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Politologia: da un'analisi politica alla necessità di una conversione personale e spirituale per cambiare il mondo

Premessa: abbiamo il diritto di un mondo più vivibile, più decente, in cui ogni persona possa ricercare e trovare la propria felicità.

Quanto segue è un video (che consiglio caldamente di ascoltare con attenzione fino alla fine) e un articolo di Gianluca Ferrara (www.byoblu.com), del 4 dicembre 2014, che va oltre... va oltre tutto quello che ci viene dalla tv, dai mass media, dai giornalisti, dai partiti, dalla politologia accademica. Va oltre... e anche noi abbiamo bisogno di andare oltre, cominciando a trasformare noi stessi.

Dobbiamo smetterla di farci rincoglionire dalla tv e da tutto quello che di falso ci viene detto, continuamente ripetuto ogni giorno, più volte al giorno, per anni e anni. Sono tutte bugie, continuamente ripetute su tutti i giornali. Il 98% degli italiani si informa principalmente o unicamente attraverso la tv, che è uno dei maggiori strumenti di lavaggio collettivo del cervello. Stiamo attenti, cerchiamo di sviluppare una consapevolezza di come funzionano certe cose che hanno un impatto diretto sulle nostre vite. La verità va cercata e di certo non passa attraverso i mass media... ma nemmeno attraverso i social network, che per come sono fatti sono quasi sempre il regno della mediocrità, della povertà intellettuale, delle cretinate.

Quanto segue è con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia.

Buon ascolto e buona lettura,
Francesco Galgani,
11 dicembre 2014


I porci sono loro - Gianluca Ferrara

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Gianluca Ferrara, laureato in Scienze Politiche, saggista e direttore di Dissensi Edizioni, è l’autore di “Derubati di sovranità – La guerra delle élite contro i cittadini“.

Dall’introduzione a “Derubati di sovranità”

Quella a cui stiamo assistendo è la fase finale di un cruento regolamento di conti fra due dottrine economiche, quella di stampo keynesiano e quella neoliberista. L’Europa, in particolare l’area della moneta comune, è un terreno privilegiato per analizzare e constatare come le posizioni neoliberali stiano nettamente vincendo questa guerra economica tanto da poter parlare ormai di dominio del pensiero unico. Dagli anni ’70, terminato il cosiddetto trentennio glorioso keynesiano, è iniziata la controrivoluzione neoliberista che, poco alla volta, ha derubato i cittadini di tutte le loro Sovranità. Le Sovranità degli Stati sono state spolpate sino a rendere il loro apparato un guscio vuoto e inefficiente. Gli Stati europei sono stati depauperati a tal punto da cedere la Sovranità di battere moneta a un gruppo di banchieri privati, che usano questa funzione per speculare contro gli Stati stessi. Quando vincono le scommesse, incassano il guadagno, se invece le perdono socializzano i costi, com’è successo dopo l’esplosione della bolla dei mutui subprime, nel 2007. In altre parole, con i nostri soldi scommettono: se vincono, riscuotono, se perdono, paghiamo un’altra volta noi che, per di più, per giustificare l’esborso, siamo anche accusati di vivere al di sopra delle nostre possibilità, di essere dei porci (Piigs) che pensano solo a rimpinzarsi, rendendo il debito pubblico insostenibile.

 

In Europa governa la BCE (Banca Centrale Europea), che gode di poteri sovranazionali svincolati da controlli giudiziari, politici e, ovviamente, democratici, dato che nessun membro del suo board viene eletto. Eppure sono loro come del resto la Banca Mondiale, il FMI (Fondo Monetario Internazionale) e il WTO (L’Organizzazione Mondiale del Commercio) a esercitare il controllo su tutti gli Stati: sono questi organi sovranazionali a dettare l’agenda politica agli Stati; sono loro che, senza alcun mandato elettorale, decidono delle esistenze di miliardi di persone. Questa spoliazione di Sovranità è stata possibile perché, in precedenza, avevamo perso un’altra Sovranità fondante della democrazia e cioè la Sovranità della rappresentanza. Oggi il ruolo dei politici è relegato a quello di semplici servitori di questo Sistema sovranazionale elitario: quelli che non sono perfettamente proni nel servire questo cartello internazionale del vero potere sono emarginati oppure vengono rimossi senza ricorrere a elezioni. A prescindere da chi si sceglie di votare, la politica economica adottata deve essere, ed è, sempre, quella neoliberista, a garanzia dei potentati economico-finanziari. Il pensiero unico che viene seguito è il medesimo e l’Italia ne è stato un palese esempio poiché, per farci ingoiare quest’ultimo boccone amaro del neoliberismo, i partiti di Sistema si sono uniti, come è stato prima con Monti e Letta e poi con Renzi (nessuno dei tre scelto dall’elettorato per ricoprire questa carica), al governo palesando che oggi il vero antagonismo non è fra centrodestra o centrosinistra, ma fra partiti e cittadini.

