseri umani nella paura di essere giudicati colpevoli, paura che essi stessi, autonomamente, giorno dopo giorno, generano al proprio interno... e, come detto sopra, se è un’emozione come la paura a guidare la persona, essa non sarà mai leader di sé.

Come mai questo giudice ha così potere su di noi?

Perché la cultura oppressiva e narcisista, in cui ci troviamo immersi, è riuscita nei secoli a creare un tipo di linguaggio (che è la materia di cui sono fatti i nostri pensieri) impregnato di presupposti che danno per scontato che il metro di valutazione delle relazioni umane sia il giudizio.

Il risultato dell’utilizzo del linguaggio in questa modalità, è che per noi diventa normale valutare noi stessi e gli altri in base a criteri quali colpa, merito, migliore, peggiore, castigo, premio, bravura, stupidità, peccato, punizione, senso di colpa, senso di inferiorità, condanna, vergogna, paura, rimprovero...

E se invece di queste categorie immaginassimo per un momento di utilizzare lo strumento linguaggio (di per sé neutro) in una modalità completamente inedita, che metta al centro la qualità della relazione, i sentimenti, i bisogni di una persona, i suoi valori? Una modalità che valorizzi la comprensione profonda dei fatti e una giustizia riparativa, anziché punitiva? Se imparassimo ad utilizzare questo tipo di linguaggio oltreché con le altre persone, in prima istanza con noi stessi e le nostre parti interne?

Questa è la sfida della Comunicazione Non Violenta di Marshall Rosenberg, che, in Aleph, viene integrata nel Metamodello 2.» (scritto da Mauro Scardovelli, fonte)

Nei video e negli audio seguenti, Mauro Scardovelli fa riferimento al libro "Parlare pace" di Marshall Rosenberg. Nel momento in cui scrivo (giugno 2018) è possibile acquistare la riedizione del libro "Parlare pace" di Marshall Rosenberg al link seguente:
http://www.centroesserci.it/shop/le-tue-parole-possono-cambiare-il-mondo/

Video sulla "Comunicazione Non Violenta":

  1. ComunicazioneNonViolenta01.mp4

  2. ComunicazioneNonViolenta02.mp4

  3. ComunicazioneNonViolenta03.mp4

  4. ComunicazioneNonViolenta04.mp4

  5. ComunicazioneNonViolenta05.mp4

  6. ComunicazioneNonViolenta06.mp4

  7. ComunicazioneNonViolenta07.mp4

  8. ComunicazioneNonViolenta08.mp4

  9. ComunicazioneNonViolenta09.mp4

  10. ComunicazioneNonViolenta10.mp4

  11. ComunicazioneNonViolenta11.mp4

Audio sulla "Comunicazione Non Violenta":

  1. ComunicazioneNonViolenta01.mp3

  2. ComunicazioneNonViolenta02.mp3

  3. ComunicazioneNonViolenta03.mp3

  4. ComunicazioneNonViolenta04.mp3

  5. ComunicazioneNonViolenta05.mp3

  6. ComunicazioneNonViolenta06.mp3

  7. ComunicazioneNonViolenta07.mp3

  8. ComunicazioneNonViolenta08.mp3

  9. ComunicazioneNonViolenta09.mp3

  10. ComunicazioneNonViolenta10.mp3

  11. ComunicazioneNonViolenta11.mp3

  12. ComunicazioneNonViolenta12.mp3

  13. ComunicazioneNonViolenta13.mp3

  14. ComunicazioneNonViolenta14.mp3

I social network sono il regno della non-comunicazione

«Scrivo perché nessuno mi ascolta!»
Questo è il messaggio che leggo e rileggo ogni volta che mi trovo alla stazione ferroviaria di Navacchio (Pisa): poche parole che indicano le difficoltà esistenziali di un'intera società...

Scrivo perché nessuno mi ascolta!

Smartphone alienazioneSu questo tema, segue la recensione del libro "Parlarsi. La comunicazione perduta" di Eugenio Borgna, psichiatra, docente e saggista, a cura di Lelio Demichelis e pubblicata su Alfabeta2.

