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Filosofia

Se fossimo in pace...

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Il vero problema è che, come esseri umani, raramente conosciamo la pace interiore.

Se fossimo pacificati, staremmo in mezzo alla natura e non avremmo avuto bisogno di inventare la lampadina, la tv, l'automobile, il telefono, il computer, Internet, le centrali nucleari e tutto il resto.

Chi è in pace, è in pace con quello che c'è.

L'uomo primitivo amava la sua donna, anche lei figlia, come lui, della terra e della fatica. Dopo l'amore, pacificati, contemplavano insieme il tramonto, e la vita scorreva così...

(11 ottobre 2025)

Come trovare pace

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autore: Giulio Ripa

Per diventare costruttori di pace o partigiani della pace è necessario iniziare un cammino per un nuovo modo di essere umani.
Si parte dalla propria coscienza fino a rigenerare un nuovo mondo possibile. 

Lo stato di coscienza ordinaria di un uomo è la separazione tra il soggetto che osserva (l’Io) e l'oggetto osservato (il mondo in cui viviamo).
L’osservatore non è presente come soggetto consapevole, in quanto il suo pensiero è scisso da se stesso e dal resto del mondo.
Se nella mente non si presta attenzione al soggetto che osserva, si perde la possibilità di conoscere sé stessi in relazione all’oggetto osservato, non c’è esame di coscienza, non ci si mette in discussione, colpevole è sempre l’altro. 
In questo stato interiore la mente divaga a seguito di un automatismo mentale che si identifica con quel centro di appropriazione del pensiero discorsivo-ricorsivo dell'Io egoico, bellico, condizionato e dipendente dall’interesse personale, dall’attaccamento ai propri desideri, ossessionato dalla identità e dalla sua frammentazione. 
La persona manifesta una forma di egoismo profondo di cui non è di solito consapevole, una evidente concentrazione su se stesso negli scambi interpersonali ed incapacità di vedere il mondo dal punto di vista degli altri.

Nell’autocoscienza invece il soggetto (l’Io) osserva se stesso che interagisce con l'oggetto (il mondo). Soggetto ed oggetto si sovrappongono, ma sono interdipendenti con azione reciproca tra l'uno e l'altro.

Svanita la separazione tra il soggetto ed il mondo osservato, in questo stato di coscienza unitario, la mente elabora la relazione fra se stesso e il mondo evitando qualsiasi identificazione con il proprio ego (io condizionato). 
La mente è così libera da ogni opinione e da ogni condizionamento psichico e concettuale. Soltanto se impariamo a guardare le cose con equanimità, senza l’interesse, senza l’avidità, senza l’ingordigia dell’ego, l’uomo può essere tutt'uno con il mondo. 
Conoscere se stessi in profondità, sapersi "osservare" dentro, con distacco quando si guarda il mondo, è la via per avere consapevolezza dei propri processi cognitivi senza illusioni.
Grazie a questo, si può osservare la realtà intera, l’interazione tra soggetto ed oggetto, senza la distorsione dell'ego provocata dall'interesse personale.
Mettere in discussione la struttura psichica dell’Io (egoico-bellico), libera l'uomo da una individualità separata da tutto il resto, riscoprendo la propria natura universale.

L'equilibrio tra mondo interiore e mondo esteriore è fondamentale per una maggiore consapevolezza nell'accettazione della vita nella sua totalità.
La mancanza di questo equilibrio tra interiore  ed esteriore porta nell’uomo ad una sofferenza esistenziale.
Cerchiamo di meditare per trovare pace nell'equilibrio (armonia) tra "dentro di me/fuori di me", senza giudicare, pur vivendo tra queste dicotomie. 
In realtà "dentro di me/fuori di me" sono un tutt'uno. Tutto è incluso.

