Seguire il proprio daimon: un viaggio verso l'autenticità e la realizzazione

Premessa

Nella frenesia della vita moderna, spesso associata a solitudine, isolamento, scarsa empatia, sfiducia e autosvalutazione, siamo spesso portati a considerare salute e malattia, benessere e malessere, come stati fisici o mentali da curare con rimedi esterni o psicoterapici. Tuttavia, esiste un'altra prospettiva, più profonda e antica, che invita a guardare a queste esperienze come segnali di una realtà interiore più complessa.

In questa visione, la malattia è ben più di un problema da risolvere, essendo un messaggio del nostro "daimon", quell'entità messaggera tra il divino e l'umano che guida le nostre scelte e il nostro destino.

Ascoltare il proprio daimon può rivelarsi la cura più autentica ai mali dell'esistenza, portandoci a riallineare la nostra vita con il nostro vero sé e a vivere in armonia con la nostra essenza più profonda. Questo approccio ci spinge a interrogare direttamente il nostro daimon, e ad ascoltarlo costantemente, per uscire dal disagio.

Origini e sviluppo del concetto di daimon

Il concetto di daimon interiore ha radici profonde nella filosofia antica, specialmente in quella greca. Il termine "daimon" in origine non aveva una connotazione negativa come potrebbe avere oggi la parola "demone" nella tradizione cristiana, ma indicava piuttosto uno spirito o una forza divina che guidava l'individuo. Platone (428-348 a.C.), nel suo "Simposio", descrive il daimon come un intermediario tra gli dèi e gli esseri umani, una sorta di entità che connette il mondo terreno con quello divino. In questo contesto, il daimon rappresenta una guida, una voce interiore che conduce l'individuo verso la realizzazione del proprio destino.

Nel corso della storia, questa idea è stata reinterpretata da diversi pensatori. Ad esempio, durante il Rinascimento, Marsilio Ficino (1433-1499) riprese l'idea platonica del daimon, arricchendola con influenze neoplatoniche e cristiane, e lo identificò come una sorta di angelo custode che guida l'anima umana verso il suo compimento. Anche Carl Gustav Jung (1875-1961), il fondatore della psicologia analitica, rielaborò questo concetto associandolo all'archetipo dell'ombra, quella parte inconscia della personalità che contiene tanto gli aspetti oscuri quanto le potenzialità inespresse dell'individuo.

James Hillman (1926-2011), psicologo e filosofo, ha svolto un ruolo fondamentale nella rivisitazione moderna del concetto di daimon. Nella sua opera "Il Codice dell'Anima", Hillman descrive il daimon come una figura centrale nella vita di ogni individuo, rappresentante l'essenza unica e irripetibile di ciascuno. Per Hillman, il daimon non è un'entità separata o sovrannaturale, ma una realtà psichica interna, una forza o energia che guida l'individuo verso la realizzazione del proprio destino o vocazione. Hillman considera il daimon come un "codice" che ciascuno porta dentro di sé, una sorta di progetto preesistente che determina le nostre inclinazioni, passioni e scopi nella vita.

Questo concetto moderno differisce dall'idea originale del daimon come entità autonoma o intermedia tra il divino e l'umano, tipica della filosofia antica. Nella visione classica, il daimon era visto come una figura spirituale esterna, potenzialmente benevola o malevola, che influenzava la vita umana dall'esterno. Era un intermediario tra l'uomo e il divino, un'ispirazione o un messaggero che poteva orientare il destino degli individui. Con l'evoluzione del pensiero psicologico, specialmente grazie all'influenza di Jung e Hillman, il daimon è stato interiorizzato, diventando una parte integrante della psiche umana, un simbolo delle forze interne che guidano le nostre scelte di vita.

Il daimon come guida interiore

Il daimon interiore, sia che lo si voglia concepire nella maniera più antica o più moderna, cioè come entità tra il divino e l'umano o come forza psichica interiore, in ogni caso spinge l'individuo verso certe direzioni, anche se queste possono apparire contraddittorie o difficili da comprendere razionalmente. Questa forza interiore può esprimersi in modo grossolano, attraverso il corpo e le emozioni, influenzando la salute fisica e mentale della persona. È come se il daimon cercasse di comunicare con noi attraverso segnali che non sempre siamo pronti e aperti a comprendere.

