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Vita in rete

Alternative a Youtube o alternative al modello politico-economico-sociale di Youtube?

Internet ArchiveIn Rete, soprattutto a causa dei recenti casi di censura operati da Youtube, ovvero di chiusura di canali di informazione alternativa (tipo RadioRadio) e/o di eliminazione di singoli video (come accaduto a Byoblu), a cui si sommano le vicende politiche dell'amministrazione Trump che litiga con la censura di Twitter operata verso lo stesso Trump, passando poi per le vicende giudiziarie italiane in cui alcuni partiti di minoranza (CasaPound e Forza Nuova) hanno portato in tribunale Facebook per aver soppresso le loro pagine (censura anch'essa a sfondo politico, peraltro con esiti giudiziari contrapposti), alcune persone iniziano a guardarsi intorno e a valutare se esistono alternative a Youtube.

Non solo le alternative esistono, ma sono sempre esistite ben prima che Youtube stesso esistesse. Ne dico una, peraltro completamente gratuita, senza pubblicità e sostenuta economicamente da donazioni: https://archive.org/ (che esiste dal 1996, come documentato su Wikipedia).

Ma andiamo oltre... io ho già scritto un articolo al riguardo, intitolato "Le trappole della tecnologia: alcune proposte e riflessioni", in cui ragiono su ciò che concretamente possiamo fare in alternativa ai modelli politici-economici-sociali dominanti nel web. Adesso vorrei aggiungere alcune considerazioni specifiche sulle alternative a Youtube. Al di là delle varie proposte tecniche (PeerTube, DTube, e altri), senz'altro interessanti, io avrei una controproposta per ritornare alle "origini" del web, cioè a prima che tutte queste piattaforme di condivisione video fossero anche solo pensate:

  1. Mettersi le mani nel portafoglio e pagarsi un proprio server.
     
  2. Mettere i video su quel server senza contatori e senza impedimenti al download: chi è interessato a un video, se lo può scaricare e può ripubblicarlo dove vuole. La condivisione, nel senso di download e ripubblicazione altrove - ovvero caricamento su un altro server in mano di altre persone -, andrebbe esplicitamente incoraggiata e consentita con licenze che la autorizzano (tipo Creative Commons, pubblico dominio o analoghe).
     
  3. Rinunciare in partenza a voler controllare i video pubblicati, controllare / conteggiare gli utenti, pretendere guadagni economici, inserire qualsiasi forma di pubblicità.

Tutto ciò è già possibile adesso ed è sempre stato possibile. Questo è quello che succede con i libri che si trovano in biblioteca: nessuno saprà mai quante volte viene letto un libro e da chi, né saprà mai quante copie ne esistono e dove, né per quanti secoli o millenni un libro continuerà a esistere e in quali versioni/traduzioni. Con questo spirito di autentica condivisione, mi viene in mente un progetto tipo LiberLiber, che esiste (e resiste) dal 1993, come riporta Wikipedia.

La controproposta nei tre punti sopra riportati corrisponde al modo con cui pubblico i video nel mio blog (sotto i quali c'è sempre il link per il download). Io non conteggio neanche le visualizzazioni dei miei articoli, perché se nei miei articoli c'è un valore, esso non dipende da quante volte verranno aperti. Non solo: il fatto che una pagina del mio blog venga aperta, non mi dice nulla sull'effetto che essa avrà su chi eventualmente la leggerà, ne se realmente sarà letta. Conteggiare le visualizzazioni è solo un modo per rinforzare il proprio ego, meglio evitare: preferisco concentrarmi sulla qualità di ciò che scrivo, se poi ciò che scrivo avrà effetti nella società... mai lo saprò, come del resto nessun filosofo lo sa in anticipo. I pensieri sono come semi sparsi al vento: forse germoglieranno prima o poi, forse no, forse arriveranno molto lontano nel tempo e nello spazio, forse rimarranno vicini. Da idea nasce idea, e non conviene essere troppo attaccati alle proprie idee.

Se però il problema è guadagnare soldi e fare marketing con i video (cosa che fanno anche le piattaforme di informazione alternativa o cosiddetta "libera", tipo Byoblu), e quindi conteggiare le visualizzazioni per guadagnare soldi o altro (dove questo “altro” potrebbe anche essere consenso politico), allora teniamoci Youtube, Facebook, Twitter e tutti gli altri senza lamentarci e anzi "gioiendo" della loro gratuità... gratuità che però è a caro prezzo... A tal proposito, come ha scritto Giulio Ripa: «In effetti i mezzi di comunicazione "alternativi", oltre ad utilizzare gratuitamente spazi su server di piattaforme private senza "pagare nulla", vogliono anche fare marketing, mediante le condivisioni e le visualizzazioni nei social media. Alla fine chi troppo vuole nulla stringe. La vera alternativa è lasciare il mondo digitale e ritornare nei limiti del possibile al mondo reale, fatto di relazioni interpersonali, comunità e contatto fisico. Altrimenti chi possiede le piattaforme digitali porterà a termine lo scopo principale su cui avevano scommesso: identificazione digitale degli individui per il controllo e la sorveglianza totale della società».

Lascio a ognuno le sue considerazioni,
Francesco Galgani,
16 giugno 2020

The traps of technology: some proposals and reflections

This document is available also in Italian.

Today's technology hides many traps, many pitfalls. Some of them, and perhaps the main ones, are the almost total control operated by Google and Apple in the world of mobile applications, by Google in the publication of videos and in the visibility of content on the web, by Facebook and Twitter as regards what people can discuss. This is a simplification, there are other problems, but these are already very serious. Today there is no content published on the Internet that is not mediated by third parties, i.e. corporations, that act with their free will, often above any law. If the media through which our thoughts travel and the content with which they are expressed are chained and subjected to the whim of the potentates, then our thoughts are not free. If the technology we use is not free, then we are slaves.

Is there anything we can do? I would say yes, if we are willing to change our habits.

1. The mobile applications

Almost all mobile applications are in the hands of Google and Apple, everything goes through their stores, their contracts, their costs. If an app allows its developer to earn money, Google and Apple take 30%. If they don't like an app, they don't publish it. If you develop an app, you don't even own your own code, because you don't know whether Google or Apple changes your code when you publish your app. What's more, these corporations force you to honor contracts that are under U.S. jurisdiction even if you live anywhere else in the world. If Google and Apple abuse their power against you, almost certainly no judge in your country can help you if you live outside the United States. If the software is not patentable in your country and you have no restrictions on the algorithms you can use, Google and Apple will require you to comply with all the restrictions and patents that are in force in the United States.

A possible solution is not to rely on Google and Apple standards, but on web standards: instead of writing an app that will end up in stores, write a web-app based on html5 and javascript, so that it works in any modern browser of any device, and publish it on a server located in your country. In this way, the current jurisdiction will be that of your country and you will not have to prostitute yourself to Google or Apple. On the other hand, those who will use your web-app must be so smart, informed and aware that staying away from Google and Apple stores is a matter of freedom.

In some cases and depending on your goals, it may be useful to decentralize code execution as much as possible: you could allow anyone to download your code and run it on their own server, so that any government abuses to block you will encounter such decentralization. Technically, these apps are called "DApps" (Decentralized Application). An example is DTube, a decentralized platform for publishing videos, "resistant to censorship" and "ads free". It is similar to YouTube, but totally decentralized and therefore free from a central and authoritarian power. Moreover, unlike YouTube, it fully complies with web standards and does not apply strange algorithms to prevent you from downloading videos, on the contrary, downloading videos is very simple.

Logical consequences - 1

For all these reasons, even the use of popular code sharing services, such as Github, has serious limitations on freedom. Microsoft (owner of Github) has imposed limits on developers living in countries around the world that the United States does not like. An alternative solution is to download GitLab code, released under the MIT license, and install it on your own server: that's what I did. Even the use of popular file sharing services like Dropbox or Google Drive has the same problems of privacy and banning at any time: in this case, I downloaded the OwnCloud source code, released under GNU Affero General Public License v.3, and installed it on my own server.

Logical Consequences - 2

The fact that software sources are distributed under the GNU GPL or other free license does not actually offer any guarantee if you have to download the app from a store to use it. The app available in stores may have been altered from the sources. The only guarantee is that you can compile your own code and install your own app, but this is severely restricted by Apple and Google. If the app uses a server, you should also have the server code to install it on your own server. We also don't know what smartphone operating systems (iOS and Android) actually do, as we can't download sources, study them, modify them and use them with our modifications. From this point of view, a web-app is independent from any operating system and from any store: this does not solve all the problems I listed, but at least a part of them.

Objection 1: The presence of my app in Google and Apple stores is essential for my business.

