La mia città invisibile
Anche oggi, mi guardo dentro.
Tante volte avevo già visto il mio cuore.
Tante volte avevo già osservato la mia mente creatrice.
Ma avevo visto poco.
Varcando l'aspra soglia dell'ignoto,
attraversando le mie valli segrete,
sono giunto alla magnificenza della mia città invisibile,
Ne vedo solo una parte. C'è molto di più.
L'oceano della mia mente ha infinite altre sorprese, e molte altre città.
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(December 27, 2024, go to my art gallery)
La resilienza nella casa in fiamme, ovvero perché il mondo va bene così com'è
"Resilienza" è termine gradevole e positivo nel suo significato non-politicizzato e non-giornalistico, cioè in quello meno comune.
Questi sono alcuni esempi molto positivi, tratti da brani di Daisaku Ikeda:
«[...] sono necessari ovunque sforzi quotidiani per aumentare la resilienza, ossia la capacità di prevenire le crisi e la loro escalation e di rispondere con saggezza e in maniera energica e flessibile alle difficili condizioni che si verificano subito dopo un disastro [...]»
(tratto da: "Proposta di Pace 2016 - Il rispetto universale della dignità umana: la grande strada che porta alla pace")
«[...] Ma, attivando la capacità di metterci al posto degli altri, possiamo rafforzare la resilienza agli incitamenti all'odio anche in momenti in cui le tensioni sociali diventano sempre più grandi. [...]»
(tratto da: "L'empatia è la chiave per i diritti umani")
«[...] Al Summit, che ha riunito un gran numero di partecipanti provenienti da tutti i settori della società civile, è stata ribadita l'importanza di perseguire programmi umanitari e di sviluppo in maniera coordinata e omnicomprensiva, aumentando nello stesso tempo la resilienza dei rifugiati e delle comunità che li ospitano.
Accrescere la resilienza è un punto focale della mostra Restoring Our Humanity (Ristabiliamo la nostra umanità) prodotta ed esposta per la prima volta in occasione del Summit di Istanbul. La SGI, che ha contribuito a organizzarla, vuole sottolineare come il consolidamentodella resilienza costituisca l'elemento chiave nella costruzione di un mondo in cui nessuno sia lasciato indietro. [...]»
(tratto da: "Proposta di Pace 2017 - La solidarietà globale dei giovani annuncia l'alba di un'era di speranza")
In questi brani, Ikeda usa la parola "resilienza" (o meglio, i traduttori di Ikeda hanno usato tale parola) per indicare un approccio proattivo e trasformativo alle sfide, con saggezza, energia, flessibilità, empatia, solidarietà e cooperazione per affrontare tensioni sociali e umanitarie. Nulla di ridire, tutto ciò è più che auspicabile.
Nel linguaggio comune del main stream, della politica, del giornalismo, e purtroppo anche della psicologia, la "resilienza" non ha invece un significato così positivo, anzi, oserei dire squallido. Ad esempio, prendiamo Mario Draghi:
«[...] Infine, non dimentichiamo che per essere competitivi, dobbiamo essere resilienti – ha concluso –. Abbiamo attraversato molteplici shock negli ultimi anni e abbiamo lavorato per costruire catene di valore industriali più robuste, soprattutto quando si tratta di sicurezza dell'approvvigionamento [...]» (tratto da: "Ue, Draghi: situazione preoccupante, servono investimenti massicci", 9 settembre 2024).
Tradotto dal politichese all'italiano: «Per essere "competitivi", cioè per permettere alle nazioni europee di vincere la guerra economica (e militare) contro le nazioni nemiche degli Stati Uniti e, per esteso, per permettere alle nazioni europee più forti di sopraffare quelle più deboli, dobbiamo essere "resilienti", cioè adattarci in toto alle logiche del mercato: ciò significa che il dominio e la volontà di pochi miliardari devono prevalere sui parlamenti democraticamente eletti». Chi non ha chiara questa mia traduzione, provi a cercarsi le responsabilità di Mario Draghi con la morte di centinaia di bambini in Grecia. E' evidente che il termine "resilienza", in questo caso, indica la prostituzione e il martirio degli stati a logiche anti-umane. Questo è ormai anche il significato generale del termine nel linguaggio comune, seppure continui ad assere ammantato di una positività ipocrita che confonde le idee.
