"Il vero devoto" (Gandhi)
"Il vero devoto non è geloso di nessuno: è libero da egoismi e pieno di compassione; accetta con lo stesso animo il caldo e il freddo, la felicità e l'infelicità; sempre pronto a perdonare, sempre contento della propria sorte, rimane fermo nelle proprie decisioni, con l'anima e lo spirito dedicati a Dio; lontano da ogni esitazione, tristezza o paura, resta puro; capace di azione, non si lascia condizionare da essa e rinuncia a qualunque frutto, buono o cattivo.
Il vero devoto tratta allo stesso modo amici e avversari: non gonfia il petto ascoltando le lodi e non cade nella depressione sotto il peso della maldicenza; ama il silenzio e la solitudine e ha imparato a disciplinare la ragione. Una devozione simile è incompatibile con il mantenimento di un qualunque attaccamento alle cose" (da Precetti e insegnamenti del Mahatma Gandhi, cur. Henri Stern, p. 67).
"L'uomo dalla salda saggezza" (Gandhi)
"Chi rinunci a tutti i desideri che tormentano il cuore e tragga la propria contentezza dal proprio intimo è definito Sthitprajna o Samadhistha (dallo spirito saldo). Egli non si scompone nelle avversità, e non brama la felicità.
[...] I sensi sono così potenti da costringere un uomo a seguirli, se non sta in guardia. Perciò dobbiamo sempre tenerli sotto controllo. A questo risultato possiamo arrivare solo volgendo gli occhi alla nostra interiorità, percependo Dio che dimora nei nostri cuori e cercando di essergli devoti. Chi guardi a Dio come fine e gli doni tutto quello che ha, tenendo i sensi sotto controllo, è uno yogi [nel senso di vero praticante spirituale], saldo nello spirito.
[...] Se accettiamo l'ideale dello Sthitprajna, cioè «l'uomo dalla salda saggezza», cioè del Satyagrahi, non dobbiamo considerare nessuno nostro nemico; dobbiamo abbandonare ogni inimicizia e malevolenza. [...] L'uomo dalla mente salda non perderà mai la pazienza, [...] né si abbandonerà all'ira o all'ingiuria.
[...]
L'ideale dello Sthitprajna (l'uomo dal retto intendere), descritto nel secondo capitolo della Gita, è sempre davanti a me e mi sforzo tenacemente di raggiungerlo" (da Gandhi, La voce della verità, pp. 96-97).
Evitare la collera (Gandhi)
"Amare esperienze mi hanno insegnato la suprema lezione di trattenere la rabbia, e come il calore represso si trasmuti in energia: nello stesso modo la nostra rabbia, se tenuta a freno, può tramutarsi in una forza capace di smuovere il mondo. [...]
Non è che non mi arrabbi. È che non do sfogo alla rabbia. Coltivo la qualità della pazienza come assenza di rancore e, generalmente parlando, ci riesco. Ma controllo la mia rabbia solo quando viene. Come riesca a controllarla è una domanda inutile, perché è costume che ognuno deve coltivare e deve riuscire a formare attraverso la pratica costante" (da Gandhi, Il mio credo, il mio pensiero, pp. 44-45).