Answer: Would you still be convinced of this if Google and Apple asked you for 90% commission instead of 30%?  Would you still be convinced if Google and Apple asked you to make major changes to your app that would be too expensive for you?  Would you still be convinced if Google and Apple removed your app from stores or, in a more subtle way, severely limited its visibility?
Whenever a despotic and undemocratic power has historically imposed itself, people have believed that collaborating with that power was the only option. If that were true, then Hitler would become the master of the world.
This is primarily a political and economic problem. Today the rules apply that if you're not on Google then you don't exist, if you're not in Facebook, Twitter, Instagram, LinkedIn and other popular social media, then you don't exist, if your app is not in Google and Apple stores then it doesn't exist, and so on. Yet the alternatives exist, I don't live inside Facebook and yet I exist, just to give an example.
Remember that Google, Apple, Microsoft, Amazon, Facebook, Twitter and other socials, in a nutshell all the big Internet corporations, at any time can ban you and destroy you.
It would be good and right to make people aware of web standards and why Tim Berners-Lee invented html.

Objection 2: Code secrecy is essential to my business.

No one is forcing you to publish your code and share it with others, do what you want. But know that there are apps that are popular and even recommended by the European Commission to its staff, such as Signal, which are released under the GNU GPL v.3. Signal's source code is available on Github. The organization behind that app, at the time of writing, has some "open roles", i.e. it is looking for developers and is willing to hire them with a decent salary and full time contracts. This is just one example that shows that code secrecy is not the only possible business in the app world.

Let me give you another example. In 2001, Microsoft compared free software, in the sense that Richard Matthew Stallman had been talking about, to cancer. More precisely, these were the words: "Linux is a cancer that attacks itself in an intellectual property sense to everything it touches". Microsoft's accusation was directed specifically at the GNU GPL license. In 2019, Microsoft invited Stallman to one of its campuses to get advice and explanations. In 2020, Microsoft used Ubuntu, which is a GNU/Linux distribution, to advertise its "Surface Book 3" in a spot starting with "Run Linux on Windows". Over time, even the most resistant to defending the secrecy of code are discovering that free software is a serious alternative to be evaluated.

Objection 3: it took me years to learn how to program for a specific platform (Android, iOS, Windows, MacOS, Linux or another), do I have to learn it all over again to make a web-app?

It would be important, from the beginning, to learn programming tools and methods that are as cross-platform as possible. In my personal opinion, the ideal would be to write code that works more or less everywhere. I get this result with Codename One, which is a cross-platform development framework to which I also contribute code, but this is my choice that has its pros and cons, you are free to look for other tools and make other choices.

Objection 4: web-apps are technically more limited than native apps

That's partly true, depending on what you want to do. The limits are imposed mainly by how browsers are implemented and therefore, once again, by the way Google and Apple have made their Chrome and Safari. I don't mention other browsers because, in smartphones, these are almost the only two browsers used. In desktop computers, the only "free" and independent browser, in the sense of not manipulated by a multinational company, is Firefox. In this regard, consider that Apple prohibits the development of any alternative browser to Safari on their iPhones: the fact that for iOS browsers other than Safari are available is a fake to deceive users, developers know well that Apple prohibits them from competing with Safari.
However, what can be done in a cross-platform and cross-browser way with a web-app is very broad. Once again, however, users need to be educated to understand what's wrong with stores.

2. Social media

As I have previously written, today there is no content published on the Internet that is not mediated by third parties, i.e. corporations, that act with their free will, often above any law. In my country, in Italy, Facebook and Youtube are widely used as political communication tools, our head of government and our city mayors communicate with the population through Facebook. Dissident journalists use Youtube and sometimes they are censored. My friends who published my messages on Facebook, copied from my blog, have been banned several times, in other words Facebook closed their profile. These are just small examples, in other countries the situation is worse than in Italy. To this should be added a thousand other problems related to the use of these social networks.

In my opinion, the only real solution is not to use these social networks. If two people or a few people need to exchange messages through technology, they can use email or other private and encrypted messaging tools that are not in the hands of some multinational company. If many people need to communicate through technology, they can pay for a cheap server and install a social platform based on free code, so that this social is under their control. If a politician, an association or a head of state wants to communicate with the rest of the world, they can use the web standards, creating their own website or blog, maybe installed on a server that they can control. All these solutions will not completely protect against abuses of power and human rights violations, but they can mitigate the problem.

But as long as people continue to use Whatsapp, Facebook, Instagram and Youtube as their main media, then they will continue to prostitute themselves to Mark Zuckerberg, Sergey Brin and Larry Page, and the occult powers that act through them. In the current situation, in my opinion, it would be better to make efforts to meet in person (where there are no cameras and microphones) and not use technology at all to communicate.

3. Search engines

As I have previously written, if a person, association or company does not appear in the first results provided by Google it is as if it did not exist. This gives an idea of Google's tyranny. What we common mortals can do is to mitigate the problem, thanks to decentralization and search through multiple sources. For my personal use and for other Italian-speaking people, I have made available this meta search engine, which runs on a server that is under my control and provides results extrapolated from multiple sources: https://ricercaalternativa.mydissent.net/
This search engine does not spy on users and does not do any of the malicious actions done by Google. I also disabled the logs, so I don't know what people are looking for or who uses my engine. The code is licensed under the "GNU Affero General Public License v3.0": you can download and use it on your own server.
This does not solve censorship problems, but it mitigates them. Also, the fact that data is extrapolated from multiple sources, and usually those taken from Wikipedia are in first place, reduces the effects of Google's abuse of power.
The fact that the code is downloadable and usable on your own server is a guarantee against centralized powers.
On the other hand, there are still many improvements to be made.

4. The operating systems

Windows, Android, iOS and MacOS spy on us all the time. At the moment, most GNU/Linux distributions are the only real alternative to have more control over the technology we use. The problem is that today the majority of computing is done through smartphones and cloud services: on smartphones we can't change the operating system and put GNU/Linux (except in very rare cases) and on cloud services we have no control. Rather than proposing solutions or alternatives, here I simply emphasize that the most urgent issue is to create an awareness of the problem. The IoT (Internet of Things) will be completely out of our control and will continuously violate our rights and freedoms. 5G is at the service of the Internet of Things. I have no solutions or proposals other than to spread the word and help build an awareness of the problem.

Francesco Galgani,
9 June 2020

Le trappole della tecnologia: alcune proposte e riflessioni

Questo documento è disponibile anche in inglese

La tecnologia odierna nasconde molte trappole, molte insidie. Alcune di queste, e forse le principali, sono il pressoché totale controllo operato da Google e da Apple nel mondo delle applicazioni mobili, da Google nella pubblicazione dei video e nella visibilità dei contenuti presenti nel web, da Facebook e Twitter per quanto riguarda ciò di cui le persone possono discutere. Questa è una semplificazione, ci sono altri problemi, ma già questi sono molto gravi. Oggi non c’è contenuto pubblicato su Internet che non sia mediato da soggetti terzi, ovvero da corporations, che agiscono con il loro libero arbitrio, spesso al di sopra di qualsiasi legge. Se i mezzi attraverso cui viaggiano i nostri pensieri e i contenuti con cui essi si esprimono sono incatenati e sottoposti al capriccio dei potenti, allora i nostri pensieri non sono liberi. Se la tecnologia che noi usiamo non è libera, allora noi siamo schiavi.

Possiamo fare qualcosa? Direi di sì, se siamo disposti a cambiare le nostre abitudini.

1. Le applicazioni mobili

Quasi tutte le applicazioni mobili sono nelle mani di Google e di Apple, tutto passa attraverso i loro store, i loro contratti, i loro balzelli. Se un’app permette al suo sviluppatore di guadagnare soldi, Google e Apple si prendono il 30%. Se un’app a loro non piace, non la pubblicano. Se tu sviluppi un’app, non sei padrone neanche del tuo codice, perché non sai se Google o Apple modificano il tuo codice quando pubblichi la tua app. Non solo: queste corporations ti obbligano a rispettare contratti che sono sotto la giurisdizione statunitense anche se tu abiti in qualunque altro posto del mondo. Se Google e Apple abusano del loro potere contro di te, quasi certamente nessun giudice del tuo paese potrà aiutarti, se abiti fuori dagli Stati Uniti. Se nel tuo paese il software non è brevettabile e se non hai vincoli sugli algoritmi che puoi usare, Google e Apple ti imporrano di rispettare tutti i vincoli e i brevetti che sono in vigore negli Stati Uniti.

Una possibile soluzione è quella di non affidarsi agli standard di Google e di Apple, ma agli standard del web: invece di scrivere un’app destinata a finire negli store, scrivi una web-app basata su html5 e javascript, in modo che funzioni in qualsiasi browser moderno di qualsiasi dispositivo, e pubblicala su un server che si trovi all’interno della tua nazione. In questo modo, la giurisdizione vigente sarà quella della tua nazione e non dovrai prostituirti a Google o ad Apple. Di contro, coloro che useranno la tua web-app dovranno essere così intelligenti, informati e consapevoli da capire che stare lontano dagli store di Google e di Apple è una questione di libertà.