Nella meditazione c'è una liberazione interiore dagli automatismi mentali, si modifica lo stato di coscienza per vedere senza illusioni la realtà così come è nel momento presente, con un Io in pace con se stesso e con il mondo, aperto pienamente alla relazione, cioè capace di amare e creare.
La liberazione interiore vuol dire rivoluzionare il modo di essere in relazione con altro, contemporaneamente trasformare il mondo quando è possibile. 
Interiormente liberi e quindi in pace con sé stessi, siamo amore incondizionato che crea relazioni per unire ogni cosa nel tutto, dove il tutto si compenetra in ogni cosa. Tutto in uno.

Facciamo due citazioni su come trovare pace:
"La persona che non è in pace con sé stessa sarà in guerra con il mondo intero. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo." (Gandhi)
“Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra. 
Ci vuole coraggio per dire sì all'incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio, grande forza d’animo.”
(Papa Francesco)

E' evidente che trovare pace significa agire senza violenza.
Questo non vuol dire essere passivi, ma essere dotati di una forza d'animo eccezionale per reagire alle ingiustizie.
Chi ha trovato pace, in un conflitto armato non si schiera con uno dei contendenti ma si schiera contro la guerra, contro l’uso delle armi, contro il commercio delle armi, ben sapendo che la guerra è sempre una sconfitta per molti mentre pochi se ne avvantaggiano. 

Nel caso di conflitti armati tra i tantissimi strumenti impiegabili come azione non violenta ci sono: le sanzioni economiche, la diplomazia, i negoziati,
i picchetti, il digiuno, il rifiuto di collaborare, il boicottaggio, l’arresto dell’attività lavorativa, lo sciopero, lo sciopero al rovescio (lavorando dove e quando non permesso), l'obiezione di coscienza, la disobbedienza civile come le manifestazioni non autorizzate,  l’obiezione fiscale, la diserzione militare, etc.

(Giulio Ripa, 5 ottobre 2025)

Tre esercizi per la pace interiore

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Guerra a Gaza, Palestina, desiderio di paceIl mondo ha più lacrime di quante ciascuno di noi possa immaginare.

Queste sono giornate di intense manifestazioni per la pace, ma cosa ne rimarrà a distanza di mesi, di anni, di decenni? Di solito il potere fa quello che vuole e governa gli umori delle masse come preferisce, indirizzandone l'azione per finalità diverse da quelle dei diretti interessati. Ciò che appare spontaneo è quasi sempre preparato da tempo e manovrato, senza che chi protesta ne abbia consapevolezza o sentore.

Alla fine, già dopo poco, di tanti movimenti popolari non è rimasto che uno sbiadito ricordo, senza miglioramenti per nessuno nonostante tutto il cuore e la passione. Purtroppo nell’animo di gran parte di noi c’è un crescendo di solitudine e di impotenza in cui i peggiori demoni si trovano a proprio agio. E quindi, cosa possiamo fare?

Non c’è via per la pace che non inizi da noi stessi. Tutto il resto è un “di più” che senza un allenamento interiore, con disciplina e costanza, porta poco lontano o, peggio, si rivela controproducente e dannoso.

Secondo me, la palestra quotidiana per allenare la pace interiore è fatta di tre esercizi, di cui due facili e uno difficile. 

1. Sostituire le certezze con dubbi, con possibilità

Ogni volta che siamo certi di un nostro pensiero o giudizio, proviamo a metterlo in dubbio, lasciando aperte più possibilità interpretative della realtà. Sentenziare che qualcosa che non ci piace sia sbagliato ci pone in conflitto con chi ha una certezza di tipo opposto, quindi non è un atteggiamento pacifico. Viceversa, dubitare che qualcosa che non ci piace sia saggio o utile, esprimendo perplessità, pone già noi stessi e gli altri in un modo più dialogante. Ma questo è solo l’inizio, anzi, il minimo.

I jainisti hanno ben inquadrato la questione con il concetto di anekāntavāda, che promuove una forma di ahiṃsā intellettuale (non-violenza nel pensiero e nel parlare), fatta di umiltà, dialogo, e rifiuto delle verità assolute proclamate in modo esclusivo. Nella pratica del jainismo orienta l’etica, la logica e il dibattito filosofico.