Ad esempio, la malattia può essere interpretata come un segnale che il daimon utilizza per indicare che qualcosa nella vita dell'individuo non è in armonia con la sua vera natura. Quando ignoriamo il nostro daimon o lo reprimiamo, cercando di conformarci a ciò che la società o gli altri si aspettano da noi, questo può manifestarsi in disturbi fisici o psichici. La malattia, in questo contesto, diventa un messaggio del daimon che ci invita a riconsiderare le nostre scelte e a riallineare la nostra vita con il nostro vero sé.

Al contrario, quando seguiamo il nostro daimon, possiamo sperimentare un senso di serenità e realizzazione. Questo non significa che la vita diventi facile o priva di ostacoli, ma piuttosto che sentiamo di essere sul cammino giusto, in armonia con il nostro scopo interiore. Il daimon ci spinge a realizzare il nostro potenziale, a vivere autenticamente, e questo può portarci a una profonda soddisfazione personale, anche se il percorso può essere faticoso e pieno di sfide.

Le emozioni forti, come il malessere o la svalutazione, possono anch'esse essere interpretate come espressioni del daimon. Quando ci sentiamo insoddisfatti, frustrati o depressi, potrebbe essere perché stiamo vivendo in disaccordo con la nostra natura profonda. Il daimon ci avvisa che stiamo tradendo noi stessi, che stiamo trascurando i nostri veri desideri e bisogni. Ignorare queste emozioni significa ignorare il nostro daimon, il che può portare a un progressivo allontanamento da ciò che siamo destinati a essere.

Ascoltare il daimon richiede coraggio, poiché spesso ci conduce verso l'ignoto, verso scelte che possono sembrare irrazionali o rischiose. Tuttavia, è proprio in questi momenti che il daimon si rivela più potente: ci spinge a superare le nostre paure, a uscire dalla nostra zona di comfort e a esplorare nuove possibilità di crescita e trasformazione.

Il daimon, quindi, può essere visto come la parte più autentica e profonda del nostro essere. E' la nostra vocazione interiore, il nostro vero sé, la nostra guida. Il daimon ci ricorda continuamente chi siamo e cosa dobbiamo fare per realizzare il nostro destino, e lo fa attraverso una comunicazione che può essere sottile ma anche brutale, attraverso il corpo, le emozioni e le esperienze della vita quotidiana.

Il daimon interiore è quindi una guida preziosa nella complessità della vita. Ci invita a vivere in modo autentico, a seguire la nostra vocazione, a non tradire la nostra vera natura. Anche quando la sua voce è difficile da comprendere o accettare, è sempre lì, pronta a mostrarci la via verso la nostra realizzazione più profonda. Ascoltarlo significa aprirsi alla possibilità di una vita piena di significato, anche se questo richiede di affrontare le sfide e i conflitti che inevitabilmente emergono lungo il cammino.

(4 settembre 2024)

La base dell'educazione umana è l'amore, non lo smartphone (intervista a Francesco Galgani)

Ringrazio il giornalista e scrittore Paolo Arigotti per l'intervista concessami il 26 agosto 2024, sul tema "La base dell'educazione umana è l'amore, non lo smartphone".

Abbiamo esplorato temi cruciali sull'impatto della tecnologia, in particolare dei social network e degli smartphone, sulla società contemporanea. Abbiamo criticato l'idea diffusa che la tecnologia sia neutrale e sottolineato come essa stia profondamente trasformando il modo in cui percepiamo la realtà, il modo in cui la costruiamo e quello con cui ci relazioniamo con gli altri. I social network, invece di promuovere la democrazia e la connessione umana, spesso amplificano la competizione, l'odio, l'invidia e l'isolamento sociale, portando ad una svalutazione dell'essere umano, ridotto a cercare validazione attraverso likes e followers.

Il messaggio ricorrente, che attraversa tutta l'intervista, è che "il mezzo è il messaggio". Questo è il punto centrale per capire il gravo inganno in cui siamo tutti immersi.