In certi casi e in base ai tuoi obiettivi, può essere utile decentrare il più possibile l’esecuzione del codice: potresti permettere a chiunque di scaricare il tuo codice e di eseguirlo su un proprio server, in modo che gli eventuali abusi dei governi per bloccarti si scontrino con tale decentramento. Tecnicamente queste app si chiamano “DApp” (Decentralized Application). Un esempio è DTube, piattaforma decentrata per la pubblicazione di video, “resistant to censorship” e “ads free”. E’ simile a YouTube, ma totalmente decentralizzata e quindi libera da un potere centrale e autoritario. Inoltre, diversamente da YouTube, rispetta pienamente di standard del web e non applica strani algoritmi per impedirti di scaricare i video, anzi, il download dei video è molto semplice.

Conseguenze logiche – 1

Per tutte queste ragioni, anche l’uso di servizi popolari per la condivisione di codice, come Github, ha seri limiti in materia di libertà. Microsoft (proprietaria di Github) ha imposto limiti agli sviluppatori che abitano in paesi del mondo che agli Stati Uniti non piacciono. Una soluzione  alternativa è scaricarsi il codice di GitLab, rilasciato con MIT license, e installarselo su un proprio server: io ho fatto così. Anche l’uso di servizi popolari di file sharing come Dropbox o Google Drive ha gli stessi problemi di privacy e di possibilità di banning in qualsiasi momento: in questo caso, mi sono scaricato il codice sorgente di OwnCloud, rilasciato con licenza GNU Affero General Public License v.3, e l’ho installato su un mio server.

Conseguenze logiche – 2

Il fatto che i sorgenti di un software siano distribuiti con licenza GNU GPL o altra licenza libera, in realtà non offre alcuna garanzia se per usare l’app devi obbligatoriamente scaricarla da uno store. L’app disponibile negli store, infatti, potrebbe essere stata alterata rispetto ai sorgenti. L’unica garanzia è che tu possa compilarti autonomamente il codice e installarti l’app da te compilata, ma questo è fortemente ostacolato da Apple e da Google. Se l’app usa un server, dovresti avere anche il codice del server per poterlo installare su un server tuo. Inoltre noi non sappiamo cosa realmente fanno i sistemi operativi degli smartphone (iOS e Android), visto che non possiamo scaricarci i sorgenti, studiarli, modificarli e utilizzarli con le nostre modifiche. Da questo punto di vista, una web-app è indipendente da qualsiasi sistema operativo e da qualsiasi store: ciò non risolve tutti i problemi che ho elencato, ma almeno una parte di essi.

Obiezione 1: La presenza della mia app negli store di Google e di Apple è essenziale per il mio business.

Risposta: Saresti ancora convinto di ciò se Google e Apple ti chiedessero commissioni del 90% invece che del 30%?  Saresti ancora convinto di ciò se Google e Apple ti chiedessero di fare importanti modifiche alla tua app che per te sarebbero troppo costose?  Saresti ancora convinto di ciò se Google e Apple rimuovessero la tua app dagli store o, in maniera più subdola, ne limitassero fortemente la visibilità?
Ogni volta che storicamente un potere dispotico e antidemocratico si è imposto, le persone hanno creduto che collaborare col quel potere fosse l’unica opzione. Se ciò fosse stato vero, allora Hitler sarebbe diventato il padrone del mondo.
Questo è innanzitutto un problema politico ed economico. Oggi valgono le regole che se tu non sei su Google allora non esisti, se non sei dentro Facebook, Twitter, Instagram, LinkedIn e altri social popolari, allora non esisti, se la tua app non è negli store di Google e di Apple allora non esiste, e così via. Eppure le alternative esistono, io non vivo dentro Facebook eppure esisto, giusto per fare un esempio.
Ricorda che Google, Apple, Microsoft, Amazon, Facebook, Twitter e altri social, in poche parole tutte le grandi corporations di Internet, in qualunque momento possono bannarti e annientarti.
Sarebbe cosa buona e giusta sensibilizzare le persone agli standard del web e ai motivi per cui Tim Berners-Lee ha inventato l’Html.

Obiezione 2: la segretezza del codice è essenziale per il mio business

Nessuno ti obbliga a pubblicare il tuo codice e a condividerlo con gli altri, fai ciò che vuoi. Sappi però che esistono app popolari e persino raccomandate dalla Commissione Europea al suo staff, come Signal, che sono rilasciate con licenza GNU GPL v.3. Il codice sorgente di Signal è disponibile su Github. L’organizzazione che c’è dietro a tale app, nel momento in cui sto scrivendo, ha alcuni “open roles”, cioè sta cercando sviluppatori ed è disposta ad assumerli con uno stipendio decente e con contratti full time. Questo è solo un esempio che dimostra che la segretezza del codice non è l’unico business possibile nel mondo delle app.

Vorrei farti un altro esempio. Nel 2001, Microsoft paragonò il software libero, nel senso intenso da Richard Matthew Stallman, a un cancro. Più precisamente, queste furono le parole: «Linux is a cancer that attaches itself in an intellectual property sense to everything it touches». L’accusa di Microsoft era rivolta nello specifico alla licenza GNU GPL. Nel 2019, Microsoft ha invitato Stallman in un suo campus per farsi dare consigli e spiegazioni. Nel 2020, Microsoft usa Ubuntu, che è una distribuzione GNU/Linux, per pubblicizzare il suo “Surface Book 3”, all’interno di un spot che inizia con «Run Linux on Windows». Con il tempo anche i più ostinati nel difendere la segretezza del codice stanno scoprendo che il software libero è una seria alternativa da valutare.

Obiezione 3: ci ho messo anni per imparare a programmare per una specifica piattaforma (Android, iOS, Windows, MacOS, Linux o un’altra), devo reimparare tutto da capo per fare una web-app?

Sarebbe importante, sin dall’inizio, imparare strumenti e metodi di programmazione che siano il più possibile cross-platform. Secondo la mia personale opinione, l’ideale sarebbe scrivere un codice che funzioni più o meno ovunque. Io ottengo questo risultato con Codename One, che è un framework per lo sviluppo multipiattaforma al cui codice contribuisco anche io, ma questa è la mia scelta che hai i suoi “pro” e i suoi “contro”, tu sei libero di cercare altri strumenti e di fare altre scelte.

Obiezione 4: le web-app sono tecnicamente più limitate rispetto alle app native

Ciò è in parte vero, dipende da cosa vuoi fare. I limiti sono imposti soprattutto da come sono implementati i browser e quindi, ancora una volta, dal modo in cui Google e Apple hanno realizzato i loro Chrome e Safari. Non cito altri browser perché, negli smartphone, questi sono quasi gli unici due browser utilizzati. Nei computer desktop, l’unico browser “libero” e indipendente, nel senso di non manipolato da una multinazionale, è Firefox. A questo proposito, considera che Apple vieta lo sviluppo di qualsiasi browser alternativo a Safari sui propri iPhone: il fatto che per iOS siano disponibili browser diversi da Safari è una messa in scena per ingannare gli utenti, gli sviluppatori sanno bene che Apple vieta loro di fare concorrenza a Safari.
Ad ogni modo, ciò che si può fare in maniera cross-platform e cross-browser con una web-app è molto ampio. Ancora una volta, però, gli utenti vanno educati a capire cosa c’è di sbagliato negli store.

2. I social

Come ho precedentemente scritto, oggi non c’è contenuto pubblicato su Internet che non sia mediato da soggetti terzi, ovvero da corporations, che agiscono con il loro libero arbitrio, spesso al di sopra di qualsiasi legge. Nel mio paese, in Italia, Facebook e Youtube sono molto usati come strumenti di comunicazione politica, il nostro capo del governo e i nostri sindaci comunicano con la popolazione tramite Facebook. I giornalisti dissidenti usano Youtube e a volte vengono censurati. Amici miei che hanno pubblicato miei messaggi su Facebook, copiati dal mio blog, sono stati più volte bannati, cioè Facebook ha chiuso il loro profilo. Questi sono solo piccoli esempi, in altre nazioni la situazione è peggiore di quella italiana. A ciò andrebbero aggiunti mille altri problemi legati agli uso di questi social.

Secondo me, l’unica vera soluzione è non usare questi social. Se due persone o comunque poche persone hanno bisogno di scambiarsi messaggi per mezzo della tecnologia, possono usare le email o altri strumenti di messaggistica privata e crittografata, che non siano in mano a qualche multinazionale. Se tante persone hanno bisogno di comunicare tramite la tecnologia, possono pagarsi un server economico e installarci una piattaforma social basata su codice libero, in modo che tale social sia sotto il loro controllo. Se un politico, un’associazione o un capo di stato vuol comunicare con il resto del mondo, può usare gli standard del web, creandosi un proprio sito oppure un proprio blog, magari installato su un server che può controllare. Tutte queste soluzioni non proteggeranno completamente dagli abusi di potere e dalle violazioni dei diritti umani, ma potranno mitigare il problema.

