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Riflessioni su Facebook

«I social network sono più malefici del diavolo, anche perchè si presentono sotto forma di un angelo custode»
(Giulio Ripa, si veda il suo "Decalogo Slow Internet")

«Per i social network siamo tutti dei ragazzini da ammaestrare come dei cani»
(Matteo Scirè, "Il potere dei like")

Seguono tre riflessioni:

  • "Riprendere il possesso della vita vera" di Simona Marchetti...
  • "I Cavalieri dell'Apocalisse" di Jonathan Franzen, con disegni di Alessandro "Shout" Gottardo...
  • "Piccoli esseri umani come animali in gabbia" di Francesco Galgani, con disegni di Julian Wolkenstein...
  • ... e due immagini conclusive

Per ulteriori approfondimenti, consiglio: Rete Padrona - Zero Privacy (tre video), I social network sono il regno della non-comunicazione, La nuova religione tecno-capitalista: tutti connessi in Rete, ovunque e sempre


Riprendere il possesso della vita vera

«Aggiornare il proprio status su Facebook da postazioni quantomeno insolite (ad esempio, il bagno) o mentre si è in tutt’altre faccende affaccendati (pensando al sopracitato bagno, scegliete voi un’attività a piacere) sta diventando una consuetudine talmente frequente, che molti non fanno più nemmeno caso a dove sono o a cosa in realtà stanno facendo quando premono “invio” per informare amici e parenti delle ultime novità. E quando l’universo social prende il sopravvento fino a questo punto, non resta che staccare la connessione per riprendere possesso della vita vera»
(Simona Marchetti, Sette modi con cui Facebook ci rovina la vita, 14 ottobre 2014)


I Cavalieri dell'Apocalisse

«Facebook: morte, la falce. Apple: pestilenza, l’arciere. Amazon: guerra, lo scudo. Twitter: carestia, la bilancia. E in chiusura l’apocalittica scena degli uccelli di Twitter come avvoltoi appollaiati sopra a dei resti umani»
(disegni di Alessandro "Shout" Gottardo, 18 ottobre 2013)

«Se le cose non arriveranno al disastro per motivi ambientali o bellici (e il pericolo c'è), l'apocalisse potrebbe essere semplicemente "personale": vivere in un mondo che mette al centro l'effimero e l'inutile, proposto continuamente dalla tecnologia, mentre tutto quello che c’è di importante viene messo da parte»
(Jonathan Franzen, citato in "Twitter ci rende stupidi", su Il Post, 20 settembre 2013)


Piccoli esseri umani come animali in gabbia (di Francesco Galgani, foto di Julian Wolkenstein)

I social network sono molte cose: sono uno strumento di controllo delle masse (molto più invasivo e molto più efficace delle dittature del passato), uno strumento di marketing e politica, un prolifico mercato di pubblicità, un luogo di raccolta permanente di informazioni private per poi rivenderle, e ovviamente una gallina dalle uova d'oro per il business miliardario di chi ha il controllo di tali strumenti.

I social network sono molte cose e sovente spingono le persone a chiudersi in un mondo sempre più ristretto, gestito da algoritmi su cui non hanno alcun controllo. I social network sono un esempio di psicologia applicata alle masse, una dimostrazione di come sia possibile ingannare milioni di persone, facendole sentire libere dopo aver messo loro guinzaglio e paraocchi. Sono una sorta di droga, tossica come la cocaina e l'eroina e con danni ad esse equiparabili. I più danneggiati sono i giovani, che sono la speranza e il futuro di questo mondo. Avevo scritto una poesia intitolata "Facebook" e ho studiato a fondo l'inganno dei social network nella mia tesi di laurea su "Solitudine e Contesti Virtuali". Avrei voluto far sapere al mondo intero quello che ho scoperto nelle mie ricerche, ma le persone non hanno né tempo né voglia d'ascoltare, e tanto meno hanno voglia di cambiare le proprie abitudini, anzi, l'uso di Facebook è sempre più invasivo e immersivo (con conseguenti disastri, anche a livello sessuale).

Nel frattempo, l'intento di Facebook per allargare il proprio dominio, il proprio controllo e il proprio business è chiaro: rendere il web sempre più simile a Facebook, perché tutta la connettività delle persone "deve" (?!) iniziare con Facebook e finire con Facebook. I numeri dimostrano che in effetti questo è ciò che la massa degli internauti desidera: «Facebook has a grand vision: to connect the entire Internet, and every website on it, with a layer of social integration». Anche i tumori fanno così, o almeno ci provano: si allargano sempre di più, prima di uccidere tutto l'organismo.

Molti si sentirebbero persi senza Facebook, come se un proprio pezzo di vita venisse meno. E allora continuano ad essere "connessi, ma soli" (il video qui linkato ha anche una trascrizione in italiano). I social network aumentano la solitudine dell'essere umano moderno, ne aumentano anche il malessere psicofisico, suscitano emozioni negative, eppure le persone non riescono a staccarsi. Anzi, molti credono che Internet sia Facebook o che Facebook sia Internet. Addirittura qualcuno crede che sia uno strumento di democrazia, ma la democrazia, cioè il potere del popolo che prende in mano le sorti della nazione, è l'esatto opposto di quello che sta accadendo: sono le persone ad essere in mano agli algoritmi di Facebook, di Google e di altri, non il contrario.

Capite come mai ho scelto di non stare dentro Facebook e piuttosto mi sono fatto un blog personale, usando esclusivamente software libero su cui posso avere un controllo totale? Capite come mai, per la comunità degli studenti con cui collaboro, ho creato un "nostro" social network e un "nostro" spazio di condivisione (sempre basato su software libero), piuttosto che affidarmi alla gabbia di Facebook?

Voi facebookiani siete liberi come pesci nell'acquario, ma non ve ne accorgete. E' tempo di cominciare a riflettere seriamente su cosa sia la libertà nella tecnocrazia.

Francesco Galgani,
articolo originale del 25 aprile 2014 (segnalato su circoloculturaleluzi.net), ultimo aggiornamento 2 novembre 2014


Altre due immagini su cui riflettere (trovate in rete, fonte non nota):

Dipendenza da Social Network

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