 

L’articolo 1 della nostra Carta Costituzionale enuncia che “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e che la Sovranità appartiene al popolo“. A queste tre enunciazioni formali però non corrispondono delle verità sostanziali. Dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 la nostra forma di Stato è diventata repubblicana, ma che viga la democrazia, come vedremo, non è del tutto verosimile se si intende con democrazia il termine che deriva dal greco composto da kratos (potere) e demos (popolo). Anche che sia fondata sul lavoro è diventata un’enunciazione formale dato che oggi, per via delle politiche economiche di stampo neoliberista imposte da Bruxelles, si fa spesa pubblica a vantaggio delle banche e non per arginare la disoccupazione che ha raggiunto livelli equivalenti a quelli del 1945. E infine la Sovranità non appartiene al popolo dato che la politica è succube di questa dittatura economica che attraverso il modello neoclassico garantisce i grandi interessi economico-finanziari.

Allargando l’orizzonte, con la caduta del muro di Berlino e la nascita del WTO la dottrina neoliberista è dilagata in tutto il mondo sino a diventare pensiero unico. I Paesi poveri o, meglio impoveriti, sono stati privati della Sovranità alimentare: le economie di sussistenza sono state spazzate via dalla globalizzazione dei mercati, che ha avvantaggiato le multinazionali che hanno rubato la Terra a milioni di contadini per produrre monocolture oppure inondando le piccole economie locali con i loro prodotti super competitivi perché sostenuti da sovvenzioni statali (dumping, altro che libero mercato). Il brevetto sulle sementi e, in generale, come vedremo, questa violenta trasformazione da economie di sussistenza a economie di mercato, ha causato il suicidio di migliaia di contadini, ha prodotto povertà estreme per gli Stati del sud del mondo e guadagni per le multinazionali, guadagni tali da vantare bilanci maggiori dell’intero PIL di molti Stati.

Il trasferimento di Sovranità dai popoli a questi grumi di potere ha fatto ammalare il mondo che, giorno
dopo giorno, rischia un arresto cardiaco. La concentrazione della ricchezza ha impedito di assorbire l’offerta produttiva e così i guadagni si sono spostati dall’economia reale alla finanza speculativa. Ma il vero dramma è che non basta più riacquistare una Sovranità come quella monetaria, che non è sufficiente una decapitazione dei vertici finanziari senza un preliminare e autentico cambiamento culturale. Senza un cambio di paradigma, si darebbe inevitabilmente il colpo del ko all’ecosistema, proprio perché all’uomo, negli ultimi decenni, è stata inculcata un’ingordigia senza limite, indispensabile e funzionale a questo modello della crescita infinita in un pianeta finito. Per affrontare questa che viene definita semplicisticamente crisi quindi non basta solo una ricetta economica, è necessaria una nuova visione culturale, una rinascita sociale. Occorre riconquistare la Sovranità più importante di tutte che è quella della consapevolezza, della cittadinanza attiva. La vera vittoria di questo Sistema è che, oltre ad averci derubato delle nostre Sovranità, ci ha convinto che non ci sono alternative, che non è possibile configurare una nuova realtà al cui centro ci sia l’uomo, e non il mercato.

Come è accaduto che in una società dell’informazione, ci sia stata nascosta questa verità? Come svelare ai più questa regia che ci ha trasformato tutti in attori inconsapevoli, come accade al protagonista di The Truman Show? Abbiamo consegnato le chiavi del mondo a un modello economico che, con diabolica precisione, sta facendo leva sui vizi e sugli istinti peggiori dell’uomo. Una conversione economica è indispensabile ma, prima di tutto, è vitale la conversione personale e spirituale: abbiamo la necessità di fare chiarezza sui nostri desideri e i nostri scopi, che sono diversi da quelli che ci vengono quotidianamente spacciati. Occorre avere il coraggio di risvegliare quel desiderio di libertà e d’indipendenza che proprio il protagonista di The Truman Show, partendo da una condizione estrema, dimostra possibile e salire finalmente le scale che conducono verso l’uscita da quest’inganno sociale. La nostra Sovranità umana è stata sostituita con la Sovranità delle cose, fondata sulla costante tensione all’accaparrare oggetti. In particolare, la sostituzione del legame fra gli uomini, a vantaggio di quello fra uomo e desideri materiali, ha depauperato la nostra stessa essenza; lo scollamento fra individui, oltre a impedire la costruzione di una coscienza critica, di una cultura politica in grado di porsi come alternativa alla società dei consumi, ha prodotto un uomo frustrato, dominato dalla paura e dall’incertezza. In altre parole, dopo quelle di Hiroshima e Nagasaki, è esplosa un’altra bomba devastante, che mina alla base il desiderio di ogni essere umano di essere felice.