Finché però le persone continueranno a usare Whatsapp, Facebook, Instagram e Youtube come mezzi principali di comunicazione, allora continueranno a prostituirsi a Mark Zuckerberg, a Sergey Brin e a Larry Page, e ai poteri occulti che tramite loro agiscono. Nella situazione attuale, secondo me, sarebbe meglio fare sforzi per incontrarsi di persona (dove non ci sono telecamere e microfoni) e non usare affatto la tecnologia per comunicare.

3. I motori di ricerca

Come ho precedentemente scritto, se una persona, un’associazione o un’azienda non compare nei primi risultati forniti da Google è come se non esistesse. Questo dà l’idea della tirannia di Google. Quello che noi comuni mortali possiamo fare è mitigare il problema, grazie alla decentralizzazione e alla ricerca tramite più fonti. Per mio uso personale e per le altre persone di lingua italiana, ho reso disponibile questo meta-motore di ricerca, che gira su un server che è sotto il mio controllo e che fornisce risultati estrapolati da molteplici fonti: https://ricercaalternativa.mydissent.net/
Questo motore di ricerca non spia gli utenti e non fa alcuna delle azioni malevole fatte da Google. Ho anche disabilitato i logs, in modo che io non sappia cosa le persone cercano né chi usa il mio motore. Il codice è con licenza “GNU Affero General Public License v3.0”: tu puoi scaricartelo e usarlo su un tuo server.
Ciò non risolve i problemi della censura, ma li mitiga. Inoltre il fatto che i dati siano estrapolati da più fonti, e solitamente quelli presi da Wikipedia sono al primo posto, riduce gli effetti degli abusi di potere da parte di Google.
Il fatto che il codice sia scaricabile e utilizzabile su un proprio server è una garanzia contro i poteri centralizzati.
Di contro, ci sono ancora molti miglioramenti da fare.

4. I sistemi operativi

Windows, Android, iOS e MacOS ci spiano continuamente. Al momento, la maggioranza delle distribuzioni GNU/Linux sono l’unica vera alternativa per avere maggior controllo della tecnologia che utilizziamo. Il problema è che oggi la maggioranza del computing è fatta tramite smartphone e servizi cloud: sugli smartphone non possiamo cambiare il sistema operativo e metterci GNU/Linux (se non in rarissimi casi) e sui servizi cloud non abbiamo alcun controllo. Piuttosto che proporre soluzioni o alternative, qui mi limito a sottolineare che la questione più urgente è creare una consapevolezza del problema. L’IoT (Internet of Things) sarà completamente al di fuori del nostro controllo e violerà continuamente i nostri diritti e le nostre libertà. Il 5G è al servizio dell’Internet of Things. Non ho soluzioni né proposte, se non quella di spargere la voce e di aiutare a costruire una consapevolezza del problema.

Francesco Galgani,
9 giugno 2020

Ricerca Alternativa (motore di ricerca)

Segnalo ai miei lettori:

RICERCA ALTERNATIVA
https://ricercaalternativa.mydissent.net/

Respect PrivacySi tratta di un piccolo motore di ricerca etico, rispettoso della privacy, da me messo online, che estrapola i dati da circa un'ottantina di fonti, tra cui i principali motori di ricerca (Bing, Google, Reddit, Wikipedia, Yahoo, Yandex). L'utente è rispettato al massimo: nessun tracciamento, nessuna raccolta dati, nessuna profilazione, nessuna pubblicità, nessun log. La ricerca di immagini è proxata, in modo che nessun dato dell'utente sia visibile a terzi.

Diversamente da Google e dagli altri motori di ricerca, ogni risultato fornisce un link diretto al sito di destinazione, piuttosto che un link di tracciamento. I link con l'indicazione "cache" reinviano alla WayBack Machine di archive.org, che in alcuni casi permette di vedere lo stesso sito in diversi intervalli temporali, e anche di vedere un sito così com'era prima che venisse cancellato.

Oltre alla ricerca generica, è possibile fare ricerche specifiche per documenti (cioè files), immagini, IT (Information Tecnology), mappe, musica, notizie, articoli scientifici, social media e video.

Il codice sorgente è un fork del progetto: https://github.com/asciimoo/searx.
Il costo del server è a mio carico, per questo ho inserito un link per le donazioni sulla base dei principi dell'economia del dono.

Tra tutte le fonti di informazione, quasi sempre Wikipedia ha un posto d'onore nella pagina dei risultati, nella scheda "Generale", in quanto viene messa al primo posto. Nella scheda "Scienza", invece, vengono favorite sia le riviste scientifiche, sia Wolfram|Alpha quando l'input dell'utente è da esso interpretabile. Per chi non lo conoscesse, Wolfram|Alpha è un motore di ricerca semantico (in inglese) in grado sia di rispondere a semplici quesiti (ad es. Agropoli temperature, oppure Milano timezone), sia di risolvere pressoché qualunque espressione matematica. Nella scheda Scienza è infatti possibili scrivere x^2+log2(x)=9 per ottenerne il grafico e il risultato numerico.

La scheda "Documenti" fornisce quasi sempre "magnet link" per scaricare files dalla rete peer-to-peer BitTorrent. Chi usa Linux spesso non ha bisogno di installare nulla perché programmi per usare la rete BitTorrent sono solitamente forniti di default, mentre per gli altri sistemi operativi BitTorrent va scaricato.

La qualità dei risultati in alcuni casi è equiparabile a Google, in altri è pure migliore, grazie all'estrazione dei dati da molteplici fonti. In ogni caso, i risultati non sono mai filtrati secondo logiche parent-control o affini.

Come nel caso di Google, anche in questo caso inserire alcune parole di ricerca racchiudendole o non racchiudendole tra virgolette (doppi apici) farà cambiare i risultati. Gli errori di battitura vengono rilevati e sono proposte alternative di ricerca.

Non ho abilitato l'autocompletamento perché lo considero talvolta fuorviante e a me, personalmente, dà fastidio: trovo non necessario il fatto di voler "predire" cosa l'utente sta cercando.

Infine, il motore di ricerca Ricerca Alternativa può essere automaticamente aggiunto tra i motori di ricerca di Firefox e impostato come predefinito. Stesso discorso per Google Chrome.

Spero di aver reso un utile servizio alla Rete,
buone ricerche,
Francesco Galgani, 15 marzo 2020

Crimine 5G, Internet delle Cose: un quadro ampio, con articoli, video, bibliografia scientifica, appelli di scienziati

Aggiornamento 25 novembre 2019: in calce, oltre al servizio di Report, ho incluso anche il documentario di James Corbett "La gabbia del 5G" (The 5G Dragnet) (fonte), con sottotitoli in italiano a cura di PandoraTV.


Siamo ostaggi della tecnologia? Cosa ci aspetta con il 5G? E già attualmente cosa sta accadendo?

Lo scopo di questo mio articolo è di fornire spunti di approfondimento da varie angolazioni.

In calce riporto il servizio integrale di Report "Dammi il 5", trasmesso su Rai Tre il 18 novembre 2019. Sul sito della Rai è riportata solo una parte del servizio (di circa mezz'ora, link), quella da me qui riportata è invece la registrazione completa.

Aver visto questo servizio, molto interessante seppur concentrato solo un aspetto della questione, mi ha fatto tornare a mente i numerosi articoli che nel corso degli anni ho già pubblicato nel blog, tra cui "Datagate", "Rete Padrona - Zero Privacy", e molti altri.

Secondo me, merita di essere visto perché è l'ennesima conferma di come i nostri smartphone siano già adesso un collare strozzante, per non parlare poi dello scenario apocalittico che ci aspetta con il 5G.

Il servizio di Report è incentrato quasi esclusivamente sul tema della privacy e dello spionaggio, rivelando fatti, aziende e procedure dello Stato e delle relazioni tra Stati che in parte ignoravo. E' impressionante la facilità con cui il controllo della vita privata altrui sia facilmente realizzabile e, ormai, alla portata di chiunque, con possibilità di difesa quasi nulla.

Report, però, non indaga gli aspetti psicologici, sociali e persuasivi della tecnologia, che sono parte imprescindibile del problema (rimando a: "Solitudine e Contesti Virtuali", "L'era della persuasione tecnologica", "L'oscuro desiderio di essere sempre connessi"), né osa entrare nello specifico della follia imperante che ha portato due persone intervistate all'interno di questo servizio a esprimersi così:

«Tra dieci anni saremo più felici» (riferito alla futura onnipresenza e onniscenza della tecnologia con il 5G e già immaginando un possibile futuro 6G)

«Lei vuole rimanere indietro?» (risposta di un intervistato alla domanda della giornalista «Dobbiamo rincorrere la tecnologia?»).

Queste due affermazioni, di per sé, sarebbero più che sufficienti per aprire un serio dibattito filosofico e spiriturale sulla natura umana che, purtroppo, manca tra coloro che prendono decisioni che hanno un impatto decisivo, e fortemente negativo, sul destino di tutti noi.