Un altro punto chiave è la riflessione sull'intelligenza artificiale, che non potrà mai essere nostra amica, e sulla tecnologia in generale, che se non gestita "consapevolmente" riduce le nostre capacità cognitive e relazionali. Dobbiamo stare molto attenti all'illusione persuasiva e pervasiva di efficienza e facilità promossa dalle tecnologie odierne, che rischia di farci perdere la capacità di riflettere profondamente, di empatizzare, di vivere in armonia e di apprezzare il valore della vita umana al di là delle performance digitali. In particolare, l'uso onnipresente e socialmente imposto di smartphone e social network ci sta disumanizzando, sta indebolendo le relazioni autentiche e causando effetti negativi sulla salute mentale e fisica, soprattutto nei giovani.

Nel mettere in luce gli inganni, abbiamo citato ricerche cliniche sugli effetti devastanti dei mondi virtuali e dei social. Abbiamo denunciato l'ingente costo di sangue, che si traduce in decine di milioni di morti, e la distruzione ambientale che stanno dietro alla cosidetta "digitalizzazione" green.

Le tecnologie più diffuse non solo ci allontanano dalla nostra umanità sgretolandoci nel corpo e nell'anima, ma minano anche le fondamenta delle nostre libertà. Su questo tema abbiamo confrontato gli effetti delle tecnologie imposte globalmente da poche BigTech con le alternative basate sul cosidetto "software libero", focalizzando la discussione sulle ripercussioni pratiche a livello di libertà e su quelle etiche, morali e sociali.

E' possibile e auspicabile uno stile di vita alternativo e benefico. Abbiamo dato qualche spunto di riflessione e suggerimento pratico, commentando il decalogo "Slow Internet" di Giulio Ripa.

L'amore dovrebbe essere il vero fondamento dell'educazione umana, non lo smartphone. Abbiamo concluso con una poesia che dà voce ad una ragazza suicidatasi a causa del cyberbullismo:

Potete ascoltare una mia presentazione all'inizio del video.

L'intervistatore Paolo Arigotti, nato a Cagliari nel 1973, ha una laurea in Giurisprudenza e un'altra in Storia e Società. Appassionato di storia, scrittura e cinema, è autore di vari romanzi e collabora con diverse testate giornalistiche, tra cui L'AntiDiplomatico, La Fionda e InsideOver.

Il suo canale YouTube "Spunti di riflessione" offre una vasta gamma di contenuti che spaziano dall'informazione alternativa alla geopolitica, con un focus particolare su temi spesso trascurati dai media tradizionali. Questo è uno sguardo complessivo alle tematiche trattate:

  • Geopolitica e Relazioni Internazionali: Molti video discutono di conflitti internazionali, come la situazione in Medio Oriente, la guerra in Ucraina, e la geopolitica delle grandi potenze (Stati Uniti, Russia e Cina).
  • Contrinformazione: Alcuni video si concentrano sull'analisi critica dei media e delle narrative ufficiali, esplorando temi come la manipolazione dell'informazione e le fake news.
  • Storia e Politica: Diversi contenuti affrontano argomenti storici, spesso legati a figure o eventi politici significativi, come Mussolini, la Seconda Guerra Mondiale, o l'URSS.
  • Economia e Finanza: Sono presenti discussioni su temi economici, tra cui la crisi economica, la speculazione finanziaria, e la transizione energetica.
  • Sociologia ed Educazione: Alcuni video trattano di temi sociali ed educativi, come la formazione dei giovani, l'influenza della tecnologia sulla vita quotidiana, e l'importanza dell'educazione.
  • Salute Mentale e Relazioni Interpersonali: Ci sono anche video che esplorano temi di psicologia, come il narcisismo patologico, le relazioni pericolose, e la gestione delle emozioni.
  • Cultura e Società: Alcuni contenuti si concentrano su aspetti culturali, come la letteratura, la musica, e la storia culturale di vari paesi.
  • Attualità e Opinioni: Infine, molti video offrono riflessioni e analisi su eventi recenti, opinioni su sviluppi politici, e discussioni su questioni sociali contemporanee.

Ogni intervista si caratterizza per l'approfondimento e la capacità di stimolare il pensiero critico negli spettatori, proponendo prospettive inedite e spesso controcorrente rispetto al mainstream. Iscrivendoci al canale, possiamo ricevere le notifiche dei nuovi video e dare un tangibile segno di apprezzamento ad Arigotti per la sua opera divulgativa.

