Per prima cosa, gli altri sono esseri umani come noi. Non c'è motivo di dividere il mondo in "noi" e in "loro", siamo tutti in un percorso di vita. Molte persone sono smarrite, e nella loro sfortuna non hanno ancora udito i preziosi insegnamenti che danno sollievo a tutte le creature. Per rendere tutto più difficile da vivere, accrescendo solitudine e impotenza, il Re Demone ha il quasi monopolio di tv, social e intelligenza artificiale.
Maggiore è la fiducia che diamo alle creazioni tecnologiche, con preferenza a contatti umani mediati da app di vario genere, è minore è la fede che abbiamo in noi stessi, negli altri, e nella vita. Certo, all'ombra del male c'è il bene, e viceversa, quindi comunque abbiamo la possibilità di fare cose che hanno un valore profondo anche nel contesto di un mondo iper-tecnologico, però dobbiamo stare molto attenti. I contesti virtuali sono creazioni illusorie che rubano vita, per questo il Re Demone, il ladro di vita, si trova in esse a suo agio, come se fossero la sua casa.
Ripartiamo dalle basi, da quell'ABC che non viene mai detto, come se fosse un segreto:
A. Nessun mezzo tecnologico è neutrale. Il mezzo è il messaggio. Non è questione di "come" lo si usa, ma il fatto stesso di usarlo trasforma profondamente il modo in cui percepiamo la realtà, il modo in cui la costruiamo e quello con cui ci relazioniamo con gli altri. I social network, invece di promuovere la democrazia e la connessione umana, spesso amplificano la competizione, l'odio, l'invidia e l'isolamento sociale, portando ad una svalutazione dell'essere umano, ridotto a cercare validazione attraverso likes e followers. Ho affrontato questi temi nella mia intervista "La base dell'educazione umana è l'amore, non lo smartphone", del 26 agosto 2024.
B. I progetti sul web, sui social o su specifiche app a scopo umanitario, spirituale o comunque di mutuo aiuto, senz’altro lodevoli, sono anche una risposta al problema della solitudine? E, più in generale, lo sono le varie comunità online? Finché si tratta di stare "soltanto" davanti a un computer o con lo smartphone, seppur con le più alte finalità sociali, la risposta è necessariamente negativa, perché quel "nutrimento affettivo" di cui ha un gran bisogno l’essere umano non può essere mediato da alcuna tecnologia (computer, smartphone, intelligenza artificiale o altro). Ho spiegato perché nella mia tesi di laurea "Solitudine e Contesti Virtuali", del 21 gennaio 2014.
C. Credere all'inganno che con l’intelligenza artificiale – e con la tecnologia in generale – si possa fare tutto, a cominciare dal superamento della sofferenza e della solitudine, significa credere all'oggetto di culto sbagliato. Il più grande furto che ci può fare il nostro contesto sociale iper-tecnologico è la perdita del senso della vita. Tolto il senso della vita, tolta la socialità, tolto il pensiero e tolto il lavoro, non rimane che la guerra? Non rimane che "ubbidire, credere e combattere" per dare un senso ai propri giorni? Se oggi ci sono ragazzi che abbandonano l'Italia per morire da mercenari, o che si suicidano per vincere una sfida sui social, c'è un motivo. Ho discusso di questo ed altro nella mia intervista "Un'alternativa all'IA (che non è nostra amica)", del 25 gennaio 2025.
Ricapitolando, la dinamica dei social e di app di vario genere è di indurre sentimenti di invidia, gelosia, competizione, narcisismo spinto, con un declino del proprio e dell'altrui benessere. I social sono costruiti appositamente per far litigare e far star male (lo ripeto: "appositamente", cioè "intenzionalmente") prolungando il più possibile l'esposizione ad essi. Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente per la crescita di Facebook, nel novembre 2017, durante un talk alla Stanford Graduate School of Business (vedi video integrale), disse di provare «tremendo senso di colpa» e che «abbiamo creato strumenti che stanno strappando il tessuto sociale di come funziona la società», invitando le persone a prendersi una "hard break" dai social (dichiarazioni riprese dal Guardian, nell'articolo "Former Facebook executive: social media is ripping society apart"). Nello stesso periodo, Sean Parker (ex presidente di Facebook) disse che Facebook sfrutta la «vulnerabilità della psicologia umana» e che gli ideatori «lo sapevano consapevolmente, e l’abbiamo fatto lo stesso». Queste sono dichiarazioni della massima gravità riprese da Axios, nell'articolo "Sean Parker: Facebook was designed to exploit human "vulnerability"", che confermano la reale natura dei social.