Comunque, l'attuale andazzo tecnologico sicuramente non crea felicità, anzi, sta creando tutte le premesse per la nostra apocalisse individuale e collettiva. Qualcuno ricorda la Profezia? Qualcuno ha letto e compreso la Religione dell'Ultima Lotta, in cui tale Profezia è contenuta?
Ho scritto alcune mie riflessioni sulla felicità in varie occasioni, riprendendo anche ciò che hanno scritto alcuni grandi maestri (ad es. questo articolo in cui cito il Vangelo Esseno della Pace, e quest'altro articolo in cui provo a farne un'analisi ermeneutica), però mai ho avuto modo di pensare che la tecnologia possa essere di aiuto per essere più felici. La tecnologia, come spesso ha detto il mio caro amico Giulio Ripa (link), non risolve i problemi esistenziali, ma al massimo li sposta ad un altro livello.

Nell'illustrare quanto siamo ostaggi della tecnologia, il servizio di Report omette non solo di illustrare, ma persino anche solo di accennare quanto il 5G sia criminalmente dannoso per la salute di tutti i viventi, creando problematiche serissime su tutto il pianeta. Non mi riferisco solo al fatto, come scrissi nella poesia "Dio virtuale, deficienza reale", che stiamo facendo una strage di alberi per il 5G, ma alle numerose ricerche scientifiche che sollevano serissime perplessità sul fatto che andare nella direzione del 5G sia una scelta assennata. «Ma Lei vuole rimanere indietro?»: appunto, questo è il problema. Chi dice così, però, non ha ben chiaro che è meglio non proseguire lungo una strada se questa si conclude con un precipizio.

A titolo informativo, giusto per dar voce a chi può esprimersi in maniera più autorevole e con cognizione di causa rispetto a me, riporto a questo link un documento (in inglese con traduzione in italiano a fianco), firmato da 180 scienziati e dottori di 36 nazioni (tra cui 35 italiani, elencati a pag. 8 e 9), datato il 13 settembre 2017, i quali chiedono una moratoria per il 5G. Il sito ufficiale di riferimento è: http://www.5gappeal.eu/

La richiesta di moratoria inizia così:

«Noi sottoscritti, più di 180 scienziati e medici provenienti da 37 paesi, proponiamo una moratoria per il roll-out [lancio sul mercato, n.d.t.] della quinta generazione - la 5G - della telecomunicazione, fino a quando i potenziali pericoli per la salute umana e l'ambiente saranno stati completamente studiati da scienziati indipendenti dall'industria. La tecnologia 5G aumenterà notevolmente l'esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF-EMF) rispetto alla 2G, 3G, 4G, Wi-Fi, ecc. già esistenti. RF-EMF sono state dimostrate dannose per l'uomo e per l'ambiente. [...]»

Il documento prosegue illustrando le problematiche e riportando link di approfondimento. A tal proposito, segnalo che ByoBlu ha pubblicato alcuni importanti video di approfondimento sul 5G: https://www.byoblu.com/tag/5g/

Cercando in Rete, ho notato che, sebbene sia quasi invisibile la moratoria sopra riportata (almeno nei siti in italiano), qualcosa si sta muovendo a tutela della salute pubblica (ovvero contro il 5G) in realtà locali, soprattutto comuni, mentre a livello nazionale c'è il solito "alto tradimento" del bene comune (ovvero il solito prostituirsi alle multinazionali). Comunque, giusto per completare il quadro e riprendendo un tema spesso citato dal giornalista Giulietto Chiesa (autore di Pandora TV), la minaccia del 5G non viene solo dal basso (con le antenne ogni 100m o poco più), ma anche dall'alto. Sul sito https://www.5gspaceappeal.org/, scopriamo che c'è un altro appello per lo stop del 5G sia nella terra sia nello spazio (qui la traduzione italiana), che inizia così:

«Noi sottoscritti scienziati, medici, e organizzazioni ambientaliste e cittadini provenienti da 204 paesi, chiediamo urgentemente l'arresto della diffusione della rete wireless 5G (quinta generazione), incluso il 5G dai satelliti spaziali. Il 5G aumenterà in modo massiccio l'esposizione alle radiazioni a radiofrequenza (RF) sulle reti 2G, 3G e 4G per le telecomunicazioni già installate. E’ dimostrato che le radiazioni RF sono dannose per l'uomo e l'ambiente. Lo spiegamento del 5G costituisce un esperimento sull'umanità e sull'ambiente, definit o come un crimine secondo il diritto internazionale. [...]»

Più avanti leggiamo:

«[...] Ciò che non è sufficientemente conosciuto è che questo comporterà anche cambiamenti ambientali senza precedenti su scala globale. E’ impossibile prevedere quale sarà la densità pianificata per i trasmettitori di radiofrequenza. Oltre a milioni di nuove stazioni base 5G sulla Terra e 20.000 nuovi satelliti nello spazio, 200 miliardi di oggetti trasmittenti, secondo le stime, faranno parte dell'”Internet delle cose” entro il 2020, e un trilione di oggetti solo pochi anni dopo. A metà del 2018, il 5G commerciale a frequenze più basse e velocità più basse è stato utilizzato in Qatar, Finlandia ed Estonia. La distribuzione del 5G a frequenze estremamente elevate (onde millimetriche) è prevista per la fine del 2018. Nonostante il diffuso negazionismo, l'evidenza che le radiazioni a radiofrequenza (RF) siano dannose per la vita è già lampante. L'evidenza clinica di esseri umani malati, prove sperimentali di danni a DNA, cellule e sistemi di organi in un'ampia varietà di piante e animali, e prove epidemiologiche che le principali malattie della civiltà moderna - cancro, malattie cardiache e diabete - sono in gran parte causate da inquinamento elettromagnetico, costituiscono una base di letteratura di oltre 10.000 studi peer-reviewed. [...]»

Questo appello appena citato è preciso e riporta un'estesa bibliografia anche scientifica. Quindi, chi vuole approfondire è benvenuto. Purtroppo è evidente che, sebbene molti comuni possano opporsi al 5G, non possono fare nulla contro le decine di migliaia di satelliti sopra il capo.

Dopo tutte queste premesse, riporto qui di seguito il video di report e, sotto, il documentario "La gabbia del 5G".

Buoni approfondimenti,
Francesco Galgani,
22 novembre 2019

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Web: si sta come d'autunno sugli alberi le foglie...

Si sta come d'autunno sugli alberi le fogli (Ungaretti)Se segui questo blog, avrai notato che nell'ultima settimana ci sono stati problemi di accesso, con cinque giorni completamente offline.

Adesso è tutto risolto.

Si è trattato di un attacco informatico che mi ha costretto a cambiare server e a prendere congrue misure.

Ci sono molti modi di limitare la libertà di espressione e la propria presenza online, oltre a causare danni economici, tra cui questo.

Comunque mi ritengo fortunato e anche sufficientemente organizzato.

Chi invece si è visto chiuso il proprio account sui social senza alcun motivo dichiarato e senza alcun appiglio legale per rivendicare il proprio pseudo-diritto inesistente di stare su Facebook, Instagram o affini (cioè in casa altrui), non ha modi di difendersi né un tribunale a cui appellarsi. Ne sa qualcosa un mio amico.

Altre volte bastano poche distrazioni a cancellare in pochi secondi anni di lavoro. Anzi, a volte si cancellano da soli, quando crediamo che il computer stia copiando i nostri files e invece li sta cancellando... pure questo lo sa un mio caro amico. E lo so anch'io, in tanti anni passati davanti a tastiera e monitor me ne son successe di tutte.

E cosa dire delle aziende private e degli enti pubblici che ogni tanto perdono pezzi dei propri archivi a causa di un malware distruttivo?

Così funziona il web e in generale il mondo dell'informatica,
precario come le foglie d'autunno,
direbbe Ungaretti.

Anzi, così funziona la vita.

Francesco Galgani,
8 novembre 2019

Big Brother Awards 2018: la peggior minaccia nazionale sono le leggi approvate dal Parlamento Italiano???

Avvertenza:

Secondo la mia opinione, le leggi approvate dal Parlamento possono essere una minaccia per la sicurezza nazionale a causa degli atti incostituzionali e contrari alla giustizia sociale e alla dignità umana che dal Parlamento vengono legalizzati (a causa di spinte che provengo da poteri esterni allo Stato), tra cui, nello specifico, la legge citata nell’articolo sotto riportato. Molte leggi approvate dal Parlamento sono contrarie alle Leggi costituzionali. A causa di questa deriva antidemocratica, il comportamento di chi siede in Parlamento può essere una minaccia per la sicurezza nazionale, fermo restando che il Parlamento, in quanto istituzione, avrebbe ben altro ruolo.

