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Pillole di Politica - Quale legge rispettare?

E’ cosa buona rispettare una legge dello Stato se questa è in contrasto con la comune umanità che ci unisce e definisce? E’ cosa buona non rispettarla se ciò comporta le punizioni previste dal legislatore?

Nel mattino del 18 aprile 1917, la città di Motihari (capoluogo del distretto del Champaran Orientale, nello stato federato del Bihar, India) fu teatro di fatti senza precedenti. Diverse migliaia di coltivatori si erano radunati dentro il recinto del tribunale: quando Gandhi fece l’ingresso nella piccola aula delle udienze, aveva al seguito circa duemila uomini che tentarono di farsi strada all’interno. I pannelli di vetro delle porte si ruppero e gli ufficiali non furono in grado di arginare la calca finché Gandhi stesso non venne in loro soccorso.

Gandhi si dichiarò colpevole e lesse al giudice una dichiarazione in cui spiegava le ragioni per cui era venuto in quel distretto e aveva disubbidito all’ingiunzione di partire:

«Sono arrivato nella regione nell’intento di rendere un servizio umanitario per il bene della nazione. L’ho fatto in risposta a un pressante invito a soccorrere i contadini, i quali sostengono di non essere trattati secondo giustizia dai piantatori di indaco. Non potevo dare alcun aiuto senza studiare il problema… Da cittadino rispettoso della legge il mio istinto sarebbe, come è stato, di rispettare l’ordine notificatomi; ma non potrei farlo senza violentare il mio senso del dovere nei confronti di coloro per i quali sono venuto qui. Sento che proprio ora potrei servirli solo rimanendo fra di loro… Non ho seguito l’ordine notificatomi non per mancanza di rispetto per l’autorità costituita, ma in obbedienza alla più alta legge del nostro essere, la voce della coscienza».

Il magistrato avvertì Gandhi che la sua dichiarazione non conteneva una chiara ammissione di colpevolezza. «Non desidero far perdere tempo alla corte e mi dichiaro colpevole», ribatté Gandhi. «Se lei lascerà il distretto immediatamente promettendo di non farvi ritorno, la causa intentata contro di lei verrà ritirata», disse il magistrato. «Questo non può essere», rispose Gandhi. «E non solo per questa volta, poiché farò del Champaran la mia casa anche al ritorno dalla prigione».

Più di un secolo dopo, nella nostra nazione, molteplici voci invocano la disobbedienza civile e denunciano gli aspetti dittatoriali e repressivi di un governo e di un parlamento i cui atti sono giudicati in netto contrasto con la Costituzione Italiana, con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e con la "non discriminazione" tra vaccinati e non vaccinati indicata nel Regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021. Al contempo, altre voci che invece auspicano la realizzazione di una piena dittatura sanitaria mondiale, proprio in questi giorni, augurano una sostituzione dell'attuale governo italiano con un governo militare (qualora non riesca nell'intento di obbligare tutti a iniettarsi i cosiddetti "vaccini", chiamiamoli così in assenza di un termine più appropriato) e, all'estero (in Islanda), c'è chi spera che le attuali repressioni nella società durino almeno altri quindici anni. In vari luoghi di lavoro statali e privati è in programma o è già iniziata l'abrogazione del diritto al lavoro per una specifica categoria di persone. La cosa "strana" è che tutti, da una parte e dall'altra, dicono di fare ciò che fanno per il bene di tutti, accusandosi reciprocamente di irresponsabilità e di falsità. Mah... perché prima di aprire bocca non ci studiamo tutti insieme la storia di Gandhi e proviamo a sintonizzarci con il suo cuore e con la sua fede?

(31 luglio 2021)

Per approfondimenti: "Gandhi", pagg. 177-178, di Yogesh Chadha, traduzione di Mario Prayer, supplemento a Famiglia Cristiana n. 26 del 30 giugno 2002, editore Mondadori, ISBN 9788804473534

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