Seppur con riluttanza, ritengo di dover tornare sull'argomento dei vaccini, nonostante l'abbondante trattazione che ne ho già fornito nel mio blog nel corso degli ultimi anni, affrontando svariate sfaccettature della questione.
Animato dal desiderio di conservare una memoria storica, mi preme sottolineare l'importanza del seguente articolo che ho accuratamente trascritto dal quotidiano cartaceo "La Verità" del 10 aprile 2024, affinché possa essere consultato con facilità.
Questo contributo si rivelerà prezioso nelle future discussioni riguardanti le campagne vaccinali, offrendoci solide basi per contestare quelle che vengono presentate come assolute "verità scientifiche", le cui contraddizioni sono state ammesse persino dai loro proclamatori.
fonte: La Verità, 10 aprile 2024, articolo in prima pagina di Francesco Borgonovo e Alessandro Rico
sottotitolo:
L'ex ministro ammette che, fin dai primi mesi della campagna vaccinale, l'Aifa gli segnalò che una reazione negativa su cinque poteva essere addirittura mortale. Eppure andò avanti con obblighi e Open day, recitando il mantra dei farmaci «sicuri ed efficaci».
prima pagina:
Roberto Speranza sapeva che un effetto avverso su cinque dei vaccini anti Covid riguardava eventi gravi o addirittura decessi. Come riferiscono gli avvocati dall'associazione che ha trascinato alla sbarra lui e Nicola Magrini, ex capo dell'Aifa, il politico l'ha ammesso candidamente davanti ai magistrati del Tribunale dei ministri. La confessione non deve averli sconvolti granché, visto che hanno archiviato le accuse contro di lui. Male le cifre di cui Speranza ha dichiarato di essere consapevole non sono irrisorie: parliamo del 20% del totale dei casi riportati all'autorità di vigilanza sui medicinali - che sono solo una parte di quelli realmente verificatisi, visto che la vigilanza stessa è stata alquanto carente. E meno male che, nel suo libro, l'ex ministro parlava di “rare segnalazioni”...
continua a pagina 5:
Speranza: «Sapevo che un quinto degli effetti avversi era grave»
I legali che hanno seguito il procedimento contro l'ex ministro svelano: con i pm ammise di essere sempre stato a conoscenza dell'alta percentuale di reazioni, anche mortali. Eppure le toghe l'hanno archiviato
Antonietta Veneziano e Angelo Di Lorenzo, dell'associazione Avvocati Liberi, sono i legali che hanno seguito il procedimento giudiziario riguardante Roberto Speranza e Nicola Magrini, che per l'ex ministro si è concluso con una archiviazione presso il Tribunale dei ministri di Roma. Finora avevano evitato di commentare la vicenda, anche perché non la ritengono ancora finita. Rimane infatti in piedi, in altra sede, la causa riguardante Magrini - che all'epoca era a capo di Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco - ma pure per quanto concerne Speranza non è detto che la partita sia chiusa. Comunque sia, i due professionisti hanno scelto di rompere il silenzio, rilasciando una serie di interviste all'emittente Byoblu nel programma quotidiano Orsobruno, conversazioni che saranno trasmesse a puntate da oggi fino a venerdì. Passo dopo passo, gli avvocati hanno esaminato le motivazioni - raccolte in oltre 30 pagine - sulla base delle quali il Tribunale dei ministri ha deciso per l'archiviazione di Speranza, mettendone in luce tutte le falle e le incongruenze.
Il catalogo, a ben vedere, è abbastanza impressionante. Ma c'è un passaggio in particolare che lascia decisamente sconcertati, anche per via dell'argomento che tratta: gli effetti avversi delle vaccinazioni e le conseguenze che hanno avuto sulla popolazione.
Lo sappiamo bene: l'occorrenza di effetti collaterali è stata sempre minimizzata, se non espressamente negata, sia dagli scienziati «catodici», sia dai tecnici ministeriali, sia da chi ricopriva ruoli di potere. «Sicuri ed efficaci»: era questo il mantra che ha accompagnato ogni tentativo di discutere di reazioni avverse e che ha tirato la volata alla campagna di iniezioni a tappeto, imposte a prescindere da qualunque valutazione di rischi e benefici dei farmaci a seconda delle fasce d'età e dello stato di salute degli individui inoculati.