Mi spiego meglio: il Parlamento dovrebbe proteggere la Nazione e non arrecarle danno, come invece solitamente accade. E ciò accade perché coloro che siedono in Parlamento spesso non hanno come massima priorità quella del bene comune. Ciò che i parlamentari sovente fanno, almeno secondo la mia opinione, è vilipendio alla Costituzione, quantomeno dal punto di vista morale (visto che da quello legale io non posso pronunciarmi). Se la Costituzione fosse applicata, allora il Parlamento sarebbe come un padre e una madre che proteggono i loro figli, ma raramente questo accade. Suggerisco, a tal proposito, una visione del video "Tradita la Costituzione Italiana", di Giulio Ripa (link al suo archivio).

Spero che questa mia considerazione rientri nella libertà di opinione e di espressione del pensiero, perché se così non fosse allora ciò confermerebbe che coloro che si trovano a prender decisioni per le massime istituzioni dello Stato Italiano sono la peggior minaccia per lo Stato stesso.

Concludo questa premessa su cosa intendo per "deriva antidemocratica": uno degli aspetti della democrazia è quello di ascoltare tutti con calma e pacatezza prima di prender decisioni, cercando di raggiungere un livello di intelligenza e di comprensione dei problemi che superi quello della singola persona. I padri costituenti hanno fatto questo, ascoltandosi l'uno l'altro e arrivando a capire cosa fosse nell'interesse comune, a prescindere dagli orientamenti politici di parte. Quindi la democrazia costituzionale è inclusiva, perché comprende tutti, e non ha paura del popolo, ma è al servizio del popolo. C'è democrazia quando anche l'ultima della casalinghe, l'ultimo degli operai, l'ultimo dei disoccupati potrà essere ascoltato ed essere preso in considerazione nel momento in cui un rappresentante dello Stato dovrà prendere una decisione.

La democrazia è qualcosa che facciamo insieme, giorno per giorno, o che distruggiamo insieme, giorno per giorno, perché il problema non è solo cosa accade in Parlamento, ma anche cosa accade nella vita quotidiana di ciascuno di noi quando ci relazioniamo con altre persone.


sito di riferimento: http://www.bigbrotherawards.org/

Il Big Brother Awards, detto semplicemente BBA, è un premio «in negativo» che da anni viene assegnato in tutto il mondo a chi più ha danneggiato la privacy.
Purtroppo la maggioranza dei cybernauti è ormai convinta che parlare di libertà e diritti civili in Rete sia inutile perché il tecnocontrollo sociale è una realtà così largamente accettata che è quasi inutile opporvisi.
Il BBA si propone proprio di riportare l’attenzione del popolo del web, su coloro che attivamente o passivamente contribuiscono a questa situazione, abbastanza allarmante.
Qui sotto ecco i vincitori dei BBA Italia del 2018.

Vincitori dei Big Brother Awards Italia 2018

RISCHIO TECNOLOGICO
Assegnato alla nuova tecnologia più rischiosa per i cittadini digitali.
Il premio 2018 viene assegnato congiuntamente a:

  • Amazon AWS IoT Services
  • Google Cloud IoT
  • Particle Industries, Inc.

Queste tre aziende sono attualmente i leader tecnologici e di mercato per la fornitura di servizi cloud per l’IoT (acronimo che significa «Internet delle cose»).
Si tratta di servizi di sviluppo e gestione offerti a coloro che intendono realizzare oggetti IoT, atti a velocizzare il processo di sviluppo di un prodotto, ma contemporaneamente veicolano tutti gli enormi flussi di dati che gli oggetti IoT generano attraverso la piattaforma del fornitore di servizi.

Ciò permette di analizzare con tecniche di Big Data Analysis e Deep Learning i flussi di dati e di creare profili normali/psicografici dei possessori di uno o più oggetti IoT. Mentre questo potere può essere in parte ceduto, vendendolo a chi ha realizzato gli oggetti, l’enorme potere di analizzare l’interezza dei dati di tutti gli oggetti IoT in qualunque modo possibile viene detenuto dal fornitore di servizi.

L’analisi di questi flussi di dati conferisce un potere di profilazione e tecnocontrollo maggiore di quello oggetto dell’affaire Facebook/Cambridge Analitica. Un potere enorme, che può essere limitato, anzi autolimitato, solo dalle condizioni di servizio decise unilateralmente dai fornitori di servizi stessi; tuttavia, tutti questi fornitori non pubblicizzano molti particolari su questo aspetto.
Considerando che qualsiasi limitazione che il fornitore si imponesse autonomamente comporterebbe la perdita di un affare estremamente redditizio, ci si può domandare se delle autolimitazioni verranno poste in essere in futuro.
Per questi motivi i vincitori, quali rappresentanti più significativi di tutta l’industria dell’IoT, vincono meritatamente il Big Brother Award di Rischio Tecnologico.

MINACCIA NAZIONALE
Assegnato per la più grave decisione pubblica o manipolazione dell’informazione fatta da un ente pubblico o da un suo rappresentante.

  • Parlamento della Repubblica Italiana

 (firmatari legge Walter Verini, Mara Mucci, Giuseppe Berretta)

La quantità di dati generati da ogni persona nella società dell’informazione è enorme e la conservazione dei dati per finalità di giustizia richiede un delicatissimo bilanciamo fra “sicurezza e privacy”.
Questo bilanciamento è saltato completamente quando in Italia è stata approvata una normativa che estende in modo indiscriminato la conservazione di dati di traffico telematico e telefonico alla durata di 6 anni. Legge incompatibile con l’ordinamento comunitario, che porterà a certe procedure da parte della UE (Rif. Sentenza Tele2). Legge duramente criticata dal Garante della Privacy Italiano, da tutti gli attori della società civili nonché da autorevolissimi giuristi. Legge introdotta con l’inganno, come confermato da numerosi parlamentari, come sub-emendamento di un articolo di recepimento di direttiva europea sulla sicurezza degli ascensori all’interno di un pacchetto legislativo di recepimento di variegate direttive europee (“Legge Europea 2017”). Legge che oggi pone l’Italia unica in Europa in una condizione di sorveglianza massiva, soprattutto guardando alle modalità di raccolta di dati di traffico telematico effettuati da parte degli operatori mobili con metodiche di CGNAT, ovvero quelle metodiche che portano alla registrazione di tutti i siti visitati dai propri utenti.

Un cittadino italiano nel 2023 non ricorderà sicuramente quale sito avesse visitato l’8 giugno 2018 alle ore 18.15. Ma lo stato italiano si.
Tenendo conto di tale grave, ampia e indiscriminata condizione di lesione dei diritti civili dell’intera popolazione residente nello stato Italiano, si conferisce il premio Minaccia Nazionale al Parlamento della Repubblica ed in particolare ai firmatari della legge in oggetto, Walter Verini, Mara Mucci e Giuseppe Berretta.

MINACCIA DA UNA VITA
Assegnato a chi ha meritato per più anni consecutivi uno dei premi precedenti:

  • Facebook

In un mondo in veloce cambiamento poche aziende avrebbero potuto rimanere sulla cresta dell’onda per anni e anni riuscendo a sviare, rimandare, procrastinare sempre l’adozione di misure minime di rispetto dei propri utenti e della loro privacy.
Facebook ci è riuscita e merita un premio speciale alla carriera per essere restata sempre fedele alla propria intima natura di violatore, molestatore, minacciatore dell’identità digitale dei cittadini nascondendo dietro un contratto di servizio e delle fantomatiche regole sociali della comunità la violazione dei più basilari diritti all’identità e dignità dei cittadini.

Gli scandali recenti hanno però portato il fondatore a mostrare con disarmante candore la vera faccia di Facebook in un’audizione pubblica al Congresso degli Stati Uniti (da notare che in Europa l’equivalente audizione è stata tenuta a porte chiuse, perché noi europei non abbiamo diritto alla conoscenza, potrebbe farci male) la reale natura del network: non essere sociale ma… «Senator, we run ads». Fanno pubblicità, tutto qui, e senza neppure lo sforzo di investire nella realizzazione di un contenuto accattivante ma semplicemente proponendo in modo selettivo ad ogni proprio utente ciò che solletica di più le sue risposte meno mediate, e lo tiene attaccato praticamente un grande distributore di odio di scala planetaria.

Cari utenti di Facebook, voi non siete il loro prodotto: è la parte peggiore di voi, l’odio, l’invidia, il disprezzo, il risentimento, l’intolleranza, che gli algoritmi di Facebook selezioneranno accuratamente per mostrarli a chi più verrà offeso da questo. Lo chiamano engagement: è l’apoteosi della brutalità e dell’inciviltà.