E' per questa volgarizzazione del termine "resilienza" che mi guardo bene dall'usarlo, e scoraggio altri dal farlo.
Volendo usare una metafora che ne colga pienamente il senso politico, nel linguaggio attuale la resilienza è un invito a non lamentarsi, a non cercare aiuto e a non cercare di liberarsi durante una violenza sessuale atroce, accettandola come fatto della vita.
Questa scena truce della violenza sessuale può accompagnarsi ad un'altra metafora.
Possiamo essere in "pace" e "resilienti", cioè pienamente adattati al sistema, mentre siamo rinchiusi, con mani e piedi legati, dentro un casa di legno che sta andando in fiamme? Possiamo?
La domanda potrebbe sembrare retorica, ma lo è solo in parte. Invito i miei lettori a fermarsi prima di proseguire, a fare qualche respiro profondo per placare le emozioni. Stiamo per immergerci in un'altra dimensione di pensiero, di speranza e di stato d'animo.
Abbandoniamo la politica, lasciamo da parte le polemiche e le idee, e immaginiamo di essere dentro la casa in fiamme, legati ad una sedia. Riusciamo ad essere in pace?
Secondo me, se la risposta è "no" o "sì", dipende dal nostro livello di evoluzione interiore.
Anzi, volendo essere ancora più precisi, l'esistenza o non-esistenza della casa in fiamme o della violenza sessuale è anch'essa una questione conseguente alla propria evoluzione interiore e alla propria consapevolezza.
Tutto arde in un grande fuoco... ma è proprio così?
Il capitolo 16 del "Sutra del Loto" contiene questi versi poetici:
«[...] Quando gli esseri viventi assistono alla fine di un kalpa
e tutto arde in un grande fuoco
questa, la mia terra, rimane salva e illesa,
costantemente popolata di esseri celesti e umani.
Le sale e i palazzi nei suoi giardini e nei suoi boschi
sono adornati di gemme di varia natura.
Alberi preziosi sono carichi di fiori e di frutti
e là gli esseri viventi sono felici e a proprio agio. [...]»
Teniamo a mente, nel leggere questi versi, che è il Budda a parlare. In questo capitolo sta dichiarando non solo di essere eterno e di essere il padre di tutte le creature (nello stesso capitolo, dichiara in versi: "Io sono il padre di questo mondo che salva coloro che sono afflitti e soffrono"), ma sostanzialmente fa comprendere, come poi insegnò il maestro Toda, di essere la Vita stessa.
Riprendendo un recente intervento di Marco Guzzi, potremmo chiederci se "siamo in tempi d'oro o in tempi di piombo". Io direi nessuno dei due e tutti e due.
Come vediamo le cose dipende innanzitutto dalla nostra mente. I sacri insegnamenti del Budda raccolti in versi nel Dhammapada, iniziano con questa strofa:
Tutto ciò che siamo è generato dalla mente.
E’ la mente che traccia la strada.
Come la ruota del carro segue
l’impronta del bue che lo traina
così la sofferenza ci accompagna
quando sventatamente parliamo o agiamo
con mente impura.
In effetti, ogni nostra esperienza è filtrata dalla mente, ed è questa che determina come percepiamo e reagiamo al mondo intorno a noi.
Forse la vera rivoluzione interiore è accogliere il fatto che il mondo è giusto così com’è, e va bene così com’è, per lo scopo per il quale esiste? Stesso discorso per le nostre vite?
