

GUERRA
Nel suo celebre trattato "Della guerra", Carl von Clausewitz, analizza il fenomeno bellico sottolineando la stretta connessione tra guerra e politica.
Le sue affermazioni, «La guerra è un atto di forza che ha lo scopo di costringere l'avversario a sottomettersi alla nostra volontà», e «La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi» evidenziano come la guerra non sia un evento isolato fine a sé stessa, ma un sistema violento al servizio degli obiettivi politici di uno Stato.
Il sistema della guerra ha conseguenze dirette nelle relazioni di potere fondate sulla supremazia, sulla demonizzazione, sulla dominazione, sulla disumanizzazione, sull’umiliazione e l’annichilimento dell’altro diverso da sé, percepito come nemico esistenziale, il male assoluto.
Non ci potrà mai essere “ripudio” della guerra senza una vera liberazione dal sistema che genera la guerra, un sistema attraversato da un linguaggio bellico invasivo e pervasivo.
Nel linguaggio bellico le parole vengono usate per oscurare la mente delle persone. Parole come la "guerra umanitaria", la "guerra giusta", la "guerra difensiva" sono parole d'ordine che servono a scardinare la voglia di pace di un popolo che in genere non vuole fare la guerra.
In guerra la prima a morire è la verità. La mistificazione della realtà, la manipolazione o alterazione della verità, ha l'obiettivo di fuorviare o creare una percezione errata della realtà, sia negli altri che in sé stessi. Può manifestarsi attraverso bugie, esagerazioni, omissioni o la creazione di narrazioni alternative.
Questa manipolazione può avere diversi modi tipo "se vuoi la pace, preparati alla guerra" invece di ”se vuoi la pace, preparati alla pace” che ha una sua logica. L'informazione manipolata diventa propaganda di guerra che crea una confusione mentale nella popolazione, cancellando la speranza di un futuro migliore. Quando la comunicazione è svuotata di credibilità, resta solo il linguaggio della forza, prevale la legge del più forte, si passa dalla forza della ragione alla ragione della forza.
L'invenzione linguistica della "guerra preventiva", ti attacco perché stai per attaccarmi, sta distruggendo ogni tentativo di dare spazio al diritto internazionale. Nessuno Stato è infatti disposto a dichiararsi aggressore con una tale procedura, mentre infiniti sono gli appigli per dichiararsi aggredito.
Non si negozia più, non si dichiara guerra. Si uccide e basta.
E' inutile mettere l'aggettivo alla parola guerra, la guerra è la guerra. Anche il terrorismo che uccide è un atto di guerra, così come la guerra è un atto di terrore cioè terrorismo (di stato). Le guerre sono sempre offensive anche quando si dichiara che è una guerra difensiva. Si attacca per difendere la sicurezza del paese in seguito alla percezione di una grave minaccia all'incolumità dei propri interessi.
Molti paesi democratici fomentano "guerre umanitarie" con centinaia di migliaia di morti per cambiare regimi autocrati, nell’intento di sostituirli con una democrazia malata di guerra. La “guerra giusta” è solo un modo di ammantare la violenza della guerra. La guerra provoca solo ingiustizia sociale ed individuale. Non ci sono "guerre umanitarie". C'è solo la guerra senza umanità, violenta come sempre, atroce e terrificante.
Dalla seconda guerra mondiale in poi la “guerra moderna” coinvolge, colpisce e uccide soprattutto i civili. Bombardamenti a tappeto e missili guidati dalla Intelligenza artificiale stanno spostando la guerra dalle trincee alle città densamente popolate. Bambini, donne ed anziani sono bersagli facili da colpire. Le stragi, massacri, stermini e genocidi sono sempre presenti nelle guerre odierne. Per il momento la guerra atomica è ancora un deterrente ma non sarà sempre così.
Le radici del sistema della guerra fondano la loro esistenza sul terreno dell'economia, sulla finanza globale, sulla predazione, sull’appropriazione, sullo sfruttamento, sulla colonizzazione dei più deboli.
Durante i conflitti i poveri sono costretti a fare i soldati per difendere la patria, mentre i ricchi fanno sempre più soldi per sé.
Il complesso militare-industriale spinge per incrementate ancora di più la spesa militare a discapito della spesa sociale. Il riarmo è già una guerra contro i poveri.
La finanza, riarmo, crescita economica sono legate tra loro dalle oligarchie finanziarie. Le forti oscillazioni borsistiche causate dalle vicende delle guerre, oltre che delle tensioni internazionali, sono fonte di ingenti guadagni immediati da parte dei pochi soggetti in grado di determinare (o di conoscere in anticipo) tali vicende.
Le esigenze di rifinanziamento della bolla speculativa su cui si regge il sistema economico internazionale sono tali da richiedere una guerra dietro l'altra, una guerra permanente. Le guerre destabilizzano i paesi più deboli, e falliscono nella risoluzione delle controversie internazionali.