Fine. Questo era l'essenziale. L'articolo originale è qui: https://bba.winstonsmith.org/

Buone riflessioni,
Francesco Galgani,
4 ottobre 2019

[Censura] I social (Facebook, Twitter, Instagram, Youtube) violano i diritti umani e la Costituzione Italiana

Le persone di solito si sentono libere di esprimersi sui social network, considerandoli uno spazio comune. Il problema è che, dal punto di vista sia giuridico sia sostanziale, questi grandi mezzi di comunicazioni sono tutto fuorché pubblici, liberi e men che mai democratici: eludono le nostre leggi e ogni spazio di libertà e di rispetto dei diritti umani. Per l’appunto, è notizia di questi giorni che Facebook istituirà una sorta di Corte Suprema interna per decidere in maniera inappellabile (senza processi, senza tribunali, senza avvocati difensori) sulle questioni relative alla libertà di espressione. Stesso discorso per tutti gli altri attori del potere mondiale tecnocratico, ad es. Google, che può decidere in maniera unilaterale e senza bisogno di giustificarsi cosa può stare sulle sue piattaforme e cosa no.

In questi ultimi giorni Facebook ha chiuso (sul suo omonimo social e su Instagram) le pagine di Casapound e dei relativi associati, di Forza Nuova e dei relativi associati, di Diego Fusaro e del suo nuovo partito Vox Italia, e di un museo curato da Vittorio Sgarbi. Da notare che le motivazioni addotte sono irrilevanti (e nei casi specifici pure sbagliate): il problema di fondo è che i social, come nei casi citati, si stanno sostituendo allo stato di diritto e alla nostra Costituzione, il cui art. 21 comanda: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». L'articolo costituzionale, dove fa riferimento a divieti e sequestri, si riferisce sempre all'autorità giudiziaria e alle leggi dello Stato: i social, invece, si comportano impunemente come se essi stessi fossero l'autorità giudiziaria, la polizia, e lo stato.

Il fascismo, con Mussolini, si era impadronito dello stato italiano, governando con una dittatura che non lasciava nessuna possibilità di opposizione. Facebook, una multinazionale privata che possiede non solo l’omonimo social, ma anche Instagram e Whatsapp, invece si è impadronita dell'anima di miliardi di persone, governando con la seduzione della tecnologia che non lascia alcuna possibilità di opposizione (seduzione che fa innanzitutto leva sul narcisismo e, in generale, sulle forze distruttive dell'ego umano). E quel che è peggio è che oggi le persone sarebbero disposte a morire pur di difendere l’esistenza e l’uso delle tecnologie a cui sono abituate, mentre è assai più difficile che muovano un dito per difendere i propri diritti umani e la nostra Costituzione Italiana.

In tutte le pagine del mio blog compare il pulsante "You won't find me on Facebook"You won't find me on Facebook, che rimanda all'articolo "Riflessioni su Facebook", in cui, tra le altre cose, ho scritto che «[...] I social network sono molte cose e sovente spingono le persone a chiudersi in un mondo sempre più ristretto, gestito da algoritmi su cui non hanno alcun controllo. I social network sono un esempio di psicologia applicata alle masse, una dimostrazione di come sia possibile ingannare milioni di persone, facendole sentire libere dopo aver messo loro guinzaglio e paraocchi. Sono una sorta di droga, tossica come la cocaina e l'eroina e con danni ad esse equiparabili. I più danneggiati sono i giovani, che sono la speranza e il futuro di questo mondo. [...] Nel frattempo, l'intento di Facebook per allargare il proprio dominio, il proprio controllo e il proprio business è chiaro: rendere il web sempre più simile a Facebook, perché tutta la connettività delle persone "deve" (?!) iniziare con Facebook e finire con Facebook. I numeri dimostrano che in effetti questo è ciò che la massa degli internauti desidera [...] Molti si sentirebbero persi senza Facebook, come se un proprio pezzo di vita venisse meno. [...]». 

Cinque anni fa scrissi l'articolo "Facebook NON è democrazia: l'auto-censura e la censura vera e propria", a cui rimando perché nel momento in cui scrivo (settembre 2019) è ancora attuale e, in prospettiva futura, continuerà ad esserlo (con l'aggravante che gli spazi per esprimersi liberamente si stanno riducendo sempre di più).

Ma andiamo ancora più indietro nel tempo. Torniamo a quello che Guido Scorza scrisse ben nove anni fa, nel settembre 2010, in un articolo dal titolo "Facebook e l'illusione della libertà": «Il gigante di Zuckerberg nelle condizioni generali relative all’utilizzo delle sue pagine , al punto 1, racconta che le pagine sono uno strumento per promuovere organizzazioni e campagne anche politiche ma, poi, al punto 4, aggiunge “Quando l’utente pubblica contenuti o informazioni su una Pagina, noi non siamo obbligati a distribuire tali contenuti o informazioni agli altri utenti”.
“Noi non siamo obbligati”. Non c’è criterio, non c’è regola, non c’è un elenco di divieti, non c’è nulla di nulla che limiti la discrezionalità del “padrone di casa” – e non già, semplicemente, del portiere della piazza virtuale – di decidere quali organizzazioni – anche politiche – hanno diritto di cittadinanza e parola nella comunità globale che amministra e quali campagne, poco importa se ideologiche, sociali o politiche, possano esservi combattute e quali no, né sino a quando ciò sia possibile»
.

Ad ogni modo, sembra che la lezione non sia mai stata imparata: chi usa Facebook (e gli altri social) ne accetta le condizioni, per poi lamentarsene solo nel caso in cui scopra di esserne coinvolto direttamente, ad es. con la chiusura del proprio account o con la cosiddetta "censura morbida", che sostanzialmente significa che il proprio account rimane attivo ma gli altri utilizzatori di Facebook non vedranno i propri post (un esempio di censura morbida è raccontato nel video riportato in calce, oltre ad altri casi di censura vera e propria).

Nel titolo dell'articolo ho citato i social più noti e popolari almeno in occidente (Facebook, Twitter, Instagram, Youtube), per sottolineare che il problema è lo stesso per tutti quanti. A ciò va aggiunto che, nel corso degli anni, ogni tanto compaiono notizie di chi ha perso il proprio lavoro (dai commessi nei negozi fino ai docenti universitari) per aver scritto qualcosa su qualcuno di questi social (in Italia). Nel resto del mondo, invece, un commento online può costare anche il carcere, la tortura o altre barbarie (frustrate, decapitazioni, ergastoli, ecc., anche a persone giovanissime). Il video riportato in calce racconta anche il caso di un docente italiano che ha perso il lavoro per un tweet.

Come aveva scritto Fabio Chiusi, quasi quattro anni fa, nell'articolo "Censura, sorveglianza, violazione dei diritti: web sempre meno libero, anche nei paesi democratici": «[...] La nuova (ma non nuovissima, a dire il vero) tendenza individuata da Freedom House come caratteristica degli ultimi dodici mesi si applica anche ai paesi democratici: quando non censurano direttamente, è sufficiente per i governi obbligare i soggetti privati che mediano le nostre comunicazioni - i fornitori di servizi e contenuti - a farlo al posto loro. [...]».

Oggi ci sono molti movimenti rivoluzionari. Secondo la mia opinione, la prima azione rivoluzionaria sarebbe quella di esistere al di fuori dei social, perché se è vero che ciò che conta è il messaggio, altrettanto importante è il mezzo usato per portare tale messaggio.

I social intrappolano le persone in una gabbia per matti, controllati dall'arroganza di algoritmi che sono così "intelligenti" da passare come un carro armato sulla testa delle persone. Questo è solo l'antipasto di una società che delega la propria intelligenza alle macchine, senza nemmeno essere sfiorata dal dubbio che l'intelligenza artificiale non avrà mai una sua "umanità", ma è solo il risultato di un calcolo che fa un algoritmo senz'anima. A proposito, qualcuno ricorda la mia poesia "Profezia"? Si trova anche all'interno della Religione dell'Ultima Lotta.

Eppure la soluzione esiste: uscire dai social, perché oltre ad essere inutili e dannosi per il benessere individuale e sociale, calpestano sistematicamente i nostri diritti umani. I social, infatti, favoriscono il deterioramento della qualità della vita e dei rapporti umani, in primis perché il nutrimento affettivo di cui l’essere umano ha un innegabile e a volte disperato bisogno non può in alcun modo essere mediato dalla tecnologia (cfr. "La tecnologia “ruba” energia, tempo, possibilità alle relazioni umane", par. 3.4 della mia tesi di laurea "Solitudine e Contesti Virtuali").

Prima o poi ci renderemo conto, come specie vivente, che i social non sono la nostra casa comune? Casomai lo è il pianeta Terra, quello fisico intendo, non quello in stile Second Life. Qualcuno si ricorda il "Decalogo Slow-Internet" di Giulio Ripa? Magari è il momento di rileggerlo. A proposito, questo è il link al suo archivio.

