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Spinte e Ingiunzioni: motivazioni nascoste dei nostri comportamenti

Osserviamo un modello della psiche umana, in cui ciascuno di noi potrà riconoscere qualcosa di sé, tratto dal libro "Dentro l'AT. Fondamenti e sviluppi dell'Analisi Transazionale". In alto osserviamo le spinte (sforzati, sbrigati, ecc.), in basso le ingiunzioni (non sentire, non esistere, ecc.).

Le spinte sono obblighi. Le ingiunzioni sono divieti più o meno letali, che funzionano come comandi interni che disturbano e contaminano il corretto funzionamento psicologico e alterano l'integrità e l'efficienza di un individuo.

Analisi Transazionale - Spinte e Ingiunzioni

Le spinte sono un modo per non entrare in contatto con il dolore provocato dalle ingiunzioni. In altre parole, ci aiutano a rimanere a galla, come mostra il disegno, e a non affogare in sentimenti molto dolorosi. Ma non è un aiuto sano, tutt'altro, e la qualità della vita ne risente negativamente.

Vediamo le principali ingiunzioni interiorizzate da piccoli e che possono influenzare tutta la vita, prendendo come riferimento il libro "Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale" e l'articolo "Comandi e proibizioni interiori: le ingiunzioni come spinte negative":

  • Non - Questa ingiunzione è data da genitori che hanno paura. A causa della loro paura, essi non permettono al bambino di fare molte cose normali: non avvicinarti alle scale (al bambino che trotterella appena); non arrampicarti sugli alberi; non pattinare; ecc. A volte questi genitori non volevano il bambino, riconoscono il loro desiderio primitivo che il bambino non esista e, sentendosi in colpa e terrorizzati dai loro stessi pensieri, diventano iperprotettivi. Altre volte il genitore diventa fobico, psicotico o iperprotettivo dopo aver perduto altri bambini a causa di una malattia o di un incidente. Man mano che il bambino cresce, il genitore si preoccuperà di qualsiasi azione il bambino proponga e dirà: "Ma forse sarebbe meglio se tu ci pensassi ancora un po’". Il bambino crede che niente di quel che lui fa sia giusto o sicuro, non sa che fare, e cerca qualcuno che glielo dica. Un bambino del genere avrà molta difficoltà a prendere decisioni, più avanti nella vita.
     
  • Non essere - Questo è il messaggio più letale e il primo da affrontare in una terapia. Può essere trasmesso in maniera sottile, come: "Se non fosse per voi bambini, divorzierei da vostro padre”. In modo meno sottile: "Vorrei che tu non fossi mai nato... così non avrei dovuto sposare tuo padre”. Il messaggio può essere trasmesso non verbalmente, attraverso il modo in cui il genitore tiene in braccio il bambino, senza cullarlo, si abbuia e brontola durante il bagnetto e i pasti, urla quando il bambino vuole qualcosa o è fisicamente violento. Ci sono un'infinità di maniere in cui si trasmette questo messaggio.
    Questa ingiunzione può esser data da madre, padre, bambinaie e governanti e da fratelli e/o sorelle.
    Un genitore può essere depresso perché il bambino è stato concepito prima del matrimonio o quando i genitori non volevano più bambini. La gravidanza può essersi conclusa con la morte della madre e il padre o i nonni danno al bambino la colpa di quella morte. Il parto può essere stato difficile e il bambino incolpato perché era troppo grande quando è nato: "Mi hai squarciato quando sei nato”. Questi messaggi, ripetuti molte volte in presenza del bambino, diventano il "mito della nascita”, che dice: "Se tu non fossi esistito, le nostre vite sarebbero migliori”.
    Il comando interiore "non essere" porta a un sentimento in cui la svalutazione di sé è talmente massima che la persona tende a non dedicarsi alla cura di sé come essere senziente e pensante. È una condizione che può facilmente spingere ad uccidersi.
     
  • Non entrare in intimità - Se un genitore scoraggia il bambino dall'avvicinarsi, il bambino interpreterà ciò come un messaggio: "Non entrare in intimità”. La mancanza di contatto fisico e la mancanza di carezze positive inducono il bambino a questa interpretazione. Inoltre, se il bambino perde un genitore a cui si sentiva vicino, per morte o per divorzio, può darsi da solo questa ingiunzione, dicendosi cose come: "Che scopo c'è ad entrare in intimità, tanto poi muoiono” e decidere di non entrare mai più in intimità con nessuno.
     