Se nessuno di noi è sbagliato, come ci hanno insegnato tutti i grandi saggi e le grandi tradizioni sapienziali, allora come può il mondo essere sbagliato? Nell'Angelus del 22 dicembre 2024, papa Francesco ha ripetuto più volte che "nessun bambino è un errore". Nessuno di noi lo è. Nessuna forma di vita lo è: questa è la chiave del pensiero cristiano. Il mondo va bene così com'è.
Un pensiero del genere è un’enorme rivoluzione. Implica però la consapevolezza che non esiste il "caso", ma che tutto è finalizzato ad uno "scopo" che trascende la nostra comprensione ordinaria. Nel linguaggio cristiano, tutto ciò che esiste potrebbe essere una manifestazione del pensiero di Dio, i cui obiettivi trascendono le volontà e i desideri delle singole creature. Sono sicuro che il pensiero mistico di altre tradizioni non cristiane vada in una direzione simile, dove l'inizio e la fine di ogni cosa sono nella beatitudine divina:
«Dalla beatitudine tutti gli esseri nascono,
nella beatitudine vivono,
e nella beatitudine infine si fondono»
(Taittiriya Upanishad, Bhrigu Valli, 3.6)
Cerchiamo di ricordarcelo.
(26 dicembre 2024)
Dimostrato che evitare i vaccini è la "misura sanitaria" preventiva più importante
Download copia dello studio scientifico: vaccini-malattie.pdf (15 novembre 2022)
Fonte: Garner, Joy. "Health versus disorder, disease, and death: Unvaccinated persons are incommensurably healthier than vaccinated." International Journal of Vaccine Theory, Practice, and Research 2.2 (2022): 670-686.
DOI: https://doi.org/10.56098/ijvtpr.v2i2.40
Mia traduzione delle conclusioni:
N.d.t.:
- CGS: Sta per Control Group Survey (Indagine sul gruppo di controllo). Si tratta di un'indagine condotta su un campione rappresentativo di individui non vaccinati negli Stati Uniti, che mira a confrontare gli esiti di salute a lungo termine tra popolazioni vaccinate e non vaccinate. I dati raccolti dal CGS sono utilizzati per evidenziare differenze statistiche significative negli esiti di salute.
- CDC: Rappresenta il Centers for Disease Control and Prevention. È l'agenzia di sanità pubblica degli Stati Uniti, che monitora e analizza le condizioni di salute pubblica, sviluppa linee guida e promuove campagne di vaccinazione. Nel contesto del documento, il CDC è citato sia come fonte di dati epidemiologici che come ente che promuove le politiche vaccinali.
In genere si sostiene che le persone non vaccinate hanno tassi più elevati di infezione da malattie “prevenibili da vaccino” rispetto a quelle vaccinate, ma in questo caso è dimostrato che i non vaccinati hanno tassi più bassi di danni che portano a malattie, disabilità e morte. Se l'obiettivo finale delle vaccinazioni fosse quello di prevenire danni, disabilità e decessi (e non sembra essere questo il caso), è evidente che hanno fallito. Al contrario, hanno aumentato drasticamente le condizioni di salute mortali e i decessi associati. Nel complesso, non c'è motivo di dubitare dei risultati essenziali del CGS: le persone che evitano i vaccini e l'iniezione di vitamina K sono molto più sane di quelle che accettano la falsa narrativa promossa dal CDC. I vaccini non salvano milioni di vite e non sono sicuri. Sebbene le infezioni da agenti patogeni che sono obiettivi del vaccino non fossero al centro dell'attenzione del CGS, è difficile credere che queste infezioni possano portare a esiti peggiori rispetto alle condizioni che le persone acquisiscono dopo aver ricevuto i vaccini che dovrebbero prevenirle.