Il video seguente, di Claudio Messora, è tratto dal servizio di ByoBlu "L'era della grande censura virtuale":

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Quest'altro video, che completa sia questo mio articolo sia il precedente video, con un quadro storico dell'evoluzione di Internet dal punto di vista del potere politico, finanziario e militare è anch'esso tratto da ByoBlu, dal servizio "CONTROLLATI SOCIALI: dentro alla "Global Communication". Glauco Benigni":

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Francesco Galgani,
26 settembre 2019

La morte del prossimo grazie a Internet (intervista a Luigi Zoja)

Solitudine, Internet, Social Network, SmartphoneLa televisione, i computer e i social network ci stanno uccidendo.

«I social network sono passati dall'essere concepiti come una sorta di facilitatori relazionali – in particolare per quelle persone che hanno più difficoltà a entrare in contatto con gli altri nella vita reale – al rappresentare uno dei principali ostacoli alla relazione» (come ha scritto Antonio Salvati, nell'articolo "Social e solitudine: una correlazione?").

Notizie recenti eclatanti riguardano il suicidio di una ragazza motivato dal fatto di non aver ricevuto nessun like ad una sua foto (fonte: "Posta foto senza ricevere like, ragazza si uccide"), sia il suicidio di un'altra ragazza motivato dal fatto che ad un suo sondaggio su Instagram, in cui lei chiedeva se si dovesse togliere la vita o no, la maggioranza dei votanti ha risposto sì (fonte: "«Devo morire?». Sedicenne lancia sondaggio su Instagram, vince il sì e lei si uccide").

Qualcuno ricorda il video "La società dei like" di Mauro Scardovelli? L'ho riportato nell'articolo "Facebook è patologia degli affetti, patologia delle emozioni, patologia delle relazioni... e quindi patologia del pensiero".

Dal mio punto di vista, televisione e social network sono sia la grande rappresentazione di una malattia mentale grave e generalizzata, sia causa essi stessi di malattia personale e sociale in coloro che da questi mezzi si lasciano risucchiare. Da entrambi questi medium ne deriva sia una deformazione patologica e deviante della percezione della realtà, sia una sorta di drogaggio collettivo comunemente accettato come “normale”. Se oggi una persona si coltiva nel giardino di casa una pianta di marijuana viene additata e messa alla gogna pubblica, se invece passa ore davanti alla televisione o attaccata ai social del telefonino (l’effetto drogante è simile, anzi peggio) nessuno dice niente. Non sto parlando in senso eufemistico, ma tremendamente concreto: a dimostrazione delle gravi implicazioni sia psicologiche che neurologiche, uno studio ha dimostrato che la “dipendenza da Internet” (che oggi è la “normalità”, proviamo a vedere quante persone sono disposte a star fuori da Whatsapp, Facebook, Instagram, Twitter e app analoghe) provoca modificazioni cerebrali simili a quelle che si ottengono in caso di alcolismo o dipendenza da droghe quali eroina, cocaina, marijuana, metanfetamina e ketamina (fonti: "Internet addiction changes brain similar to cocaine: Study" e "Abnormal White Matter Integrity in Adolescents with Internet Addiction Disorder: A Tract-Based Spatial Statistics Study").

La violenza in contesti virtuali (nient’altro che parole e/o immagini sullo schermo) può avere effetti tragici, fino a spingere al suicidio reale, come nel caso del cyberbullismo, che spaventa i ragazzi più della droga e delle molestie perché è percepito al pari di aggressioni reali (secondo l'Ordine degli Psicologi del Piemonte, fonte: "Il cyber-bullismo spaventa i ragazzi, allarme degli psicologi: in Rete troppe aggressioni").

Su questi temi, rimando alla mia tesi di laurea “Solitudine e Contesti Virtuali”, che tratta estesamente queste problematiche, con tutti gli opportuni riferimenti scientifici.

Qualcuno ricorda cosa disse Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente Facebook, in una famosa intervista pubblica in cui invitò calorosamente tutti a non usare più Facebook, definendolo una merda? «[...] Letteralmente siamo arrivati ad un punto, oggi, dove credo che abbiamo creato strumenti che stanno disintegrando il tessuto sociale su cui è basata la Società. E io vorrei incoraggiare voi tutti, quali futuri leader del mondo, a prendere veramente coscienza di quanto questo sia importante. Se tu nutri la bestia, quella bestia ti distruggerà! Se invece la respingi, abbiamo la possibilità di controllarla e rimetterla al suo posto. [...]» (trascrizione integrale dell'intervista nell'articolo "Posso controllare le mie decisioni (cioè non usare quella merda di Facebook) - Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente di Facebook").

Anche Linus Torvalds, uomo assai noto perlomeno tra coloro che amano Linux, è stato molto diretto, ne ho riportato un'intervista nell'articolo: "Linus Torvalds: i social media sono il regno della mediocrità, spazzatura che non aiuta".

Si è molto più soli nell'era social. Ma la felicità è nella relazione. Anzi, la vita è nella relazione. A proposito: «Complessivamente la condizione prevalente è la solitudine: una realtà sociale rivelatrice dell’assenza di comunità, come avviene per gli anziani, una porzione così importante della nostra società. L’allungamento della vita realizza un sogno antico dell’umanità: frutto del miglioramento delle condizioni di vita. Il dramma è però la solitudine degli anziani, perché non solo – con gli anni - si rarefà il tessuto sociale e familiare, ma perché, per continuare a vivere nel proprio ambiente o casa propria, si ha necessità vitale di prossimo. E’ difficile, impossibile, vivere soli da vecchi: dice il proverbio “anche la regina ha bisogno della vicina”. Insisto sulla condizione di vita degli anziani perché, per me, si tratta un elemento rivelatore della qualità di una società o di una civiltà. Mostra un processo contraddittorio: la conquista della longevità è un sogno realizzato, ma anche una fragilità.» (Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, citato in: "Social e solitudine: una correlazione?")

Qui di seguito lascio la parola a Luigi Zoja, psicoanalista jungiano (biografia) e autore del libro “La morte del prossimo”, che inizia così: «Ama Dio e ama il prossimo, diceva il comandamento. Ma già per Nietzsche Dio era morto. E il prossimo? Nel mondo pre-tecnologico la vicinanza era fondamentale. Ora domina la lontananza, il rapporto mediato e mediatico. Il comandamento si svuota. Perché non abbiamo più nessuno da amare».

Buon ascolto dell'intervista,
buone riflessioni,
Francesco Galgani,
13 settembre 2019  

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Una carezza può salvare la vita, la tecnomediazione no

Abbiamo letto una notizia che ci ha toccato il cuore:
«Sedicenne si uccide dopo sondaggio su Instagram - La maggioranza dei follower le ha consigliato di farlo»

La notizia, di per sé, fa rabbrividire. Ma ancora di più fa rabbrividire il livello di persuasione e pervasività raggiunto da questi social media. «[…] Oggi i comportamenti dell’essere umano sono condizionati dalla tecnologia della “iperconnessione” (tutto e tutti connessi in Rete sempre), che è sia persuasiva, cioè in grado di influenzare, se non addirittura determinare, idee e comportamenti, sia pervasiva, nel senso che tende a diffondersi in modo penetrante, così da prevalere e dominare nelle vite individuali, nelle relazioni sociali, nel lavoro, nell’economia e nella politica […]» (tratto da “L'Era della Persuasione Tecnologica ed Educazione all'Uso della Tecnologia”).

Quando si tratta di vita e di morte, l'intermediazione digitale può fare solo danni. Più in generale, comunicare online nella situazione attuale è solo dannoso, se nessuno più ascolta l'altro. E per ascoltare l'altro ci vuole affetto. E l'affettività non nasce da una migliore tecnologia. In un rapporto a tu per tu, certe dinamiche distruttive, aggressive e violente difficilmente accadrebbero con la stessa facilità con cui accadono nei mondi virtuali, falsamente percepiti come reali.

Forse una carezza avrebbe salvato la vita alla sedicenne. E questo gesto di affetto reale non è nelle possibilità della tecnologia. «[…] quel “nutrimento affettivo” di cui ha un gran bisogno l’essere umano non può essere mediato da alcuna tecnologia (computer, telefono o altro) […] La vita è imprevedibile, incerta, complessa, la tecnologia si propone di semplificarla, ma in tale semplificazione può portar via quanto di più umano ci sia; maggiore è l’allontanamento dalla natura, maggiore sarà la devitalizzazione dell’essere umano. La tecnologia “ruba” energia, tempo, possibilità alle relazioni umane. […]» (tratto da Solitudine e Contesti Virtuali).

La tecnologia di fronte alla sacralità della vita è impotente oppure dannosa. Il mistero della vita non può essere svelato dalla tecnologia.

La vita, nonostante tutte le sue fragilità, deve prevalere sulle illusioni tecnologiche. Confondere la vita tra il reale e il virtuale non porta ad una vita migliore.

La vita è la vita. Il mistero della vita va accettato e rispettato così come è.

La meraviglia della vita che ci è stata data deve permanere nella propria condizione esistenziale, qualunque essa sia.

«Ah, straziante meravigliosa bellezza del creato» (Pasolini)

Giulio Ripa e Francesco Galgani,
18 maggio 2019

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