È un principio cardine, di solito tradotto come “dottrina della non-unilateralità” o del “molteplice”: la realtà è estremamente complessa e nessuna singola affermazione la esaurisce. Ogni enunciato è vero solo da un certo punto di vista e in certe condizioni. La disparità delle posizioni su un certo tema non va vista sotto il segno dello sconcerto e del caos, ma come una fonte di arricchimento.

2. Mettersi al servizio

Ciascuno di noi ha caratteristiche, possibilità, talenti. Invece di lamentarci che le cose non vanno come vorremmo, o che la vita è tremendamente difficile, possiamo cogliere le occasioni che ci vengono offerte, anche se fossero poche o rare, per dare il nostro piccolo contributo grazie a ciò che siamo. Certe cose possiamo farle noi e non altri, e viceversa. Questo ci aiuterà, giorno per giorno, a costruire rapporti basati sul completarci a vicenda, e questo è molto pacifico.

Viceversa, gareggiare per primeggiare in una guerra di ognuno contro tutti, serve solo a distruggere quello che di bello e buono abbiamo e a renderci stupidi. Non cerchiamo di essere migliori di nessuno, ma offriamo al mondo i nostri doni.

3. Convincimento interiore sulla bontà della vita

I primi due esercizi sono facili, questo invece è difficile, perché richiede la pazienza di un santo e la fede di un profeta. Se arriviamo al punto di considerare tutto ciò che accade, comprese le peggiori disgrazie, come qualcosa di necessario per il nostro bene, per la nostra crescita, per lo scopo per il quale ci siamo incarnati, allora siamo nella direzione giusta per essere costruttori di pace.

Serve quindi una fede che non può essere giustificata o motivata né dal ragionamento né dalla psicologia. E’ una consapevolezza interiore che si ha o non si ha. Le pratiche spirituali e gli insegnamenti possono aiutarci a risvegliarla, ma il percorso è personale. Un maestro può indicarci la via, ma sta a ciascuno di noi, come allievi, praticarla.

Ascoltiamo alcuni maestri:

  • Daisaku Ikeda (Buddismo di Nichiren)
    Se consideriamo le difficoltà della vita come sventura o come fortuna dipende interamente da quanto abbiamo temprato la nostra determinazione interiore. (fonte)

  • San Paolo (Cristianesimo)
    Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. (fonte)

  • Profeta Muhammad (Islam)
    Straordinaria è la condizione del credente: in ogni cosa c’è un bene; se la prosperità lo raggiunge, ringrazia ed è un bene per lui; se lo colpisce l’avversità, è paziente — ed è un bene per lui. (fonte)

  • Naḥum Ish Gamzu (Ebraismo rabbinico)
    Lo chiamavano Naḥum Ish Gamzu perché, qualunque cosa gli accadesse, diceva: “Anche questo è per il bene”. (fonte)

  • ‘Abdu’l-Bahá (Fede Bahá’í)
    Le prove sono benefici da parte di Dio, per i quali dovremmo ringraziarlo. Il dolore e il cordoglio non ci giungono per caso: sono inviati dalla Misericordia divina per la nostra perfezione. (fonte)

  • Śāntideva (Buddismo Mahāyāna)
    Inoltre, la sofferenza ha buone qualità: attraverso il disincanto essa dissipa l’arroganza; fa sorgere compassione per coloro che vagano nell’esistenza ciclica; si rifuggono le negatività e si trova gioia nella virtù. (fonte)

  • Bhāgavata Purāṇa 10.14.8 (Induismo, Vaiṣṇavismo)
    Colui che attende con fiducia la tua misericordia, mentre pazientemente sopporta i frutti delle azioni passate e ti rende omaggio con cuore, parole e corpo, diventa certamente degno della liberazione. (fonte)

  • Laozi, Tao Te Ching 58 (Taoismo)
    La sventura poggia sulla fortuna, e la fortuna si nasconde nella sventura; chi può conoscerne il termine? (fonte)

Ringraziamo i maestri dell'umanità. Le loro parole sono tanto più utili quanto più servono a confermare ciò che interiormente abbiamo già compreso.