Siamo una società che parla molto, ma che non ascolta. Ed è un parlare compulsivo e veloce, dove tutti dicono tutto, tutti vogliono dire qualcosa e non importa cosa. Ma se tutti dicono, anzi gridano, bisogna infine dire gridando più forte per superare il rumore di fondo di grida senza comunicazione. Tutti parlano e tweettano e bloggano e sui social network il dire o i selfie sono subito superati dal dire e dal selfie successivo, il dire non ha sedimentazione, non nasce da riflessione interiore, non dialoga anche quando si crede di condividere (condividere non è dialogare) perché ciò che si è detto in realtà non si sedimenta in chi riceve. Producendo appunto un rumore fatto di parole in libertà che passano attraverso molteplici canali di comunicazione, dando l’illusione di una grande libertà ma che cadono quasi sempre nel vuoto del non ascolto, o dell’ascolto appunto istantaneo (che produce un vuoto analogo), tutti futuristicamente sedotti dal mito della velocità delle parole mentre in realtà comunichiamo monologhi, stimolati dalla potenza facile del mezzo tecnico che sembra offrire a tutti una tribuna immensa di potenziali ascoltatori.

Appunti di Psicologia della Comunicazione (sintesi)

Appunti di Psicologia della Comunicazione (sintesi)
(download PDF)

a cura di Francesco Galgani
www.informatica-libera.net

«La TV è un modo malsano di riempire un vuoto. Facebook e i telefonini anche.»
(Francesco Galgani)

«Non c’è molta differenza tra il cellulare e il “braccialetto elettronico” indossato dai condannati in semilibertà: in quest’ultimo caso il controllo della polizia è in tempo reale; nel caso del cellulare invece il controllo, sempre possibile, è in differita: ci vuole un po’ più di lavoro, ma il risultato è lo stesso (i dati vengono conservati dalle società per anni).»
(Franco Lever, Preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale, Università Pontificia Salesiana)
 

Abstract

Questo mio elaborato mi ha accompagnato nella preparazione di un esame di Psicologia della Comunicazione: desidero condividerlo, nella speranza che sia utile anche ad altri. Ovviamente non posso escludere che contenga errori. La scelta degli argomenti e del livello di approfondimento è stata motivata perlopiù da mie esigenze di studio: le note bibliografiche potranno servire per ulteriori approfondimenti.
Parte dei testi sono liberamente tratti da quanto ho riportato nelle note bibliografiche. Tutti i testi tratti e/o rielaborati da http://www.lacomunicazione.it, che ha costituito il mio principale punto di partenza per la preparazione di questa sintesi, hanno licenza “Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo”, pertanto la presente pubblicazione è da considerarsi con la medesima licenza.
Francesco Galgani

Teoria dell'obbligatorietà della connessione in mobilità (di Francesco Galgani)

Problemi postura smartphone«La TV è un modo malsano di riempire un vuoto. Facebook e i telefonini anche.»
(Francesco Galgani)

«Non c’è molta differenza tra il cellulare e il “braccialetto elettronico” indossato dai condannati in semilibertà: in quest'ultimo caso il controllo della polizia è in tempo reale; nel caso del cellulare invece il controllo, sempre possibile, è in differita: ci vuole un po' più di lavoro, ma il risultato è lo stesso (i dati vengono conservati dalle società per anni).»
(Franco Lever, Preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale, Università Pontificia Salesiana)

Premessa

Dire che il cellulare è un telefono è un’affermazione impropria e riduttiva. In realtà è un nuovo strumento di comunicazione personale, che ha – accanto a molte altre potenzialità – alcune forme di utilizzazione tipiche del telefono; per questo è chiamato telefonino, telefono cellulare, cellulare o smartphone (quest'ultimo termine letteralmente significa “telefono intelligente”, lo smartphone unisce alle caratteristiche di un telefono cellulare le potenzialità di un piccolo computer con fotocamera, videocamera, servizio GPS, presenza di un sistema operativo completo, autonomo e personalizzabile con una vasta scelta di applicativi disponibili, normalmente dotato di un collegamento a Internet continuo ed efficiente).

La sindrome di mezzo mondo, ovvero come la tv rovina le persone: la Cultivation Theory di George Gerbner (con documentario)

Aggiornamento del 26 febbraio 2015 - Riporto un intervento di Sara De Luca, che ha così commentato il presente articolo sulla Teoria della Coltivazione:

Vi offro il mio punto di vista un po’ provocatorio ispirato ai contenuti di un testo molto interessante “Television and its viewers: Cultivation Theory and research” da cui ho tratto i dati che seguono.

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