  • Non essere importante - Se, per esempio, un bambino non ha il permesso di parlare a tavola, gli si dice: "I bambini si devono vedere, ma non si devono sentire”, o lo si svaluta in qualche altro modo, lui può recepire questi messaggi come un: "Non essere importante”. Può ricevere questo messaggio anche a scuola.
    Questo è l'ordine interno che raccomanda alla persona di non sentirsi di valore. Quello che fa, sente, dice, pensa o percepisce, non ha molto valore ai suoi stessi occhi, e tutti i rimandi che tendono invece a potenziare o riconoscere le sue qualità sono minimizzati o deprezzati. È il tipico comportamento, molto usuale, di chi non fa caso, sminuisce, o devia un complimento, magari mettendo subito in evidenza una sua parte manchevole o deficitaria.
     
  • Non essere un bambino - Questo è il messaggio mandato da genitori che chiedono agli altri figli di occuparsi del più piccolo. È mandato anche da genitori che cercano di educare troppo presto alla pulizia, giudicano i bambini "ometti” o "donnine” dal momento in cui muovono i primi incerti passi, gli danno carezze perché siano educati prima che i bambini sappiano che cos'è l'educazione, e gli dicono, quando sono ancora in fasce, che solo i bambini in fasce piangono.
     
  • Non crescere - Questa ingiunzione è spesso data dalla madre al suo ultimo bambino, che sia il secondo o il decimo. E anche data spesso dal padre a una ragazza nel periodo pre-puberale o in piena pubescenza, quando egli comincia a sentire stimoli sessuali e se ne spaventa. Può allora proibire alla ragazza di fare le cose che tutte le sue amiche fanno come truccarsi, mettersi vestiti adatti alla sua età, uscire con ragazzi. Inoltre, il padre può interrompere le carezze fisiche appena la ragazza diventa troppo matura e lei interpreta ciò come: "Non crescere o non ti amerò più”.
     
  • Non avere successo - Se prima il padre batteva sempre il figlio a tennis ma quando il figlio comincia a vincere il padre smette di giocare con lui, ciò può essere interpretato dal figlio come: "Non vincere o non mi piacerai più”, che si trasforma in: "Non avere successo”. Le critiche costanti da parte di un genitore perfezionista danno il messaggio: "Non fai niente nel modo giusto”, che si traduce in: "Non avere successo”.
    Questo è il tipico comando interiore di chi, per sentirsi realizzato, paradossalmente, deve fallire, perché è in questo modo che si può riconoscere e giustificare alla vita. Se non riesce, conferma a se stesso di essere incapace, e tale abito, anche se lo invalida nelle sue competenze, lo rassicura circa l’idea di sé, che anche se squalificante gli dà il diritto di esserci.
     
  • Non essere te stesso - Questo messaggio è dato soprattutto al bambino che nasce del sesso "sbagliato”. Se la madre ha tre maschi, e ne nasce un quarto, essa può fare di questo bambino la sua "figlia”. Se un maschio vede che le femmine ricevono un trattamento di favore, può interpretare ciò come: "Non essere un maschio o non avrai mai niente” e avere problemi di identificazione sessuale. Un padre può non farcela più dopo quattro femmine, e insegnare alla quinta cose da "maschio” e da "uomo”, come giocare a calcio.
    Questo è il comando interiore di chi deve continuamente confrontarsi mediante la maschera, simulando emozioni che non ha, esprimendo pensieri ed identità che non gli appartengono; forse perché percepisce tutto questo come protettivo e cautelativo, rinunciando di fatto alla manifestazione autentica di sé, quindi anche in termini di bisogni, pagando alto il prezzo della mancanza di assertività; costruendo presumibilmente rapporti fittizi ed inconcludenti.
     