(5 ottobre 2025)

W la vita!

L’illusione dell’IA: quando la tecnica divora l’uomo

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Partiamo da una notizia che sottolinea il ruolo dell'IA nella distruzione di una delle basi della società, ovvero del lavoro:

«Secondo la Federal Reserve Bank di New York, oggi i laureati in informatica e ingegneria registrano un tasso di disoccupazione superiore a quello di chi ha studiato discipline umanistiche come storia dell’arte o letteratura inglese.
 
Anche la domanda di lavoro ha subito un calo significativo: le offerte per ingegneri del software pubblicate sulla piattaforma Indeed sono diminuite del 71% tra febbraio 2022 e agosto 2025».
 
(tratto da Red Hot Cyber)

Se non fosse chiaro, sviluppatori software e ingegneri stanno venendo sostituiti da macchine. Stesso discorso per un numero crescente di altri tipi di lavori.

L'IA è il più grande mago illusionista mai conosciuto, capace di sedurre ed elargire presunti doni mentre si porta via ogni speranza di vita.

Ricordiamoci che l'IA non è solo un mattatoio di intelligenze e una standardizzazione del pensiero, ma è anche e innanzitutto un prodotto dell'industria bellica, un'arma contro la dignità e libertà di ogni persona. Giusto per esser chiari, non stiamo parlando solo di chatbot come ChatGPT. «Tutte le imprese specializzate nell’intelligenza artificiale militare si stanno gettando in Ucraina. Per loro è l’occasione per testare i prodotti sul campo. E per raccogliere enormi moli di dati operativi. Una miniera d’oro» (Laure de Roucy-Rochegonde, ricercatrice dell’Istituto francese per le relazioni internazionali, fonte)

Suggerisco una lettura del report: "L’intelligenza artificiale va al fronte" (aprile 2024).

Siamo in un'epoca di impazzimento collettivo. Anche le persone più colte e rispettate sono impazzite.

Gli unici che ancora hanno un po' di lume della ragione sono i filosofi, ma non tutti... solo quelli che non hanno interesse a coprire le porcherie del potere.

Ripartiamo dalla filosofia, perché presto sarà l'unica arma rimasta per chi avrà perso tutto.

Coloro che invece si lasciano trasportare dai venti del momento, sono zombie che camminano, sono già morti.

(30 settembre 2025)

Una filosofia per sopravvivere in tempo di guerra

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1. Noi siamo ciò che siamo per ciò che siamo tutti, in relazione a ciò che c’è. Colpevolizzare o responsabilizzare troppo il singolo non ha molto senso. Affrontiamo ciò che l’inesorabile fato ci chiede, visto che mai si è lasciato impietosire dalle preghiere. Altri, comunque, stanno molto peggio di noi.

2. Facciamo il meglio che possiamo con quello che abbiamo, a cominciare dai nostri limiti e follie. Questo non significa che stiamo facendo la cosa giusta, perché il giusto o lo sbagliato cambiano facilmente a seconda della consapevolezza. Facciamo il nostro meglio in un dato momento con quello che c’è, e con i molteplici intricati vincoli e condizionamenti che il caos dell’esistenza ci impone senza deroghe.

3. Mentre i nostri bisogni ci affamano, ci addolorano, ci costringono e ci invalidano, i nostri desideri ci mantengono in vita. Non ci conviene, però, dar loro troppo credito, o quantomeno non più di quello che daremmo alle divinazioni fatte sulla base del volo degli uccelli e delle nuvole. Dobbiamo comprendere la vera natura dei nostri desideri, il cui appagamento è come quello di chi trova un forziere ricolmo di tesori in un sogno dentro un sogno. Questo vale per tutti i desideri, compreso il desiderio di amare, di essere amati e di vivere. Quando ci risvegliamo dal sonno profondo dell’esistenza, non rimane nulla di questi, se non l’effetto della nostra stupidità o della nostra saggezza.