“I vantaggi della guerra, se ce n'è qualcuno, sono solo per i potenti della nazione vincente. Gli svantaggi ricadono sulla povera gente.”
(Bertrand Russel).
Il sistema si alimenta con l'ideologia dell'individualismo dove, per realizzare desideri che non hanno confini, l'individuo viola lo spazio, la dignità, l'identità, il rispetto dell'altro. Quando si perseguono interessi indivisibili, cioè individuali, farsi individuo violenta l'individualità di un'altra persona.
La competizione è il risultato di un individualismo senza freni.
E’ un sistema malato di avidità, ossessionato dalla crescita dei valori economici e che spinge alla competizione globale per l’accaparramento delle risorse e dei mercati.
La competizione, a differenza della cooperazione, quando si mette a rischio spazi, diritti, valori o beni dati per acquisiti e irrinunciabili, spinge al conflitto interpersonale, predisponendo gli individui al conflitto su scala sociale ed internazionale. La separazione psicologica dagli altri facilita la lotta di tutti contro tutti.
A queste motivazioni di tipo utilitaristico o egoistico si affiancano motivazioni di carattere psicologico come l'odio, il disprezzo, la vendetta, la paura che costituiscono da sempre gli elementi che degenerano nel sistema della guerra che è un sistema criminale.
Manca la consapevolezza che la guerra è sempre una sconfitta per molti mentre pochi se ne avvantaggiano.
Restiamo umani.
Giulio Ripa
PACE?
Temo che nessuna analisi sul perché delle guerre possa dirsi completa e, purtroppo, neanche soddisfacente. Manca sempre qualcosa e, almeno a me, non è chiaro se ciò che rimane occulto sia da cercarsi nell’umano, nel trascendente o nell’alieno.
Per la stessa ragione, anche parlare di pace, intesa come situazione dove non c’è alcun motivo per uccidersi a vicenda, diventa complicato. Il problema è che l’agire umano basato sull’omicidio e sul terrore non è mai né giustificato né legittimo a prescindere. Senza bisogno di tanti ragionamenti, “pace” dovrebbe essere istintivamente sinonimo di “normalità”. Eppure siamo sempre in guerra.
Passo la parola a Saul, riportando fedelmente le battute finali del film russo Attraction (2017):
- […]
- Con chi sto parlando?
- Sono Saul, il computer della nave. Sta parlando con me.
- Lei vivrà?
- Non per molto, 70-80 anni terrestri.
- E lui?
- Econ avrebbe dovuto esistere per sempre, ma ha dato la sua vita per lei, e per questo ha rinunciato alla sua immortalità.
- Perché si è sacrificato?
- Dal mio punto di vista, è successo per via di una catena di eventi totalmente casuali. Voi forse lo chiamereste destino.
- Nessun altro è con lui? E’ arrivato da solo?
- Solo lui era sulla navicella. In realtà ci è proibito di visitare il vostro pianeta.
- Per quale motivo?
- Società estremamente aggressiva: nonostante viviate in condizioni climatiche ideali, 4 miliardi di morti violente negli ultimi 5000 anni, nello stesso periodo circa 15000 grandi conflitti militari. All’esaurimento delle risorse e all’estinzione umana rimangono circa 600 anni.
- E mentre ciò accade, voi non pensate di intervenire?
- […]
Nel film, il computer Saul ci considera dei “sottosviluppati” perché non sappiamo vivere in pace.
Purtroppo siamo abituati a pensare allo sviluppo e al sottosviluppo in termini economici o al più tecnologici. Saul, invece, che proviene da una società aliena, ne parla in termini animici. Lui lascia intendere che più una società è sviluppata, più sa vivere in pace. E’ quello che credo anch’io, e questo dovrebbe essere il giusto criterio per valutare sia noi stessi che i fatti del mondo.
Uno dei temi più importanti del film è che l’amore vale più dell’immortalità e della paura di morire (che, specularmente, equivale alla paura di vivere). Io aggiungo che l’amore e l’amicizia sono anche il vero antidoto contro la barbarie e la violenza.
Come possiamo odiare un popolo su criteri culturali, religiosi od etnici, se abbiamo amici che fanno parte di quel popolo? Come possiamo desiderare di provocare sofferenze a certa gente se la persona che più abbiamo amato fa parte di quella gente? Il mondo è pieno di belle persone, ovunque.
Il potere ci vuole tutti separati, perché se invece ci conosciamo e ci amiamo non può più chiederci di ucciderci a vicenda.
Non sto dicendo che uno dovrebbe fare il giro del mondo per conoscere gente ovunque. Basta molto meno, basta rimanere aperti alla vita e alle persone che incontriamo.
(Francesco Galgani)
pubblicato il 22 giugno 2025 senza l'uso di IA