Paramahansa Yogananda, nel suo libro “Autobiografia di uno Yogi”, scrisse che la yogini Giri Bala praticava una particolare tecnica che le permetteva di vivere senza mangiare né bere. Varie persone si sono interessate al suo caso, inclusi diversi scienziati e il Maharaja, il quale, per verificarne l’autenticità, fece rinchiudere a chiave la santa in una delle stanze del palazzo, tenendola sotto stretta osservazione per tre periodi differenti: il primo di due mesi, il secondo di venti giorni e il terzo di quindici giorni. Alla fine si arrese, dovendo ammettere che effettivamente Giri Bala digiunava perennemente.
Yogananda raccontò del suo straordinario incontro con la donna che visse per oltre cinquant’anni senza mangiare né bere, documentandolo nei particolari, persino con alcune fotografie. Giri Bala riferì che il suo passatempo preferito era quello di cucinare per sfamare gli altri, pur rimanendo indifferente al cibo solido dall’età di dodici anni fino al tempo dell’intervista, in cui ne aveva sessantotto. Oltre cinquantasei anni senza assumere acqua né cibo e soprattutto senza sentire lo stimolo della fame e della sete.
Attraverso le parole di Yogananda, scopriamo che la santa si alimentava di Sole e di aria, riuscendo ad assorbire le energie vitali presenti in essi, e che dormiva pochissimo, essendo immune dalla necessità di alternare la veglia al sonno. La vita di questa donna è stata veramente straordinaria se si pensa che non si è mai ammalata, non aveva bisogno di eliminare feci e riusciva tranquillamente a controllare i battiti del cuore e il respiro.
Esiste una parte dell’intervista in cui a Giri Bala venne posta una questione di fondamentale importanza e cioè del perché non insegnasse ad altri questa tecnica. Poter vivere senza necessità di nutrimento risolverebbe i problemi di fame di milioni di persone? La donna rispose che non poteva intromettersi nel “dramma della creazione di Dio” e che i frutti che la natura concede sarebbero rimasti a marcire nel suolo. Nelle parole di Giri Bala si trova una visione dell’esistenza molto particolare: la fame, la sofferenza, la miseria e le malattie sarebbero dei mezzi attraverso i quali ci evolviamo e ci purifichiamo, sono gli strumenti attraverso cui siamo indotti a interrogarci e a cercare il vero significato della vita.
Spesso noi cerchiamo continuamente all’esterno, dimenticando la scintilla divina che abbiamo dentro. Proviamo a guardare anche all’interno. E se il Sole non fosse una sorgente di luce esterna, ma lo specchio di noi stessi? E se qualunque “potere esterno” non fosse che un riflesso del nostro “potere interno”? E se avessimo già dentro il nutrimento che stiamo cercando all’esterno?
Preghiera della luce
Io sono la felicità, il nutrimento, la luce.
Prego per essere un ottimo nutrimento per i miei genitori e per tutta l’umanità.
(15 luglio 2021)
Per approfondimenti: Daniel Lumera, “Il codice della luce - Nutrirsi e guarire con il Sole”, Anima Edizioni