Ho esordito spiegando come il risultato dell’attuale guerra tra dottrine economiche ha depauperato la Sovranità degli Stati, ma in realtà questa è solo l’ultima fase di un processo degenerativo più articolato e complesso. Il periodo che stiamo vivendo cela una trasformazione radicalmente più profonda: quella attuale, come vedremo, non è corretto definirla crisi, termine che fa intendere un arco di tempo transitorio dal quale prima o poi si esce tornando alla condizione di partenza: no, non è una congiuntura negativa, non è un ciclo economico ma un terremoto epocale che sta scuotendo i pilastri politici, culturali, spirituali e ambientali che da sempre reggono la struttura della nostra stessa identità e del nostro rapporto con il pianeta che ci ospita. No, a questo Sistema non è sufficiente una revisione o un “tagliando”: dopo circa 250 anni questo modello produttivo cominciato con la rivoluzione industriale è giunto oggi, con la finanziarizzazione dell’economia, dove sono dei computer a creare ricchezza, al collasso e, come detto, sta trascinando con sé l’intera struttura sociale. È in corso la fine di un’epoca e di questo la maggior parte degli economisti e degli analisti politici non sembrano rendersi conto: come è possibile continuare a parlare di crescita dato che essa oggi genera disoccupazione e non la crea? La crescita della robotica e dell’automazione nei prossimi anni determinerà a livello globale (in particolare in occidente) una drastica riduzione della forza lavoro. Come affrontare questa massa di disoccupati? Lo sviluppo della tecnica potrebbe essere un vantaggio se all’uomo fosse possibile dedicare il maggior tempo libero a disposizione alla ricerca, a cercare un significato alla propria esistenza, imparare a conoscere e accettare se stessi in tutte le proprie sfumature. Al contrario se la delocalizzazione e l’automazione produrranno enormi masse di disoccupati (tutte le multinazionali prevedono che le tecnologie intelligenti sostituiranno la quasi totalità del lavoro umano) e non saranno previsti strumenti come il reddito di cittadinanza, la riduzione dell’orario di lavoro, l’investimento in settori sostenibili come le energie alternative e soprattutto una redistribuzione delle ricchezze, allora l’unica prospettiva sarà prima il conflitto sociale e poi anche le guerre che ridurranno popolazione e distruggeranno quelle infrastrutture che poi possono essere ricostruite. Purtroppo la storia ci insegna che quando termina un ciclo e non si ha la capacità di comprenderlo o la volontà di cambiare, l’antagonismo è inevitabile e i circa 1700 miliardi di dollari annui spesi in armamenti (metà della somma attribuibile agli Usa) sembrano palesare queste prospettive.

Dinanzi a questi scenari del tutto inediti ipotizzare di uscirne con ricette del passato è pericolosamente illusorio: occorre rimettere tutto in discussione e soprattutto avere una visione d’insieme. Il primo passo è far prevalere la speranza: nonostante i nuvoloni neri, non c’è più tempo per abboccare all’affilato amo della rassegnazione. Occorre contribuire pragmaticamente al cambiamento. La riconquista delle nostre Sovranità che, come approfondiremo, non sono solo la Sovranità popolare, alimentare, monetaria o giuridica ma, soprattutto, la Sovranità di relazioni fra gli individui e degli esseri umani con la natura, è inversamente proporzionale al depauperamento della dittatura del pensiero unico neoliberista, che è il potere del mercato, della finanza, del consumismo e dell’individualismo. Per riappropriarci delle nostre Sovranità occorre proporre modelli alternativi, indicare strade diverse, partecipare e, soprattutto, imparare a coniugare le nostre esistenze non più con l’io ma con il noi.

Fonte: http://www.byoblu.com/post/2014/12/04/porci-sono-loro.aspx

 

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