[N.d.t.: Detto in termini più semplici e diretti, i problemi di salute causati dai vaccini superano quelli delle infezioni che dovrebbero prevenire. Suggerisco un confronto con "Medico radiato?! Secondo 153 medici italiani i bambini non vaccinati sono quelli più sani (lettera aperta al Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità)"]
Il CGS ha messo in luce il fatto che la “misura sanitaria” preventiva più importante che chiunque possa adottare per ridurre il rischio di malattie e disturbi invalidanti e mortali è semplicemente evitare l'esposizione ai vaccini e a tutti i prodotti farmaceutici correlati. Secondo i dati presentati qui, evitare questi prodotti riduce il rischio di qualsiasi condizione cronica in età adulta a meno del 5%. Ridurre il rischio di patologie croniche dal 60% (se ci si espone ai vaccini) al 5%, evitando tutti questi prodotti farmaceutici, è chiaramente una scelta di salute saggia. A mio avviso, non c'è dubbio che i vaccini siano in grado di causare una distruzione progressiva e a lungo termine della salute e che possano anche causare la morte. L'unica domanda che rimane, a cui ora il CGS ha risposto, è: quante sono le vittime? I grafici del Gruppo di Controllo dimostrano quante vittime ci sono state nel 2020, e questo prima dell'introduzione della nuova tecnologia, scarsamente valutata, utilizzata nei vaccini COVID-19. I vaccini danneggiano gravemente il sistema immunitario della maggior parte delle persone che vi sono esposte, causando così queste condizioni invalidanti e mortali, la maggior parte delle quali conduce a una morte precoce. Per concludere, basta osservare i risultati dei richiami multipli con le iniezioni di mRNA COVID-19 per capire che questi vaccini in particolare, i più costosi e i più distribuiti nella storia del mondo, non solo non sono sicuri, ma, in ultima analisi, sono notevolmente inefficaci nel prevenire sia la malattia da virus SARS-CoV-2 sia la morte dopo essere stati infettati e iniettati più volte con un vaccino COVID-19.
(26 dicembre 2024)
Gandhi e la modernità: lo sviluppo tecnologico non è progresso, ma regresso?
Il confronto tra "progresso" tecnologico e "sviluppo" tecnologico rappresenta una riflessione critica sulle implicazioni etiche, sociali e filosofiche della scienza e della tecnologia nella società contemporanea. Non a caso, all'inizio del libro che ho scritto insieme a Giulio Ripa, "Liberazione dell'intelletto per una nuova umanità", parliamo di un "equilibrio tra sviluppo tecnologico e valori umani fondamentali", evitando accuratamente di usare la parola "progresso". La distinzione tra i due concetti è essenziale per comprendere il rapporto tra l’uomo e il suo ambiente tecnologico, così come il modo in cui le innovazioni possono essere utilizzate per migliorare o deteriorare la qualità della vita.
Il "progresso" tecnologico si riferisce al miglioramento qualitativo e al potenziale etico di una tecnologia. Si tratta dell'idea che un'innovazione possa arricchire l'umanità, rispondere ai bisogni fondamentali e contribuire a una società più equa e sostenibile. D'altra parte, lo "sviluppo" tecnologico indica il processo quantitativo e continuo di avanzamento, spesso motivato da dinamiche economiche e commerciali, che solitamente portano con sé disuguaglianze, sfruttamento e danni ambientali.
L'idea che lo "sviluppo" tecnologico sia anche un "progresso" nasce dalla visione illuminista del XVIII secolo, un periodo caratterizzato da una fiducia crescente nella capacità della ragione umana di migliorare il mondo. Questo movimento culturale e intellettuale, che fiorì principalmente in Europa, considerava la scienza e la tecnologia come strumenti essenziali per liberare l'umanità dall'ignoranza, dalla povertà e dall'oppressione. Pensatori come Voltaire, Diderot e Condorcet promossero l'idea che il progresso scientifico e tecnologico potesse portare a una società più giusta, illuminata e prospera.