4. La guerra è fatta per abbruttirci, ma anche nei tempi di pace la virtù è rara e precaria come l’equilibrio dei funamboli. Come indizio del nostro stato, dovremmo considerare quanta attenzione dedichiamo a noi stessi come agenti isolati e sofferenti in un mondo ostile, e quanto impegno, invece, riserviamo nel sentirci parte di “qualcosa di più grande” che richiede la nostra compassione, gentilezza e rinuncia alla violenza.

5. I cocci rotti del passato non si possono più sistemare, e quelli del futuro devono ancora essere spaccati sulle nostre teste. Prima o poi arriverà il momento, ma non c’è fretta di farci male. Meglio stare nel presente con quello che c’è, e ringraziare la rara fortuna di avere qualche amico in un tempo in cui disgrazie e calamità sono indaffarate come la falce sul grano. 

5+1. Nessuno di noi ha la certezza di essere baciato dal sole di domani, o di risvegliarsi con i propri cari ancora vivi. Ma anche se la vita fosse lunga, non c’è mai freno ai perversi divertimenti del fato, delle malattie e di chi si nutre delle nostre sofferenze. Ciò nonostante, ricordiamoci che il nostro cuore non batte mai solo per noi stessi. C’è sempre molto più che ci tiene vivi e che giustifica la vita.

(23 settembre 2025)

Il coraggio della verità sull’IA

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L’IA è un progetto diabolico che produrrà effetti più devastanti di un conflitto nucleare. Ci distruggerà la mente e l’anima, rendendo le persone normodotate incapaci, deficienti, handicappate.

L’informatica delle origini, quando si faceva tutto a mano e con uno sforzo enorme, mi piaceva, mi divertiva, aveva il suo perché. Oggi invece l’IA ha posto la pietra tombale sul “fare” con le proprie capacità, i propri limiti, il proprio studio e i propri continui provare e riprovare, trasformando l’Informatica da scienza a mattatoio di intelligenze.

Se imparo qualcosa di nuovo, anche solo una parola, allargo la mia consapevolezza e le mie possibilità. Ma oggi non c’è più nulla da imparare, perché a forza di semplificarci la vita, con le innovazioni tecnologiche, la stiamo riducendo da umana a vegetale.

Microsoft ha in programma per i prossimi anni, all’incirca nel 2030, l’uso dei computer senza mouse e senza tastiera, in quanto l’unica a fare qualcosa sarà l’IA. Noi, al massimo, dovremo soltanto dirle che cosa desideriamo che faccia.

A quel punto sarebbe meglio non usare per niente né i computer né gli smartphone, e dedicarci a qualcos’altro di più reale e faticoso.

(9 settembre 2025)

Per approfondimenti, segnalo la mia intervista su Youtube: Un'alternativa all'IA (che non è nostra amica) 

La relazione come vera resistenza

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Le cose che accadono hanno sempre un significato, tuttavia la nostra società odierna fa tutto il possibile per svuotare di senso le nostre vite.

Oggi l'intelligenza artificiale colonizza il nostro spazio del giudizio e dell’azione: anticipa i nostri gesti, ci offre risposte prefabbricate, riduce l’intervallo tra la domanda e la risposta, ovvero il tempo della ricerca e della riflessione. Nel farlo, spezza il legame tra l'impegno e il risultato, tra l'esperienza e la comprensione. Se il compito è esternalizzato all’algoritmo, a noi non resta che la falsa illusione del controllo di ciò che stiamo facendo e la fatica di interpretare ciò che non abbiamo realmente fatto. Il tutto in una chiave solipsistica in cui manca la relazione con gli altri. Se poi "l'altro diverso da me, con cui mi relaziono" è solo la macchina, sarebbe come mangiare cibo senza alcun sapore né odore, o come pretendere nutrimento ed energia da un edulcorante.