Ciò nonostante, generalmente usiamo social e sistemi di messaggistica come riempitivi di vuoti interiori, come surrogato di una vicinanza fisica e di un contatto fisico che non c'è. Ciò amplifica la solitudine e il vuoto, in una spirale di negatività che può tenerci lontani dal nostro sole interiore, dalle persone più vicine e da uno o più aspetti della pratica buddista. In tal caso, il Re Demone gioisce.
Consapevoli di queste debolezze umane in un contesto tecnologico ostile per le nostre relazioni, la nostra missione di Bodhisattva richiede particolare attenzione. "Capire gli affari di questo mondo" significa anche capire la natura demoniaca dei mezzi che usiamo nella vita quotidiana. Quello che possiamo fare è innanzitutto esserne consapevoli, e poi inviare daimoku a tutte le nostre relazioni, in particolare a coloro che cadono in tristi comportamenti online che non portano alcun beneficio o valore né a sé né agli altri.
Anche le relazioni faccia a faccia sono diventate oggi molto più complicate che in passato, ma l'importante è provarci e trasformare con il daimoku le cose che non vanno. Ricordiamoci che al di fuori delle relazioni non c'è nient'altro, noi siamo relazione, la vita è relazione. Niente e nessuno esiste di per sé, ma solo in relazione dinamica a qualcos'altro, in continuo cambiamento. Questo il Buddismo lo chiama vacuità, o Via di Mezzo tra l'esistenza e la non-esistenza.
Per i giovanissimi tutto questo è assai più complicato che per noi, perché nascono in un mondo che sostituisce le relazioni con finte connessioni virtuali. I mali fisici, psichici e animici che ne conseguono sono un'infinità, con «modificazioni cerebrali simili a quelle che si ottengono in caso di alcolismo o dipendenza da droghe quali eroina, cocaina, marijuana, metanfetamina e ketamina» (come documentato nella succitata tesi di laurea).
Ecco una ricetta semplice per tutta questa oscurità: amiamo la vita, amiamo le persone e desideriamo il bene di tutti, ovvero ardiamo del desiderio di vivere come Bodhisattva, il resto verrà di conseguenza. Anche quando non è questo il nostro stato vitale, ripartiamo sempre dal potere trasformativo di Nam-myoho-renge-kyo e ricordiamoci che il Budda ci ha affidato la Legge mistica come «buona medicina per i mali della gente di Jambudvipa» (dal Gosho "La buona medicina per tutti i mali").
I social sono pieni di veleni, ma il Daishonin ci ha insegnato a trasformare il veleno in medicina:
«[...] Tutto è cambiato quando iniziai a conoscere la vita del maestro Daisaku Ikeda. Comprendere che anche lui aveva fronteggiato in giovane età sfide apparentemente insuperabili, con la decisione assoluta di vincere per la felicità di tutto il genere umano, fece nascere in me un profondo senso di gratitudine nei confronti del suo grande cuore. Iniziai a percepire che il mio destino poteva essere ribaltato, al di là delle mie capacità e di quello che le difficoltà mi facevano credere, e che se anche quella fosse stata la sfida della mia vita, mi sarei dedicata a ripagare questo profondo debito di gratitudine.
Cominciai a recitare Daimoku con il pensiero costante che myo significa “tornare a vivere”. Volevo ridare vita a ogni mia cellula, approfondendo la visione del Sutra del Loto secondo cui possiamo trasformare il karma nella nostra missione e il veleno in medicina.
La mia malattia è ancora definita “incurabile” ma, proprio perché secondo il Buddismo anche il karma “immutabile” può essere trasformato, ho iniziato a sentire che con la preghiera avrei potuto guarire la causa profonda di questa mia sofferenza karmica. [...]»
(tratto da: "Ho preso per mano la mia malattia", Buddismo e Società 256, maggio 2025)
Tutto è collegato. Sono partito parlando di social e sono arrivato a citare l'esperienza di una malattia ritenuta incurabile. In effetti, la tv, i social e l'intelligenza artificiale oggi si presentano come una malattia incurabile. Nichiren ci ha detto cosa fare, e i nostri maestri della Soka Gakkai anche.
(25 agosto 2025)