In questa prospettiva, il progresso tecnologico è intrinsecamente positivo, perché si suppone che porti miglioramenti universali, promuova la verità e il bene, e garantisca un futuro luminoso. Tuttavia, questa visione è facilmente smontabile per il suo determinismo ingenuo e per i risultati disastrosi dello "sviluppo" tecnologico contemporaneo, che non è né neutrale né positivo. È profondamente radicato in un sistema militarizzato e neoliberista, che sfrutta la tecnologia come strumento di dominio e profitto. I principali sviluppi tecnologici, dall'inizio dell'era industriale fino alla contemporanea intelligenza artificiale, hanno spesso avuto origine nel contesto di conflitti militari o comunque per fini strategici di dominio. Questo modello, alimentato da una logica predatoria, non si limita ad ampliare le disuguaglianze ma porta anche devastazione sociale ed ecologica.
Un esempio emblematico è quello riportato da Tiziano Terzani nei suoi libri "Un indovino mi disse" e "In Asia", che descrive gli effetti disastrosi della cementificazione delle risaie in Thailandia. In nome di uno "sviluppo" economico, i contadini sono stati abbandonati a loro stessi, mentre gli imprenditori si spostavano verso paesi ancora più poveri, lasciando dietro di sé terra devastata e comunità spezzate. Terzani racconta come le giovani donne delle campagne, private di opportunità, siano spesso finite a prostituirsi a Bangkok, simbolo di uno "sviluppo" che arricchisce pochi e distrugge le vite di molti. È ben noto che fenomeni simili si verificano anche in altre località turistiche ambite dagli occidentali, come Pattaya. Questo caso specifico della Thailandia è un esempio tra i tanti possibili che illustra chiaramente come lo "sviluppo" tecnologico, anziché promuovere il benessere universale, sia perlopiù un meccanismo di oppressione e sfruttamento. Non a caso, nel mio quadretto "Verso il 2025... I guardiani della Terra", ho messo la Thailandia al centro, in quanto simbolo significativo dell'oppressione di un popolo dimenticato dal main stream e martoriato.
Gandhi, a cui Tiziano Terzani faceva riferimento, criticava la civilizzazione occidentale industrializzata perché riteneva che incoraggiasse l'avidità, lo sfruttamento e la disumanizzazione. In particolare, nei suoi scritti, soprattutto nel libro "Hind Swaraj" (1909), sosteneva che la modernità e le macchine non fossero sinonimi di "progresso" umano. Egli credeva che le società del passato avessero scelto consapevolmente di limitare il loro "sviluppo" tecnologico – e in particolare la creazione di macchine – per evitare l'esplosione dell'avidità e dello sfruttamento.
La civiltà moderna, secondo Gandhi, non soddisfa mai, ma aumenta solo il desiderio, e lascia l'uomo più debole moralmente rispetto a prima. Egli propone uno stile di vita più semplice, basato sull'autocontrollo e sui valori spirituali, in contrapposizione al consumismo sfrenato e all'accumulo di ricchezze materiali. I nostri antenati, nella visione di Gandhi, erano felici con ciò che avevano e si rifiutavano di accumulare ricchezze materiali per evitare l'avidità e il conflitto. Pur trattandosi di una visione idealizzata della vita dei nostri antenati, il messaggio centrale di Gandhi sottolinea l’importanza di non ridurre tutto allo "sviluppo" materiale. Egli immaginava un passato in cui la sobrietà e l’autosufficienza venivano prima dell'avidità e del conflitto, senza però negare la complessità delle epoche precedenti.
L'idea di Gandhi degli eccessi contemporanei è facilmente dimostrabile. Ad esempio, se guardiamo ai paesi in cui lo sviluppo economico è consolidato e che da tempo non subiscono guerre sul proprio territorio, possiamo riconoscere come – dal punto di vista del benessere tangibile e dei comfort quotidiani – l’uomo medio di oggi goda di privilegi e risorse che un tempo sarebbero stati impensabili persino per i re dell’antichità.
Gandhi sosteneva che i progressi tecnologici fossero utili solo se al servizio dei bisogni fondamentali dell'umanità senza mettere a rischio i valori morali e spirituali. Non era contrario alla tecnologia in sé, ma piuttosto alla sua applicazione per fini egoistici e distruttivi.
Per approfondire, segnalo un'intervista a Gloria Germani di agosto 2024.
(25 dicembre 2024)