Se esiste un inferno, questo si trova nelle parole e nei ragionamenti, dei quali, peraltro, l’IA generativa, il web, i social e Internet in generale sono la massima espressione. La beatitudine, di contro, ama il silenzio.
Se le nostre azioni, e più in generale il nostro stare al mondo, vanno verso un Bene Supremo, di cos’altro dobbiamo preoccuparci? Secondo me, tale bene non è altro che la “Comunità”, nel senso più ampio del termine, ovvero la rete di relazioni di cui facciamo parte. E il massimo bene di ogni comunità non è altro che la coesistenza con le altre comunità. La prima necessità di tutte le comunità è la sacralità del territorio, senza il quale non potrebbero esistere.
Il focus quindi non è più sull’io, sull’ego, sul proprio punto di vista, ma sulla rete di relazioni e sul curarsene. Tutto qua. Al di fuori di questo, ci sono solo sofferenza, dolore e guerra.
Da questa prospettiva, la felicità personale rimane sullo sfondo, come un’immagine sfuocata e sbiadita dei propri desideri. Meglio vivere per il Bene Supremo, cioè per la Comunità, ovvero vivere secondo l’esatto opposto di ciò che il mondo, con i suoi infiniti condizionamenti, ci invita a fare.
Non mi sto riferendo ad una comunità ideale fatta di persone solidali ed empatiche, ma a quella reale, con i suoi problemi, le sue cattiverie, le tante ingiustizie, stupidità e follie. Al di fuori di essa, non abbiamo nient’altro. Noi siamo ciò che siamo per ciò che siamo tutti. E l'amor fati vale molto di più della felicità.
(9 novembre 2025)
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