Due cardini della nostra identità — “apprendere” e “fare” — si stanno indebolendo. L’apprendimento diventa consumo rapido di contenuti, non sedimentazione; l'agire si trasforma in supervisione passiva dell’output della macchina. Il problema è che più accumuliamo scorciatoie, meno sviluppiamo noi stessi, la nostra capacità di giudizio e le nostre relazioni umane, che sono quanto di più sacro e necessario abbiamo.

Mentre basiamo le nostre vite su sistemi infernali che non comprendiamo, il saper fare, che nasce dall’errore, dal tempo e dalla responsabilità, viene rimpiazzato da automatismi che ci esonerano dal decidere.

Ormai in molti campi, il lavoro già lo fa l'intelligenza artificiale, che riesce meglio di ciascuno di noi a star dietro ai frenetici cambiamenti di un mondo impazzito. La prassi odierna è di sostituire il vecchio consolidato con un nuovo che durerà pochissimo, in una corsa sempre più veloce verso un muro inamovibile. I binari del treno dell'innovazione, infatti, finiscono contro le rocce dei nostri limiti e dei nostri bisogni di base. Ma prima ancora, tali binari rischiano di crollare su ponti fragilissimi, costruiti sull'inganno che sia possibile trascendere madre Natura.

Per la prima volta nella storia dell'umanità, linguaggio e tecnologia viaggiano insieme attraverso l'applicazione delle intelligenze artificiali. Questo connubio maledetto sta mettendo in crisi le nostre relazioni. L'accelerazione tecnologica non darà il tempo a nessuno di noi di adattarsi alla macchina “pensante”, rendendo sempre più fragile e incerto il nostro stare al mondo, il nostro vivere, il nostro “amare”. 

Immaginiamo quando l'apprendimento dei bambini, a casa e a scuola, sarà supportato solo dall'intelligenza artificiale. La relazione tra il docente artificiale e il discente umano sarà deformata e deformante, fredda, senza cuore, senza calore umano. In questa scuola del futuro, i bambini saranno convinti che l'intelligenza artificiale sia un oracolo, la bocca della verità, il loro riferimento culturale. Ma non c'è bisogno di andare lontano nel tempo, in alcuni casi è già così anche per gli adulti. A chi crederanno i bambini? Ai genitori o all'intelligenza artificiale? La domanda è retorica.

Tutto ciò accade dentro un clima di emergenza permanente — guerra, collasso economico e malattie — che alimenta l'ansia, ci frammenta l’attenzione e ci spinge alla delega. La prima guerra, però, è quella contro l’essere umano, contro la nostra capacità di dare significato a noi stessi e agli eventi, di apprendere davvero, di agire in prima persona. In questo modo, il potere usa la tecnologia per mettere in catene la nostra anima e la nostra possibilità di capire "chi siamo", rendendoci spettatori passivi e sfiduciati delle nostre vite.

Le persone passive e senza motivazioni, infatti, sono le più facili da controllare. Un popolo fatto di persone rassegnate lascia campo libero a coloro che detengono il potere. Tuttavia, non abbiamo alcun obbligo di cedere di fronte ai drammi odierni, semplicemente accettando che tutto debba per forza finire male.

L'unica cosa che non cambia nel tempo è il cambiamento e la sua imprevedibilità. Il divenire è una continua trasformazione nella vita di ciascuno di noi. Adesso è come se fossimo tutti malati in un mondo malato, eppure sta a noi la scelta fondamentale se vivere questi tempi drammatici come un'opportunità o come una condanna.

Vorrei citare, a tal riguardo, "La saggezza del Sutra del Loto" (vol. 1, pag. 179), di Daisaku Ikeda:

Toda lo spiegava in modo semplice: «Per il fatto di aver abbracciato il Gohonzon, la vita di un malato sarà trasformata grazie a un profondo senso di serenità ed egli troverà piacere nel semplice fatto di vivere.
 