Come riferisce l'avvocato Veneziano, però, già dopo le prime settimane di vaccinazioni, a Speranza erano arrivati segnali allarmanti, che tuttavia egli preferì ignorare, pur di portare avanti l'impresa di «immunizzare» gli italiani - si fa per dire, visto che le punture non bloccavano la trasmissione del virus.
Intervistata da Byoblu, la legale ha svelato che, «incredibilmente, nel suo interrogatorio» con i magistrati del Tribunale dei ministri, «Speranza dice che lui è a conoscenza del fatto che un evento avverso su cinque di quelli segnalati ad Aifa era grave, gravissimo o addirittura mortale». Proprio cosi: l'uomo che, insieme con l'allora premier Mario Draghi, gestiva le politiche anti Covid, ha ammesso candidamente, davanti alle toghe, di essere stato perfettamente al corrente che ci fosse un certo numero di effetti collaterali seri, persino fatali, potenzialmente collegati alle vaccinazioni. Parliamo di circa il 20% di casi sul totale di quelli segnalati all'Aifa (che sono stati solo una parte di quelli effettivamente verificatisi, visto che la vigilanza è stata alquanto carente e quasi integralmente passiva). Sono cifre importanti. Eppure, nel suo libro, Perché guariremo, riveduto, corretto e ristampato pochi mesi fa, l'ex assessore di Potenza si limita a citare «rare segnalazioni di effetti avversi». Strano concetto di «raro».
Quel 20% di segnalazioni non spinse Speranza a rallentare la catena di montaggio delle iniezioni. Nemmeno su quelle categorie anagrafiche meno vulnerabili al virus, che magari avrebbero meritato qualche approfondimento in più, prima di essere esposte a eventuali pericoli. Men che meno i dati lo indussero a scoraggiare gli Open day. Il ministro - come svelato dalle carte genovesi dell'inchiesta sulla morte di Camilla Canepa - ebbe anzi la battuta pronta, allorché, durante un vertice, osservò che alcune Regioni, accogliendo negli hub ragazzi giovanissimi e offrendo loro il preparato di Astrazeneca, erano state «un po' più sportive». Peccato che quella faciloneria avrebbe portato, a giugno 2021, alla morte della diciottenne ligure. Prima di lei, una trombosi aveva stroncato il militare Stefano Paternò (43 anni) e l'insegnante trentaduenne Francesca Tuscano, entrambi vaccinati con Astrazeneca.
Proprio la vicenda del sottufficiale di Marina siciliano mostra quale fosse l'approccio di Speranza dinanzi alle notizie di possibili effetti nocivi dei vaccini: sapere, ma non agire.
Con La Verità, l'avvocato Di Lorenzo ricorda un particolare significativo: «Nella vicenda Paternò, Nicola Magrini», all'epoca al vertice dell'Aifa, «avrebbe inviato al pm di Siracusa una mail, dicendo di aver parlato con il ministro, che gli avrebbe chiesto di non sequestrare o di sospendere il sequestro dei vaccini». La singolare ingerenza non avrebbe portato grandi risultati: «Il pm», riferisce Di Lorenzo, «temporeggiava un paio d'ore e poi sequestrava». È per questo che ,'l'istigazione all'omissione di atti d'ufficio, unica possibile eccezione all'innocenza di Speranza» individuata dal Tribunale dei ministri, «non è stata considerata punibile». Ma la circostanza la dice lunga su quali fossero le priorita dell'ex assessore lucano.
Sul preparato anglosvedese, lui e i suoi esperti pasticciarono parecchio: per qualche giorno, a marzo, Aifa lo fece sospendere in via precauzionale; poi, il medicinale venne di nuovo sbloccato; infine, 24 ore dopo la morte della Canepa, su suggerimento del Cts, il governo dispose che fosse riservato agli over 60, mentre, ai più giovani che avevano ricevuto già una dose, venne proposto il «mix and match», un miscuglio con i vaccini a mRna sulla cui sicurezza ed efficacia non era stato condotto alcuno studio esauriente.
La preoccupazione di Speranza, a quanto pare di capire, non era quella «ippocratica»: prima di tutto, non nuocere. Sia nel caso di Astrazeneca, sia in quello, forse più grave poiché fondato su una statistica, del 20% di eventi avversi gravi o fatali segnalati alle autorità, il ministro pensava soprattutto ad andare avanti con la campagna vaccinale. Senza curarsi di qualche incidente di percorso. Dopo tutto, se anche qualcuno viene danneggiato, poco importa: basta, al momento opportuno, scaricare le responsabilità su qualche organismo istituzionale e il gioco è fatto.