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Attentati di Pasqua

Io non sono migliore né degli attentatori, né delle altre vittime, tutti quanti nel mio cuore. Ho usato l’espressione “altre vittime” invece di “vittime” perché pure gli attentatori sono vittime della violenza da loro stessi incarnata, ma non soltanto da se stessi generata. Se fossi la madre o il padre di chi dalla violenza propria o altrui viene ucciso, quanto grande sarebbe la mia sofferenza e quanto atroce la mia disperazione? Da questo punto di vista, sia i kamikaze, sia le altre vittime, sia i loro cari, sia la loro comunità, sia il mondo interno che guarda, tutti quanti siamo dei poveri disgraziati, vittime di un unico grande male.

Colgo l’occasione per ribadire ancora una volta una frase che ho inciso nel mio percorso di interviste sul dialogo inter-religioso: “Non esiste il nemico, esiste soltanto il frutto dell’orgoglio e dell’ignoranza”.

La violenza non nasce dal nulla, ma a volte, quando arriva a certi livelli, occorrono secoli o millenni per crearla. Chi la esercita sino a quel punto deve averne ricevuta davvero tanta. Certa violenza parte da molto lontano e sovente è stata creata da più mani, ma questo i telegiornali non lo dicono.

Il messaggio che facilmente passa è che esistono i buoni e i cattivi, le vittime e i carnefici, gli assediati e gli assediatori. Ma questo è un modo di vedere la realtà che, per quanto verosimile possa apparire nella sua grossolanità, non aiuta a capirla nella sua lunga catena di cause ed effetti, né tanto meno può aiutarci a trasformare il male che abbiamo seminato, e che continuiamo a seminare, in ogni luogo e in ogni tempo (in questo "noi", ovviamente includo anche me).

Ciò che vediamo fuori è un riflesso di quel che abbiamo dentro, sia nel bene che nel male. Quindi cominciamo col trasformare noi stessi se riteniamo che ci sia qualcosa da cambiare fuori di noi.

«[...] Siamo in un periodo terminale, apocalittico, perché la violenza e l'ottusità degli esseri umani è diventata insostenibile per tutte le specie viventi del pianeta. Affrontiamolo serenamente, facendo la nostra parte in una direzione che vada verso la salvezza del pianeta, tutt'uno vivente di cui facciamo parte. Per tale ragione, noi scegliamo come massima priorità di essere vegani e di non esercitare potere sulle altre persone. [...]» (tratto da "La Religione dell'Ultima Lotta").

L’unica maniera per combattere la violenza è non esercitarla, in un percorso che non conosce punti di arrivo, ma solo grandi sfide quotidiane, sorrette dalla profonda convinzione che ciascuno di noi è assolutamente indispensabile per contribuire a rendere questo mondo un posto migliore in cui vivere e in cui gioire, insieme, della vita.

«[...] Come un faro che ci indichi la strada da percorrere nella notte burrascosa e devastante dell’umanità, consideriamo la non-violenza, una corretta informazione e il non sentirci superiori a nessuno come l’unica direzione da intraprendere. Consapevoli dei nostri limiti e delle nostre ombre, ci impegniamo in tal senso. [...]» (tratto da "La Religione dell'Ultima Lotta").

A questo proposito, vorrei sottolineare una questione: i telegiornali, e in generale il sistema mainstream, comunicano quasi esclusivamente le cose da un unico punto di vista (detto "agenda setting", cfr. "AGENDA SETTING - Usare la tv per mettere fratello contro fratello: combattere gli uni contro gli altri per motivi che le lobby decidono"), che, se fosse preso come riferimento per capire ciò che accade attorno a noi, avrebbe come effetto quello di gettarci nella disperazione e nel senso di impotenza, oltre a istigarci all’odio e a nutrire convinzioni errate (su tante questioni). Guardare le cose con gli occhi della televisione è come guardarle con un laser che illumina soltanto un piccolo frammento della realtà, di solito il frammento peggiore e pure fraudolentemente malformato. Ma la realtà è assai più ampia, molto, molto più ampia. Come spunto di riflessione, suggerisco una lettura di “La Legge della Relatività dei Punti di Vista”.

Grazie,
Francesco Galgani,
23 aprile 2019