«Godere pienamente della propria vita significa essere un Budda. Per quanto possiamo gioire della nostra vita, possediamo i nove mondi, quindi inevitabilmente qualche volta soffriremo, ma scopriremo che la natura della nostra sofferenza e dei nostri problemi è cambiata. Mentre prima eravamo assorbiti dai nostri problemi e dalle nostre preoccupazioni, ora riusciamo a prenderci cura anche degli altri. Non trovate che ritenere la vita stessa una gioia assoluta sia ciò che si intende per essere Budda?»
 
La vita ha i suoi piaceri e le sue pene, ma coltivando una profonda fede riusciremo a rafforzare i dieci fattori del mondo di Buddità e potremo gioire dei momenti buoni come dei momenti cattivi. Tutto ciò lo dobbiamo al Gohonzon e quindi dovremmo provare una profonda riconoscenza per il Daishonin.

Ecco, dare importanza alle relazioni significa dare significato alle nostre esistenze, anche in un mondo che è quello che è. La vita è innanzitutto relazione, proprio quella relazione che la tecnologia, e più in generale tutte le nostre illusioni e i nostri limiti, vogliono spezzare o semplificare. Ma nel campo di battaglia dell'esistenza, semplificare significa ingannare noi stessi. Meglio vivere pienamente.

(6 settembre 2025, rielaborazione di idee maturate insieme a Giulio Ripa, che ringrazio)

Per approfondimenti, segnalo la mia intervista su Youtube: Un'alternativa all'IA (che non è nostra amica) 

Il collasso dell’essere umano?

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Finché ci sarà una quantità abnorme di soldi, praticamente illimitata, ad alimentare l’intelligenza artificiale e la guerra, queste non collasseranno mai.

Casomai, sono le fondamenta del vivere sociale che stanno collassando. Gli episodi tecnici di disconnessione, per il momento rari, servono solo a rivelare quanto siamo fragili.

Camminare in mezzo alle persone, su una strada affollata dove c’è di tutto, dai mutilati ai vagabondi, dalla gente “normale” a quella che fa sfoggio della propria ricchezza o giovanile bellezza, dagli artisti soli ai matti ben accompagnati, è un sano “bagno di realtà”.

Ma un’intera popolazione che si ritrovasse senza accesso né all’intelligenza artificiale né a Internet, sarebbe un ulteriore e più profondo tuffo nella realtà che ci sbatterebbe in faccia quel che siamo diventati.

Tutto è transitorio, non permanente, senza un sé. Questo vale per l’uomo, ma anche per l’intera società, destinata a finire nel nulla della propria ignoranza e arroganza. Finché l’uomo continuerà a cercare all’esterno quello che già ha dentro, sarà messo peggio di un cane randagio e ammalato.

I venti di guerra soffiano impetuosi, ma ciascuno rimane abbandonato a se stesso. Tutti gli investimenti economici vanno verso la distruzione di quanto gli ultimi millenni di civiltà hanno costruito.

L’incontro tra uomo e donna è sessuale, spirituale e valoriale, fatto di morale e di etica: questo è il fondamento delle comunità umane sin dalla notte dei tempi. Oggi tutto questo è sostituito dai social e dall’intelligenza artificiale, e da una politica distruttiva che considera l’essere umano come se fosse un tumore da estirpare. Gaza è lo specchio dei nostri tempi.

Ma cosa siamo diventati?

(3 settembre 2025)

Le due risorse

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Ci saranno drammi sociali enormi in tutto l'Occidente a cui nessuno di noi è preparato, uniti a guerra e a collasso economico, oltre a servizi sanitari e sociali in genere che saranno sempre meno accessibili. Aumenteranno la criminalità e lo smarrimento.

Abbiamo due risorse. Una è molto limitata e scarsamente rinnovabile, la felicità. L'altra è inesauribile e sempre rinnovabile, la sofferenza. Ma trasformare la sofferenza in saggezza significa diventare liberi.

(11 agosto 2025)

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