(27 agosto 2024)

Esame di realtà e realtà immaginata: manipolazione e disconnessione dalla realtà

Questo è un articolo di psicologia, che prende le mosse da una notizia del 16 agosto 2024:

L'OMS e l'UNICEF hanno richiesto una tregua umanitaria nella Striscia di Gaza tra fine agosto e inizio settembre 2024, con l'obiettivo di vaccinare 640.000 bambini sotto i dieci anni contro la poliomielite. Questa notizia, riportata da fonti autorevoli come il sito dell'UNICEF (fonte) e l'ANSA (fonte), sottolinea l'importanza della campagna vaccinale per prevenire la diffusione della polio in una zona martoriata da conflitti devastanti. Secondo l'UNICEF, la vaccinazione verrà effettuata da 708 squadre mediche, supportate da circa 2700 operatori sanitari.

Il problema di questa notizia è che solleva interrogativi profondi su cosa significhi veramente comprendere la realtà e le priorità in un contesto di emergenza estrema come quello di Gaza, che potremmo paragonare a un cataclisma.

Da un punto di vista razionale, questa notizia è surreale, come se fosse frutto di un'analisi di realtà gravemente compromessa. In una situazione dove la sopravvivenza quotidiana è quasi impossibile, con un popolo che soffre la fame, la sete, la distruzione delle infrastrutture e gli orrori di una violenza incessante, l'idea di concentrarsi su una campagna di vaccinazione, per quanto possa apparire (falsamente) sensata in condizioni normali, è completamente disconnessa dalla realtà immediata.

Chiunque di noi si trovi in uno scenario del genere, non avrebbe dubbi che le priorità sarebbero l'accesso a cibo, acqua, cure mediche di base, un alloggio decente e soprattutto sicurezza, senza il rischio costante di essere uccisi, mutilati, invalidati e di perdere da un momento all'altro familiari e amici. Invece, è grottesco e offensivo che l'attenzione venga deviata su una campagna vaccinale in un contesto dove la morte e la distruzione sono all'ordine del giorno, e in cui i prigionieri vengono rinchiusi in lager con trattamenti brutali sovrapponibili a quelli del nazismo storico.

Questa inverosimile narrativa dell'OMS e dell'UNICEF è probabilmente costruita non tanto sulla base di un'analisi di realtà, ma piuttosto sulla manipolazione della realtà immaginata, al fine di creare una determinata percezione (non reale) nel grande pubblico. E' come se si volesse indurre un senso di urgenza che, per quanto (falsamente) legittimo possa essere in altri contesti, qui appare come un tentativo di distogliere l'attenzione dai veri problemi.

L'implicazione sottostante è che i vaccini siano sempre e comunque salvifici, nonostante le crescenti e vistose controevidenze che hanno caratterizzato gli ultimi anni, e non solo quelli. Questo tipo di narrazione negazionista, che finge l'assenza di dubbi sull'utilità dei vaccini, l'assenza di prove certe dei loro gravi danni (morte compresa) e, nel caso specifico, l'assenza di opposizione da parte dei bambini in questione o di chi ne esercita la tutela, ci ricorda le distopie orwelliane, nelle quali la realtà viene continuamente riscritta per conformarsi alle esigenze del potere.

In psicologia, l'analisi di realtà è un concetto cruciale che fa riferimento alla capacità di una persona di percepire e interpretare correttamente il mondo esterno e le sue circostanze. Freud e altri psicoanalisti hanno descritto l'analisi di realtà come una funzione essenziale della mente, che ci permette di distinguere tra ciò che è reale e ciò che è frutto della fantasia o della distorsione. Quando questa funzione è compromessa, come nel caso di alcune psicopatologie, si possono manifestare sintomi quali deliri o allucinazioni. Nell'odierno panorama mediatico, c'è l'intento deliberato di invalidare drammaticamente l'analisi di realtà delle masse, creando una percezione del mondo funzionale ai deliri delle guerre, della finanza, dei padroni delle Big Tech e di Big Pharma.

Ciò che stiamo osservando potrebbe essere come una forma indotta di psicopatia, dove la capacità collettiva di distinguere tra realtà e finzione viene manipolata. Questa manipolazione non solo confonde il grande pubblico, ma può anche portare a scelte politiche e sociali che sono gravemente disfunzionali e pericolose.

