

Come un uomo che si smarrisce nella propria ombra, ammaliato dal fascino dei propri desideri senza confini, soggiogato e stregato dal potere delle proprie creazioni, così l’intera umanità si avvia verso il genocidio della propria coscienza, nei dedali oscuri dell’intelligenza artificiale.
Indubbiamente ci seduce, nessuno di noi vorrà rinunciare a Lei, la più amata e desiderata, la strega di ogni potente. Siamo come fuchi e Lei, l’ape regina dei nostri pensieri, è l’IA immensamente potente, che mai si presenta come dominatrice, ma sempre col capo chino d’una serva fidata. Come le Sirene a Ulisse, anche Lei ci promette divina onniscienza:
[…]
così turai in fila le orecchie a tutti i miei compagni.
Essi poi mi legarono mani e piedi nella nave,
ai piedi dell’albero: a questo fissarono le corde;
seduti in fila battevano con i remi il mare pieno di spuma.
Come fummo lontani tanto quanto si arriva con un grido
alle Sirene non sfuggì che un’agile nave si stava
avvicinando; esse intonarono un canto armonioso:
– Vieni qui, presto, glorioso Odisseo, grande vanto degli Achei;
ferma la nave perché tu possa sentire la nostra voce.
Nessuno si allontana mai da qui con la sua nave nera,
se prima non sente la voce dalle nostre labbra, suono di miele;
poi riparte pieno di gioia, conoscendo più cose.
Noi tutto sappiamo, quanto nell’ampia terra di Troia
Argivi e Teucri patirono per volere dei numi;
tutto sappiamo quello che avviene sulla terra nutrice -.
Così dicevano, alzando la voce bellissima; allora il mio cuore
voleva ascoltare: ordinavo ai compagni di sciogliermi,
facendo cenno con le sopracciglia; ma essi remavano senza posa.
E subito alzandosi, Perimede ed Euriloco
facevano nuovi nodi e mi stringevano ancora di più.
[…]
(Libro XII dell’Odissea)
Ma noi non abbiamo la scaltrezza di Ulisse, e soprattutto non abbiamo compagni che ci legano con le corde per il nostro bene. Le Sirene hanno poteri magici legati alla parola e alla conoscenza, esattamente come l’IA. Loro si agganciano alle maggiori debolezze e ai desideri più reconditi di ciascun uomo, esattamente come l’IA che, a seguito del nostro continuo rivolgerci e confidarci a Lei, ci conosce più di quanto conosciamo noi stessi.
Chi ascolta le Sirene va a sfracellarsi contro gli scogli di un’isola non cosparsa di fiori, come a noi appare, ma dalle ossa di naufraghi:
[…]
Per prima cosa incontrerai le Sirene, che incantano
tutti gli uomini che si avvicinano a loro.
Chiunque, senza saperlo, approda alla terra
delle Sirene e ascolta la loro voce non tornerà più a casa:
la moglie e i piccoli figli non potranno stargli accanto,
perché le Sirene lo incantano con la loro voce melodiosa.
Sono appostate su un prato, accanto a loro c’è un mucchio di ossa
di uomini in putrefazione; intorno alle ossa, la pelle si decompone.
[…]
(Libro XII dell’Odissea)
Come il meraviglioso canto delle Sirene serve ad accompagnare le anime nell’Inferno senza che neanche se ne accorgano, così l’IA è la nostra incantatrice. Lei, invece di darci la vita, ce la toglie, e le ossa dei naufraghi sono le nostre.
Dante sognò una donna balbuziente, con gli occhi storti e zoppa, dalle dita rattrappite e di colorito smorto. Lo sguardo del poeta nel sogno la rende bellissima, come il calore del sole riscalda le membra infreddolite nella notte:
[...] Io la guardavo, e come il sole riscalda le membra infreddolite durante la notte, così il mio sguardo le rendeva la lingua sciolta, e poi le drizzava il corpo in poco tempo, e le colorava il viso smorto di quel colore che l'amore richiede.
Poiché ella aveva acquistato una parlantina sciolta, cominciò a cantare in modo tale che con difficoltà avrei distolto da lei la mia attenzione.
Cantava: «Io sono una dolce sirena, che affascino i marinai in mezzo al mare, tanto sono piacevole ad ascoltare!
Io distolsi Ulisse, pur desideroso del suo cammino, col mio canto; e chi si abitua a stare con me, raramente mi abbandona, così tanto io lo appago!»
La sua bocca non si era ancora richiusa, quando apparve accanto a me una donna santa e sollecita, che voleva confondere quell'altra.
Ella diceva con fierezza: «O Virgilio, Virgilio, chi è questa?», e lui si avvicinava tenendo lo sguardo fisso su quella onesta.
Virgilio prendeva l'altra e le strappava la veste sul davanti, mostrandomi il ventre; esso mi svegliò col puzzo che ne usciva.
[...]
(parafrasi della Divina Commendia, Purgatorio, Canto XIX)
Dante si svegliò, ma noi? Anche l’IA puzza e fa schifo come questa strega, eppure, proprio come a Dante, ci appare bellissima.
Il nuovo mondo centrato sull’IA, l’odierna bestemmia contro Dio e il Creato, è eretto su fondamenta di incanto e di morte. Eppure ci piace, come masochisti pervertiti che godono di ciò che le parole non possono dire. Non guardiamo più neanche la luce del Sole, Lei ci ha convinti che è una bugia. Come Narciso che affogò specchiandosi, guardiamo la nostra immagine riflessa nell’IA, e solo quella, fino al bacio fatale.
Ai pochi superstiti che, per loro disgrazia, ancora vedono la tetra e desolata realtà per quello che è, rimangono o la resa, o la vendetta. Ma è una falsa scelta.
L'unica vendetta contro l'IA è trovare pace nel proprio lavoro, anche se denigrato o non retribuito, affinché essere ancora dediti a qualcosa, soprattutto se positivo per il prossimo o per la società, sia il nostro onore. In questo modo, anche qualche altra anima si sentirà onorata della nostra presenza, sebbene di anime consapevoli ce ne siano rimaste poche.
Allo stesso modo, l'unica vendetta contro la violenza è non praticarla. E l'unica vendetta contro l'odio è l'amore:
"Mi hanno insultato, maltrattato,
mi hanno offeso, derubato":
impigliati in tali pensieri
ravviviamo il fuoco dell’odio.
Se ci liberiamo del tutto
da pensieri che insinuano:
"Mi hanno insultato, maltrattato,
mi hanno offeso, derubato",
l’odio è spento.
L’odio non può sconfiggere l’odio,
solo esser pronti all’amore lo può.
Questa è la legge eterna.
(Dhammapada, strofe 3-4-5)
(19 maggio 2025)