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Durata della vita

Nella mia precedente riflessione, intitolata "Lo spazio e il tempo", avevo espresso l'importanza di allargare la concezione degli effetti delle proprie azioni oltre la durata della presente esistenza, ovvero oltre la morte.

Ma com'è possibile credere che un pensiero, una parola o un'azione di adesso, motivati da un desiderio sincero di costruire un mondo migliore, possa produrre effetti benefici anche tra cento o tra mille anni? E per di più, ammesso che questo possa essere vero per i grandi santi e saggi, com'è possibile che ciò accada per noi persone comuni, immerse nella mischia della società e quasi invisibili nel grande caos del nostro tempo? In altre parole, che senso ha spendere tempo ed energie per andare controcorrente in una società piena di inganni e ingiustizie, governata da avidità, collera e stupidità e nella quale chi fa del male viene premiato e chi fa del bene viene punito?

La risposta è nella "durata della vita". Quanto tempo può aspettare un seme prima di germogliare? Alcuni semi di loto, ritrovati dopo essere rimasti sepolti nel terreno per millenni, sono stati fatti germinare e hanno prodotti fiori puri e bellissimi. Per esempio il loto di Oga, che è una pianta prodotta da un antico seme di loto scoperto e fatto germinare dal botanico giapponese Ichiro Oga (1883-1965), di Chiba o altre piante di loto nate da questi semi antichissimi sono ora esposte nella città di Gyoda e in altri luoghi (*). Quando si presentano le giuste condizioni, un seme manifesta la sua natura intrinseca.

Non sarà un caso che, appunto, la visione buddista della vita affonda le sue radici nel sedicesimo capitolo del "Sutra del Loto", intitolato "Durata della vita del Tathagata", considerandolo il cuore di tutti gli insegnamenti buddisti.

Al di là dei propri credo, comunque, spero che l'esempio dei semi che hanno fatto nascere piante bellissime a distanza di migliaia di anni possa lasciare una traccia nella vita di chi, come te, sta leggendo queste parole: anche queste sono un seme.

Francesco Galgani

(*) fonte: "Il daimoku come seme della Buddità", Buddismo e Società 164, maggio-giugno 2014

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