  • Non essere sano di mente e Non stare bene - Se i genitori fanno carezze ai bambini quando stanno male, e non gliene fanno affatto quando stanno bene, ciò è equivalente a dir loro: "Non stare bene”. Se comportamenti da matto sono ricompensati, o se si dà l'esempio di comportamenti folli e non li si corregge, l'esempio stesso si trasforma nel messaggio: "Non essere sano di mente”. Molti figli di schizofrenici hanno difficoltà nell'effettuare un esame di realtà, anche se non sono veramente psicotici. Si comportano da matti, e vengono spesso trattati come se fossero psicotici.
    Questo comando spinge a rendere precaria o compromessa la propria condizione psicofisica. Ciò porta a ricoprire il ruolo di vittima.
     
  • Non far parte - Se i genitori si comportano continuamente come se dovessero trovarsi da qualche altra parte, è difficile per il bambino sapere di che cosa fa parte. Egli potrebbe sentire sempre che anche lui non appartiene a nessun posto – anche se è nato in Italia, in Svezia o in America.
    Questo comando a non “sentirsi parte di” ha come conseguenza una sorta di fobia nel confronto sociale e nel condividere esperienza di gruppo, negandosi anche la possibilità di aiutare ed essere aiutato, negoziare o sottoscrivere patti, alleanze e valori comuni.
     
  • Non sentire - Questo comando giunge a chi, facendolo proprio, rinuncia ad abbandonarsi a percezioni emotive ed all’intuito, evitando di avvertire il mondo secondo le proprie percezioni sensoriali ed interne. La persona si difende attraverso una corazza fino a, in certi casi, deprivarsi sensorialmente, scollarsi dalla realtà per evitare di rimanere coinvolto o ferito. Come atteggiamento congiunto si potrebbe maturare una radicale attitudine a razionalizzare tutto (disconoscendo le proprie emozioni).

Vediamo adesso le spinte, ognuna delle quali rispecchia il messaggio interiore: "Io vado bene, se..." (mi sforzo, mi sbrigo, compiaccio, sono forte, sono perfetto). Ognuno di noi può esibire, in determinate circostanze, una o più spinte:

  • Chi si trova sotto l’influenza del “Sii Perfetto”, cercherà di essere sempre preciso e attento a non commettere alcun errore. Generalizzerà questo comportamento a più situazioni (relazioni, lavoro, famiglia, ecc.) pretendendo molto da sé e, spesso, dagli altri. Stabilirà standard elevati e irrealistici con il rischio di rimanere sempre insoddisfatto.

  • Chi è spinto dal “Sii Forte” è convinto che non bisogna mai mostrare fragilità, emozioni, debolezze, perché pericoloso o sconveniente. Il problema è l’assolutizzazione dell’ordine che ci porterà a non chiedere aiuto neanche quando necessario. In questo modo, svaluteremo importanti segnali del nostro corpo e messaggi nascosti dietro le nostre emozioni, perdendo un pezzo importante di autoconsapevolezza.

  • Sforzati” è il comando di chi è convinto che l’unico modo per raggiungere un obiettivo sia impegnarsi fino allo sfinimento. La vita va presa con sacrificio e impegno. Quello che è raggiunto senza “tentare disperatamente” non ha valore. I rischi possono essere il non avere tempo per altro (relazioni, interessi), senso di fatica e insoddisfazione. In genere la meta raggiunta non è mai abbastanza. Spesso “Sforzati” va a braccetto con “Sii Perfetto”.

  • Sbrigati” è il comando interno di chi non si dà mai tempo. Il tempo non è mai sufficiente: ”Devo sbrigarmi perché altrimenti perdo tempo!”. Ma è proprio correndo che si rischia di perdere tempo. Come capire di cosa si ha bisogno se non ci si ferma e ci si ascolta? E’ tipico avere attiva questa spinta quando siamo in ansia. Sbrigandoci, non ci diamo il tempo per pensare e scoprire le nostre risorse per affrontare i problemi.

  • La spinta “Compiaci” ci porta ad iper-adattarci a bisogni e desideri dell’altro, svalutando i nostri. Di conseguenza, non sappiamo cosa realmente vogliamo e desideriamo, trovandoci spiazzati quando, ad esempio, una relazione finisce. Cerchiamo negli altri qualcuno che ci indichi cosa fare, perché non sappiamo in che direzione andare. A fatica, riusciamo a dire la nostra. “Disubbidire” diventa difficile.

Riconoscere le nostre spinte, capire dove abbiamo imparato ad usarle e perché: una tale consapevolezza può aiutarci a scoprire modi più equilibrati e sani di vivere.

(11 agosto 2022)

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