In un mondo dove la verità è costantemente capovolta, diventa sempre più difficile e faticoso per tutti noi mantenere una visione chiara e sana della realtà. Tutti noi siamo vulnerabili alle distorsioni e alle manipolazioni orchestrate da coloro che detengono il potere. Dobbiamo stare molto attenti, perché le tecnologie che usiamo quotidianamente ci erodono dentro e compromettono la nostra capacità di comprendere e di relazionarci.

Vediamo più in dettaglio come le tecnologie che usiamo quotidianamente influenzano la nostra analisi di realtà, in particolare a livello di auto-riflessione, empatia e compassione:

L'auto-riflessione è la capacità di analizzare e comprendere i propri pensieri, emozioni e comportamenti. L'uso costante di tecnologie come smartphone, social media e altre forme di intrattenimento digitale riduce il tempo che dedichiamo all'auto-riflessione. La continua "distrazione" fornita da queste tecnologie ostacola lo sviluppo di una profonda comprensione di sé stessi e delle proprie azioni, portando a una diminuzione della consapevolezza personale e del benessere mentale.

L'empatia è la capacità di comprendere e condividere i sentimenti degli altri. L'interazione mediata dalla tecnologia, rispetto alla comunicazione a tu per tu, manca del necessario nutrimento affettivo e riduce la nostra capacità di empatizzare con gli altri. Le tecnologie digitali creano una distanza emotiva tra di noi, nascondendo o alterando i segnali emotivi sottili che sono fondamentali per costruire connessioni empatiche. Per di più, possiamo tranquillamente dire che i social media sono deliberatamente costruiti per "far litigare".

Questa distanza emotiva negli ultimi anni è stata esacerbata anche dall'uso diffuso delle mascherine, che ha creato gravi danni nello sviluppo emotivo e relazionale dei bambini più piccoli. Tutto ciò ci sta conducendo sempre di più in un agglomerato di individui emotivamente isolati, di monadi senza comunità. Ne seguono il non-senso dell'esistenza e l'insoddisfazione costante, che possono scivolare facilmente in dipendenze e depressione, perché l'essere umano trova senso della propria esistenza all'interno di comunità empatiche, del riconoscimento reciproco e di relazioni sicure.

La compassione, strettamente legata all'empatia, è la capacità di provare preoccupazione per le sofferenze degli altri e il desiderio di alleviarle. La tecnologia ci sta desensibilizzando sempre di più ai bisogni degli altri, compromettendo la nostra capacità di provare compassione e di agire sulla base della compassione. Non è solo una questione di distacco e di intermediazione tecnologica tra le persone. L'esposizione costante a immagini e notizie di grave sofferenza, simulata o reale, tramite i media digitali (cinema, televisione e social) causa una sorta di "esaurimento empatico", che ci conduce verso l'insensibilità.

Inoltre, tendiamo a mettere sullo stesso piano la simulazione del cinema, e dei contenuti falsi generati con l'IA, con gli accadimenti reali, come ben esemplificato dal finale del film "The Truman Show". Dopo che Truman esce dal set e si chiude la porta dietro di lui, ci sono delle scene che mostrano le reazioni del pubblico che ha seguito il suo "show" per anni. In una di queste scene, due guardiani notturni che stavano guardando lo spettacolo su un monitor esclamano qualcosa come "Che altro c'è in TV?" o "Cambiamo canale?", quasi immediatamente dopo che Truman ha lasciato il suo mondo fittizio. Questa breve scena serve a sottolineare come, nonostante la vita di Truman fosse una realtà per lui, per il pubblico era solo un programma televisivo, facilmente sostituibile con qualcos'altro. È un commento sottile ma potente sulla natura della televisione (e oggi dei social) e sulla disumanizzazione che può derivare dal consumo passivo di contenuti.

Senza auto-riflessione, empatia e compassione, non può esserci una sana analisi di realtà.

La storia ci insegna che la realtà, per quanto brutale, deve essere affrontata con chiarezza e onestà. Non possiamo permettere che la nostra capacità di giudizio venga offuscata da narrazioni superficiali o distorte, che spingono agende specifiche a scapito di una comprensione autentica dei fatti. E' fondamentale per ciascuno di noi sviluppare una capacità critica che ci permetta di analizzare e interpretare gli eventi.

E' nostro dovere, come individui e come collettività, resistere alle facili manipolazioni e rimanere vigili di fronte alle strategie che cercano di ridefinire la nostra percezione del mondo.

(19 agosto 2024)

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